(immagine tratta da: http://cs.ilgiardinodeilibri.it/cop/o/w147/origini-pensiero-greco.jpg)
Questa potrebbe, a ben
vedere, essere un'utile parafrasi del testo di Vernant Le origini
del pensiero greco. In esso,
l'autore delinea le movenze storiche che hanno costituito il contesto
(di riferimento) entro il quale si è sviluppato un caratteristico
modo di pensiero che siamo soliti chiamare “filosofia”.
Il
superamento del modello palaziale, tipico della civiltà minoica, col
il progressivo superamento della dialettica antica di anax
e damos, porta alla
nascita di un modello sociale ristretto rispetto al precedente e con
una maggiore, rispetto a prima, distribuzione del potere. La
decifrazione della lineare B
consente di accedere, sia pure parzialmente, alla civiltà pre –
omerica, cogliendo, in maniera puramente archeologica, tracce di una
società, di una cultura, di un'umanità definitivamente tramontate,
che comunque continuano ad esercitare un tipo d'influenza
difficilmente valutabile in seguito, a ritroso nel tempo. Comunque, è
con la scomparsa del sovrano assoluto anax,
e con il nuovo rilievo riconosciuto di conseguenza ad un suo ex –
sottoposto, il basileus,
che si delineano le coordinate di riferimento del periodo storico che
ha reso possibile la nascita della filosofia.
Questa
progressiva evoluzione, durata chiaramente alcuni secoli, consegna ai
posteri anche la discussione del proprio repertorio mitologico, con
l'elaborazione di una religione certo più prossima ai bisogni
spirituali dell'uomo dei nuovi tempi, ma anche ad una certa
limitazione del “mistero”. In Omero, ad esempio, che esprime già
appieno questa nuova sensibilità, si “tende ad eliminare il
mistero”[1], umanizzando, per certi aspetti, gli dei stessi, così
poco olimpici nel loro interessarsi ai destini umani, quasi
desiderando anche di brigare in questi ultimi [2]. Il superamento,
entro certi limiti, del “mistero” arcaico, apre la strada ai
“Sapienti” i quali sono attori di una comune “sapienza”,
sophia: non lo studio
dell'universo, la physis,
ma “il mondo degli uomini”[3]. É rivolto alla dimora degli
uomini l'interesse di questa sapienza, di quell'orizzonte civico al
cui interno hanno luogo le commedie e le tragedie dell'umano
consesso. Ne emerge, allora, un interesse figlio del suo tempo: non
più orizzonti aperti, ma orizzonti ristretti. La civiltà greca di
questo periodo è quella che produrrà le poleis.
Si costituiscono, pertanto, in progressione, tutta una serie di
istituti atti a regolare le relazioni tra gli abitanti di un medesimo
(ristretto) territorio civico.
Da
un certo punto di vista, questo stesso processo può essere inteso
come una progressiva de – sacralizzazione della vita umana.
Pertanto, il tramonto della civiltà palaziale, porta con sé non
soltanto la nascita di città – stato,
ma anche l'erezione di un nuovo culto, stavolta profano, che pone in
antitesi all'acropoli,
l'agorà. Come
sostiene Vernant “questo quadro urbano definisce infatti uno spazio
mentale” [4].
(immagine tratta da: http://www.archeoguida.it/wp-content/uploads/2011/07/polis1.jpg)
Mentre
l'anax, anche wanax
nella ricostruzione di Cantarella[5], domina con la forza,
nella città si governa con la “parola” [6], con la persuasione
di una discussione, almeno in linea di principio libera. Nelle parole
di Vernant: “Il linguaggio non è più la parola rituale, la
formula giusta, ma il dibattito contraddittorio, la discussione,
l'argomentazione” [7]. Il confronto tra le varie posizioni,
historiae, viene
garantito da un giudica, l'histor. Ecco,
allora, che prende forma il prevalere progressivo di una civiltà che
accorda maggiore importanza alla parola scritta che alla parola
orale: la gestione di una realtà complessa e stratificata, com'è
già la polis del
tempo, richiede una “redazione delle leggi”[8]. Il corpus
dei valori, riconosciti e garantiti dalla legge, esce così
dall'ambito del sacer,
per assumere fattezze convenzionali, umane. Questo rende conto della
doppia natura iniziale della filosofia: (1) procedimento razionale;
e, (2) eredità rituali e misteriche precedenti. Il che fa il paio
con un'altra doppia condizione: (i) pubblicità del dibattito
contraddittorio; e, (ii) lo spirito di segretezza delle sette[9].
Questa dialettica tra “privato” e “pubblico” è anche uno dei
grandi crucci della filosofia ai nostri tempi, l'oscillare
costantemente tra “sapere privato” e “sapere pubblico”.
Tuttavia, una possibilità di conciliazione può essere trovata nella
philia, ossia nello
“spirito di comunità”[10] che caratterizza l'associazione di
così tanti uomini.
(immagine tratta da: http://img.travanto.de/portale/www.sizilien-travel.com/fotos/e565-Selinunte-Trapani.jpeg)
A
questo punto, però, entrano in gioco differenze territoriali
difficilmente riconducibili ad unità. Sparta non è Micene,
esattamente come Atene non è Corinto.
La
mitologia greca annovera l'operato di sette sapienti, evidentemente
rispettive espressione di determinati ambiti rilevanti per l'istituto
della polis. La
devastante crisi dell'XI viene superata anche individuando una serie
di nemici che la coscienza greca aborre se desidera sopravvivere in
futuro. Ecco spiegato il primato accordato, in genere, alla
giustizia, Dike,che
“accorda, armonizza” [11], riconducendo le diversità personali,
di gusti, di sensibilità, di interessi, di opportunità, di forza,
di potere, all'unità, al far parte di un'unica comunità, di una
stessa città. Quest'ideale di concordia di harmonia,
informa di sé il diritto greco[12], gli istituti che declinano in
vario modo l'equilibrio tra poteri,
già chiaramente avvertito dai greci stessi.
La
ricerca di “ordine”, di “misura”, di “proporzione”,
accosta la città, creatura umana, all'universo, entrambi sono retti
da regole, da norme, dalla giustizia, dalla concordia tra le parti.
L'una è la misura umana del secondo, polis
sta in un rapporto di somiglianza con il kosmos.
Giungiamo
così alle soglie del VI secolo, il periodo canonico durante il quale
s'individua la nascita della filosofia. I milesii inaugurano questo
tipo d'indagine: “ricerca sistematica e distinteressata”[13], una
“historia, e di cui
presentano un quadro d'insieme, una theoria”[14].
Stavolta, però, lo sguardo s'innalza al di sopra della città, per
abbracciare l'universo stesso. Dalla cultura
si passa così alla Natura,
alla physis.
La
nascita della polis,
da un lato, e la nascita della filosofia,
dall'altro lato, appaiono ora come l'espressione di due facce della
stessa medaglia: l'evoluzione storica, il che ovviamente significa
anche culturale, di
una stessa civiltà.
(immagine tratta da: http://www.balcanicaucaso.org/var/obc/storage/images/articoli-da-pubblicare/la-grecia-la-filosofia-e-la-democrazia-108314/657086-2-ita-IT/La-Grecia-la-filosofia-e-la-democrazia_large.jpg)
Note
[1]
Cfr. j. p. vernant,
Le origini del pensiero greco,
SE, Milano, 2007, p. 45.
[2]
Cfr. a. artosi,
Breve storia della ragione. Dai presocratici alle
multinazionali, Liguori, Napoli,
2005, p. 5.
[3]
Cfr. j. p. vernant,
op. cit., p. 46.
[4]
Ivi, p. 52.
[5]
Cfr. e. cantarella,
Itaca. Eroi, donne, potere tra vendetta e diritto,
Feltrinelli, Milano, 2011, p. 40.
[6]
Cfr. j. p. vernant,
op. cit., p. 53.
[7]
Ibidem.
[8]
Ivi, p. 55.
[9]
Ivi, p. 61.
[10]
Ivi, p. 64.
[11]
Ivi, p. 74.
[12]
Ivi, p. 84.
[13]
Ivi, p. 97.
[14]
Ibidem.
Alessandro Pizzo
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