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giovedì 1 marzo 2012

Briciole di SSFO 1.0...

Eraclito, o dell'oscuro!



(immagine tratta da: https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiP5e_uBu48038bI8oWuMJzls7oBwak-ouscA4i2bT0pTluVnQEYfyO2xIg-I-ir-gA2mlNQM7lJTFSSqCa0ffR2V7IEX8JE-BV0Pt4xXtkoe4mMbV-bXobU9YIvaREq1Wit7EeIEv-PQo/s1600/eraclito.png)

Di Eraclito di Efeso, vissuto tra il VI e il V sec. a. C., sappiamo pochissimo (e per nostra fortuna, potrebbe aggiungere qualcuno dalla "doppia testa").
Alla base della sua dottrina, stringendo stringendo, v’è la convinzione di un’opposizione tra la filosofia, che egli identifica con la verità, e la comune mentalità degli uomini, da lui considerata fonte di errore. Eraclito, infatti, pensa che la maggior parte degli uomini vivano alla giornata, incapaci di comprendere il vero significato della realtà, le leggi che la governano. Costoro, volendo attualizzare il suo discorso, sarebbero tutti gli "sfaccendati", chi si perde sulla superficie delle cose e si disinteressa della "profondità". Per dirla con il linguaggio di oggi, sono gli "sfigati"! Pertanto, a costoro, considerati dei “dormienti”, dato che non si accorgono della vera natura delle cose, Eraclito contrappone gli “svegli”, ossia i filosofi (o, almeno questa sarebbe la pia illusione eraclitea...), coloro che, andando oltre le cose illusorie, le apparenze immediate, la mera superficie delle cose sanno coglierne il nocciolo segreto, sanno come giungere alla verità che dimora nel profondo...e sì che sono profondi 'sti filosofi! Alzi la mano chi ci aveva pensato prima! Per quanto lontano, forse, dalla nostra comune mentalità, i primi filosofi hanno scavato in profondità tanto che Severino (uno a caso) ritiene che la filosofia occidentale sia "nata grande" nel senso che ha affrontato da subito, sin dall'inizio, le questioni capitali del pensiero, poi rimaste (chissà perché ...) le stesse nel corso dei secoli, almeno sino ad oggi (chissà domani ....).
Eraclito è però passato alla tradizione come il filosofo del divenire perché concepisce il mondo come un flusso perenne in cui «tutto scorre» (panta réi), analogamente alla corrente di un fiume le cui acque non sono mai le stesse (se scorrono, come possono rimanere le stesse? Se fosse uno stagno, magari...). Pertanto, la forma dell’essere, o realtà, è il divenire, ossia il costante mutamento, movimento, trasformarsi perché ogni cosa è soggetta al tempo e al mutamento. Anche quanto sembra fermo, statico, uguale in realtà è dinamico (pensate un po': voi siete, ma al tempo stesso non siete .... no, non voglio esagerare, ma solo esplicitare, magari estremizzando, questa massima eraclitea: noi siamo, ma cambiamo sempre non rimanendo mai com'eravamo anche solo un attimo prima...al punto che si può, forse, dire che siamo e non siamo...forte, no?).
La parte più originale del pensiero eracliteo è comunque la teoria dell’unità dei contrari. Ma come! Se abbiamo appena finito di dire che tutto è movimento, trasformazione, divenire, forse anche contraddizione! Ora parliamo di unità? Di sintesi? Di concordia (non la nave affondata al Giglio...)? Sì, avete letto bene. Infatti, secondo il filosofo greco l’opposizione dei contrari (esempio: caldo e freddo) è solo illusoria manifestazione provvisoria del mondo diveniente mentre, in verità, la legge segreta del mondo risiede nella stretta connessione dei contrari, nella loro unità poiché gli uni hanno bisogno degli altri (c'è forse freddo senza caldo? O maschio senza femmina? O uno senza molteplice?)... Pertanto, quanto in apparenza può sembrare disordine e irrazionalità, cioè la lotta delle cose tra di loro, manifesta invece, ad uno sguardo più profondo, una sua interiore razionalità. Questa natura profonda è, per Eraclito, il lógos, il principio che può essere inteso allo stesso tempo come (1) razionalità delle cose, celata dietro la contrapposizione dei contrari; (2) comprensione che gli uomini possono averne; e, (3) discorso, la forma linguistica grazie alla quale gli uomini esprimono la comprensione che hanno del principio di tutte le cose.
Magari quest'ultimo discorso sul lógos può risultare un pochino indigesto, ma è anche bene impratichirsi con il lessico filosofico (non s'impara, forse, a scuola - o almeno così si spera! - l'ABC delle cose? Allo stesso modo, bisogna familiarizzare, comprendere ed assimilare, i fondamenti del discorso filosofico, per ardui che i suoi stessi discorsi possono apparire).
E comunque, non risulta, alla fine, facilmente comprensibile la filosofia in questo progetto di briciole sparse di filosofia occidentale? Ah, magari tutti i libri di testo fossero tanto ironici! Ma non si può pretendere troppo dalla vita, mangiamo con voracità quanto passa il convento, briciole comprese!

La prossima volta toccherà a Pitagora essere divorato ... ehm no, intendevo dire che si parlerà di Pitagora, il settario....perché settario? Beh, lo si scoprirà presto!

lunedì 20 febbraio 2012

Briciole di (stralunata) storia della filosofia occidentale..1.0

Quanto segue è lo studio di un lavoro in progress sulla storia della filosofia occidentale ... dalla resa finale dipenderà l'eventuale pubblicazione cartacea. Buona lettura!


Talete


Cos’è la filosofia?

La parola filosofia, derivante dal greco philein, “amare”, e sophia, “sapienza”, si è configurata sin dai suoi inizi come un’indagine critica e razionale intorno agli interrogativi di fondo che l’uomo si pone circa se stesso e la realtà che lo circonda.
Qualcuno diffiderà da questa definizione, altri storceranno, e non poco, il naso, altri ancora vi si riconosceranno, altri concorderanno all’inizio per poi subito allontanarsene, ma intanto è la prospettiva di fondo a partire dalla quale parleremo a puntate (altrimenti che piacere c’è?), in maniera poco seria, a mo’ di ludus, della storia della filosofia occidentale.
Il fine, però, non è il mero sollazzo di chi legge, ma invitare in maniera leggera ad accostarsi, da non esperti, ad un sapere certo complesso ma che, se ben compreso, apre scenari ed orizzonti insperati in precedenza. Il tono scherzoso, dunque, non deve trarre in inganno: non ci facciamo beffe della filosofia né intendiamo ridicolizzarla, ma avvicinarci a lettori che nulla o molto poco sanno in materia e che intendono accostarvisi senza però perdere subito il senno … almeno all’inizio! Poi … beh, poi si vedrà!

Il problema della sostanza primordiale

Il pensiero dei primi filosofi s’incentra soprattutto sul problema della realtà primaria. Di fronte allo spettacolo multiforme e cangiante del mondo, i primi filosofi, gli ionici (i primi filosofi operarono nella colonia greca di Mileto, nella Ionia, una regione dell’attuale Turchia) si convincono che, al di sotto di tutto, esiste una realtà unica ed eterna di cui tutto ciò che esiste è solo una passeggera manifestazione.
Essi denominano tale realtà, considerata sostanza di tutto, arché (= principio) intendendo, con questo concetto sia la materia da cui tutte le cose derivano sia la forza o legge che spiega la loro nascita e morte.
Allora, i primi filosofi che incontriamo lungo la nostra strada, Talete (lo stesso dell’omonimo teorema), Anassimandro ed Anassimene, ci dicono che tutto ha avuto origine da un unico principio (principiava tanti secoli fa …). La grandezza dei precursori milesii (da Mileto, è ovvio), se non altro perché a cominciare da loro si suole parlare di filosofia, è tutta qui nel formulare un discorso, più o meno razionale, in grado di spiegare l’origine di tutte le cose[1]. Tutti i primi tre concordano nell’ipotizzare un unico principio (da qui qualcuno tende a chiamarli monisti, volendo distinguerli da filosofi posteriori i quali, invece, postularono l’esistenza di più principi, e così chiamati, allora, pluralisti).
E sin qui quel che tutti e tre condividono. Da adesso in poi, però, i passi dell’uno divergono da quelli degli altri due. Infatti, abbiamo sì un unico principio, ma non per forza lo stesso. Allora, per Talete tutto ha origine dall’acqua[2] … - sissignori, avete capito bene: dall’acqua! In fondo, avete mai pensato ad un mondo senz’acqua? Certo non dovete pensare all’elemento acqua (quello, per intenderci, con la formuletta chimica H2O), ma ad una (per quanto è cosa ardua) sostanza umida, “ciò da cui tutte le cose derivano e in cui tutte si dissolvono”[3]. Difficile? Bene, perché adesso le cose si fanno subito più difficili, più ardue da comprendere: per Anassimandro tutto ha origine dall’apeiron (ossia, dall’infinito, dal non – determinato, dall’illimitato)[4]. Si badi, il giochetto è facile facile: se le cose che vediamo, e quel che noi stessi siamo, sono determinate, ossia circoscritte, ben delimitabili, possiedono una forma, allora esse sono determinazioni dell’infinito, sue determinazioni concrete; ma, se l’infinito ha natura diversa dalle cose, le quali sono sue determinazioni, allora esso è il non – determinato; anzi, l’indeterminato … 



Anassimandro


Difficile? Neanche per idea a confronto con Anassimene (non ridete, please!). Come mai? Beh, egli sostenne che tutto avesse origine dall’aria[5]…sì, avete capito proprio bene, dall’aria! Che c’è di strano? Sissignore: cosa accadrebbe se non avessimo l’aria? Vivremmo? Credo proprio di no. E voi? Il medesimo ragionamento di Talete è seguito da Anassimene: tutto è retto, ossia pervaso, da una stessa sostanza, l’aria, che fa essere (percepisco lo stridore di denti dei lettori), ossia esistere (nel lessico filosofico: essere può equivalere ad esistere … sul perché di ciò si dirà in seguito, al momento più opportuno), tutte le cose[6] .


Anassimene


Detto così, la filosofia sembra una barzelletta – e vi fu chi si fece beffe dei filosofi, come la giustamente famosa servetta tracia, assurta agli onori della cronaca per aver riso di Talete il quale, malauguratamente cadde dentro un pozzo a causa della sua mania di guardare la volta stellata[7] – ma, credetemi, non lo è, a patto, ovviamente, di ben intenderla.
Così si conclude la prima puntata di questa stralunata storia della filosofia occidentale. A presto con la seconda.


[1] Cfr. R. Laurenti, Introduzione a Talete, Anassimandro, Anassimene, Laterza, Roma – Bari, 20005, p. 30.
[2] Cfr. A. Lami (a cura di), I presocratici. Testimonianze e frammenti da Talete a Empedocle, Bur, Milano, 20087, p. 120.
[3] Cfr. P. Rossi – C. A. Viano (a cura di), Storia della filosofia. 1. L’Antichità, Laterza, Roma – Bari, 1993, p. 7.
[4] Cfr. A. Lami (a cura di), op. cit., p. 130.
[5] Ivi, p. 140.
[6] Cfr. P. Rossi – C. A. Viano, op. cit., p. 20.
[7] Cfr. A. Lami (a cura di), op. cit., p. 122 (9).