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lunedì 17 settembre 2012

Introduzione alla verità ...




(immagine tratta da: http://ecx.images-amazon.com/images/I/312JdlbnQdL._SL500_AA240_.jpg)


Franca D'Agostini si dedica ormai da alcuni anni a ricerche trasversali le quali rompono la distinzione, apparentemente monolitica, ma certamente molto più friabile, tra “analitici” e “continentali”. In modo particolare, l'allieva di Vattimo, si occupa da tempo di “metafisica analitica”, fondendo idealmente le due tradizioni di pensiero, e dando luogo a opere originali, e per metodologia di ricerca e per profondità d'analisi delle questioni e delle fonti interrogate.

A questi crismi non sfugge certo il volume Introduzione alla verità (2011). Si tratta di un testo corposo che non può venir né analizzato (puntualmente) né recensito (adeguatamente) in questa sede. Mi limiterò esclusivamente ad estrapolare un'idea ivi presente che considero teoricamente rilevante.

Nonostante le secolari critiche, e le sempre nuove re-interpretazioni, sembra proprio che non sia dato fare a meno della verità. L'autrice, al riguardo, presenta anche una ricapitolazione della teoria della verità che, secondo lei, si compone di tre distinte, ma non anche irrelate, parti: (i) la nozione di vero; (ii) le regole per l'uso di vero; e, (iii) i criteri che regolano il rapporto (di contrarietà) tra vero e falso.


Alla confluenza di pensiero e realtà, per il tramite del linguaggio, ecco che fa la sua comparsa la nozione di verità: essa consente di distinguere tra correttezza ed errore, indirizzando verso un certo impegno ontologico rispetto alla realtà. Non a caso, infatti, la principale teoria della verità è realistica, nel senso che si richiama l'enunciazione alla responsabilità nei confronti di una realtà che desidera rappresentare.


Lo schema T, che è la principale teoria “robusta” della verità, ed anche quella maggiormente accreditata dal dibattito secolare, funziona secondo due momenti distinti, ma collegati: (a) il rilascio; e, (b) la cattura. Ossia, per dirla con le parole stesse dell'autrice, la “verità cattura ogni mia asserzione, e la verità rilascia, lascia libera, ogni proposizione che abbia in precedenza catturato” (p. 332). In termini simbolici,

T {(pVp)&(Vpp)}

Da un lato, se enunciamo p, allora p è vero, e se p è vero, allora enunciamo p. Questo è il funzionamento di base della teoria T della verità, la quale, però, vista sotto questo aspetto appare quantomeno “strana”.

Detto altrimenti, la teoria della verità, nello schema T, ossia la teoria più solida e più studiata, poggia su tre concetti fondamentali, i quali, però, ne descrivono anche lo sfondo di “stranezza” che da sempre l'accompagna: (1) la dispensabilità (non è necessario farne uso premettendola alle enunciazioni che vengono asserite); (2) l'ubiquità (la verità è sempre presupposta in qualsiasi enunciazione venga fatta); e, (3) la trasversalità (la verità si colloca tra linguaggio e mondo).

A questo punto, dunque, l'autrice mostra la sua interpretazione innovativa della verità, discutendo le possibili obiezioni alla teoria T, salvo, però, dover concedere che della verità non può farsi a meno, per dispensabile, o triviale, che sia.

Sicuramente, il presente è un volume che, pur nella sua estensione, presenta una densità concettuale che, almeno una volta nella propria vita, andrebbe sperimentata.


(immagine tratta da: http://t2.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcS6wBzY6c4UwsMRx0hPnuMbT-YbtX8Ei7kiAl3BJcLG4H8d-xkQaIXSTEJbjw)

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