Recensione a Maurizio Ferraris, Manifesto del nuovo realismo
Il presente volume è, forse, la punta più importante di un dibattito che ha recentemente interessato la cultura filosofica italiana dell'ultimo biennio e che, per la prima volta, giunge in questa sede ad una formulazione più «scientifica», alla messa in campo di un intervento teorico tale da configurarsi quale un vero e proprio manifesto, il cui obiettivo è riabilitare la realtà all'interno della considerazione filosofica, superando così il costruzionismo di marca postmoderna e rendendo nuovamente possibile sostenere una posizione «realista» in filosofia.
L'orizzonte culturale al cui interno si colloca la presente proposta di Ferraris è quello del «pensiero debole», nei confronti del quale, però, l'autore presenta delle argomentazioni che gettano nuova luce, una luce certamente diversa, sul movimento che prende le mosse dal progetto oramai ventennale di Rovatti e Vattimo. In modo particolare, Ferraris attualizza nel presente volume il proprio «divorzio» da quella corrente, formulando una propria posizione personale tesa a riabilitare i «fatti», a ripristinare i diritti della realtà, sfociante nel rinnovato riconoscimento del carattere inemendabile del reale stesso rispetto alla nostra conoscenza e rispetto alle nostre presupposizioni. In questo senso solamente è possibile parlare di un «nuovo realismo».
Ovviamente, un tale progetto, siffatta visione, potrebbe da subito generare facili, e di comodo, equivoci, ma Ferraris sgombra subito il campo asserendo come «il richiamo al realismo non ha dunque significato vantare un risibile monopolio filosofico» (p. xi), ma precisare come «la sacrosanta vocazione decostruttiva che sta al cuore di ogni filosofia degna di questo nome deve misurarsi con la realtà, altrimenti è gioco futile» (p. xi), «ogni decostruzione senza ricostruzione è irresponsabilità» (p. xi). Il postmoderno ha, dunque, secondo Ferraris, fatto il suo tempo, ma solo oggi ne assaporiamo i frutti avvelenati che mettono capo, in genere, ad un mancato riconoscimento dell'urgenza materiale di una realtà che non si presta alle nostre costruzioni concettuali e che, per quanto oggetto di conoscenza da parte nostra, mantiene inalterata una sua costitutiva alterità, tanto concettuale quanto ontologica.
(continua a leggere)
(immagine tratta da: http://ecx.images-amazon.com/images/I/51SdvIo-4JL._AA258_PIkin4,BottomRight,-43,22_AA280_SH20_OU29_.jpg)
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