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lunedì 22 aprile 2013

Cosa v'è da aggiungere?

Rileggiamo quanto i "saggi" ci dicono:

"dalla prospettiva logica vediamo che i valori e le norme etiche sono proposte […] e non proposizioni indicative. L'etica non descrive; essa prescrive. L'etica non spiega; essa valuta. Difatti: non esistono spiegazioni etiche, esistono solo spiegazioni scientifiche. Esistono spiegazioni scientifiche e valutazioni etiche. Né si danno previsioni etiche (o estetiche). L'etica non sa. L'etica non è scienza. L'etica è senza verità. La scienza non produce (non produce logicamente) etica. Dalle proposizioni descrittive non è possibile dedurre asserti prescrittivi. Dall'intera scienza non è possibile spremere un grammo di morale. La “grande divisione” tra fatti e valori – la cosiddetta legge di Hume – ci dice che dall'”è” non deriva il “deve”, dall'”essere” non si deduce il “dover essere” […] La scienza sa; l'etica valuta. L'etica non sa; la scienza non valuta. I fatti non sono valori. Le norme non si riducono a fatti"




(Antiseri D. (2001), La conoscenza filosofica, in Reale G. - Antiseri D., Quale ragione?, Milano, Raffaello Cortina, p. 137)




E siamo ancora qua, alla separazione tra conoscenza ed etica, tra proposizioni indicative e proposizioni normative.







La conoscenza non valuta, l'etica sì.




L'etica non conosce, la teoria sì.




Con le proposizioni teoriche, ossia quelle indicative, si costruiscono ragionamenti e, quindi, anche, inferenze; con le proposizioni pratiche, ossia quelle normative, non si costruiscono ragionamenti, e, quindi, anche, inferenze.




Come detto in un altro momento, la presente è una glossa di un tema molto famoso, e giustamente, la cd. Is - Ought Question. Ma non dice nulla di più o di nuovo, lascia l'argomento immutato nella sua attuale sistemazione.




Io però vorrei spingermi un po' più in là per provare a guardare le cose da un'altra prospettiva, per valutare, ed eventualmente "come", se sia possibile una diversa sistemazione del rapporto tra essere e dover essere, due diverse facce sì, ma dell'unica medaglia, ossia della realtà.



E non mi si venga a dire che quest'ultima non esiste e che è solo un'interpretazione: altrimenti di cosa sarebbe interpretazione se non v'è nulla oltre l'interpretazione?



(immagine tratta da: http://www.filosofico.net/antiseri.jpg)



Alessandro Pizzo

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giovedì 18 aprile 2013

Scarpelli e l'etica senza verità!

"il problema fondamentale della filosofia morale contemporanea è il problema della distinzione e dei rapporti tra le proposizioni descrittive (vertenti su fatti) e le proposizioni direttive (prescriventi comportamenti, assegnanti valori a comportamenti e cose): come si dice nella filosofia di lingua inglese, la is-ought question"

(U. Scarpelli, Introduzione, a: F. E. Oppenheim, Etica e filosofia politica, Bologna, Il Mulino, 1971, p. viii)

Scarpelli riepiloga un must della filosofia analitica in materia morale, mettendo in luce la ben nota distinzione tra le proposizioni apofantiche, per come le chiamerebbe il buon Aristotele, quelle cioé che hanno ad oggetto le cose reali e la cui funzione è per l'appunto quella di descrivere queste ultime, e le proposizioni prescrittive, le quali hanno ad oggetto la prescrizione di ben determinati stati di cose e la cui funzione è per l'appunto dirigere il comportamento umano.


Solo mi chiedo: è ancora vitale tale distinzione? O non è possibile intravedere ulteriori sentieri? Diverse modalità di sistemazione dei rapporti tra le prime e le seconde? E tra la prima e la seconda funzione del linguaggio umano?

Come altre questioni, anche la presente interroga l'oscurità, brancola nel buio, non dell'ignoto, ma del non ancora illuminato.