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sabato 7 gennaio 2017

Di chi la colpa?

"Le colpe attribuite di solito alla scuola andrebbero dovuto essere, in realtà, equamente ripartite, perché una parte consistente di esse andava caricata sulle famiglie e sugli individui, cioè su responsabilità che riguardavano non a società in astratto, ma le singole persone"

(A. Lepre, Storia della Prima Repubblica. L'Italia dal 1943 al 2003, Il Mulino, Bologna, 2004, p. 316)

Prepariamoci alla ripresa delle attività didattiche e riflettiamo su una prospettiva scarsamente presa in considerazione dai più, volutamente o meno rimossa dall'agone pubblico, in genere irriflessa quando si assumono atteggiamenti di riprovazione o biasimo, sovente di natura marcatamente paternalistica, e, dunque, meramente retorica, nei confronti della scuola in generale, e dei suoi operatori in modo particolare.

Di chi è la colpa se la materia prima, ovvero la qualità degli studenti, è bassa in partenza (ossia, prima ancora che varchino i cancelli scolastici)? 

Di chi è la colpa se gli studenti sono maleducati (chi avrebbe dovuto educarli prima che entrassero nel circuito dell'istruzione)?

Di chi è la colpa se gli studenti non sanno stare al "loro" posto? (vedi sopra)

Di chi è la colpa se gli studenti non attribuiscono alcuna importanza alla scuola in quanto tale? Un bassa considerazione è frutto di un apprendimento familiare e sociale antecedente al loro ingresso a scuola ...

Dire che la colpa è della scuola è come dire che la scuola sbagli prima ancora di prendere in carico i futuri educandi non educati ...

Sarebbe bello, invece, che anche altri attori ed altre agenzie formative si assumessero, e finalmente, le loro colpe e che la smettessero di sparare sempre ed acriticamente sulla scuola.

Il problema, purtroppo, è che la scuola è indifesa da tutti, e, quindi, è più conveniente scaricare i colpi su quest'ultima che fare i conti con sé stessi. Un capro espiatorio che paghi per tutti è più facile, comodo ed utile che ripartire le responsabilità a ciascuno secondo il proprio differente ruolo ...

Ma da questo circolo vizioso perseverando in questo errore non è punto possibile uscire.

venerdì 26 aprile 2013

Tramonto della Prima Repubblica

"La lunga agonia della prima Repubblica ricordava ad alcuni gli avvenimenti che si erano svolti cinquant’anni prima, nel 1943. Ma il sistema politico che stava finendo non era stato un regime, come appariva evidente proprio se lo si paragonava al solo regime che c’è stato in Italia, quello fascista […] La crisi del sistema politico, inoltre, nasceva dal suo interno, per le difficoltà intrinseche di funzionamento dovute al suo invecchiamento […] In nessun modo, in realtà, il tramonto della prima Repubblica poteva essere paragonata al crollo del fascismo"

(A. Lepre, Storia della prima Repubblica. L’Italia dal 1943 al 2003, Il Mulino, Bologna, 2004, p. 347)


Il discorso di Lepre fila liscio, almeno in apparenza.


Solo che, a mio sommesso parere, non trovo altra manifestazione storiograficamente più equivoca della presente, forse molto più della Morte della patria di Della Loggia.


Il problema, si badi, non risiede nell'accostare il biennio 1992 - 1994 al biennio 1943 - 1945, essendo un'ipotesi di ricerca può starci benissimo, ma nell'invertire la normale dinamica storiografica (dal presente verso il passato) e nel considerare, di conseguenza, il '92 uno spatiacque epocale tra un "prima" e un "dopo", tra la cosiddetta Prima e la cosiddetta Seconda Repubblica.


Parlare di tramonto della Prima Repubblica, per suadente e persuasivo che possa essere, non lo nego, è quanto meno fuorviante: quando mai è tramontata qualcosa come la Repubblica Italiana in quegli anni?


Eppure, pensiamo, anche solo per un attimo, alla mole di opinioni e miti simbolici che vi si sono costruiti sopra ...



Ecco, Lepre offre il fianco, a mio sommesso parere, a quella costruzione simbolica che in altri post ho identificato come l'equivoco del '92!


Il volere, a tutti i costi, vedere in tali anni un mutamento che di epocale ebbe ben poco, equivocando tra normali flussi storici congiunturali e svolte definitive.



Una seria riflessione al riguardo, invece, dovrebbe far giustizia di tali deviazioni e di tali processi culturali i quali, mi pare abbastanza chiaro, vennero messi in pratica in cerca di "sponsor" nascenti proprio in quegli anni.


Come a dire che la "domanda" di storia, così come di cultura, non è mai libera, almeno non del tutta.


Questi post, invece, sì.



(immagine tratta da: http://img3.libreriauniversitaria.it/BIT/240/713/9788815097132.jpg)