"Faccio
un sogno. Non un sogno d'infanzia, un sogno di oggi, mentre
scrivo questo libro. Subito dopo il capitolo precedente,
per essere precisi. Sono seduto, in pigiama, sul bordo del letto.
Grossi numeri di plastica, come quelli con cui giocano i bambini
sono sparpagliati sul tappeto, davanti a me. Devo “mettere in
ordine i numeri”. È questa la consegna. L'operazione mi
sembra facile, sono contento. Mi chino e tendo le braccia verso i
numeri. E mi accorgo che le mie mani sono sparite. Non ci sono più
mani in fondo al mio pigiama. Le maniche sono vuote. A gettarmi
nel panico non è la scomparsa delle mani, è il fatto di non potere
raggiungere quei numeri per metterli in ordine. Cosa che sarei stato
in grado di fare"
(D. Pennac, Diario
di scuola, Feltrinelli, Milano,
20085, p. 24)
Ecco, quando si parla di disabilità, forse, bisognerebbe prestare attenzione anche all'altra parte del medesimo sguardo ...
... a cosa significhi vedere il mondo dalla prospettiva del disabile ...
.... per scorgere così la medesima umanità che, altrimenti, diviene solamente una parolina, una garbata quanto asettica formulazione linguistica, un impersonale riferirsi a non meglio precisate entità ...
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