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lunedì 16 marzo 2015

Chi certifica le valutazioni degli alunni?



Domanda; chi certifica le valutazioni degli alunni?

I docenti, penserete voi, ma siete in torto!

La valutazione compiuta dal docente è, letteralmente, carta straccia, non significa nulla e, in quanto tale, non viene nemmeno presa in considerazione.

La "vera" valutazione è quella compiuta da organismi esterni chiamati a certificare, sulla base di indicatori e di strumenti "oggettivi", le reali competenze conseguite da classi di alunni distinti per età.

In altri termini, la società non crede affatto nella capacità professionale dei docenti nel valutare i suoi studenti e si affida ad enti esterni che possano certificare le reali conoscenze, competenze ed abilità degli studenti. Sono queste certificazioni le vere valutazioni degli alunni.


Ne consegue, ovviamente, che la reale funzione della scuola allora non è affatto educare, istruire e formare soggetti in evoluzione, ma solamente intrattenere questi ultimi in una realtà relativamente protetta, sempre che un solaio non ti caschi in testa, per le ore durante le quali i genitori sono al lavoro ... quando ne prenderemo coscienza, eviteremo tantissimi sensi di colpa e sensazioni di inadeguatezza professionale.

A chi si scaglia contro prove OSCE - PISA o contro quelle INVALSI, le prime certificazioni internazionali, le seconde certificazioni nazionali, dovrebbe andarsi a rileggere tutto il percorso di politica scolastica degli ultimi dieci anni, oltre che il diritto comunitario degli ultimi trent'anni!

Il docente contava poco prima, non conta praticamente più nulla adesso.

Per chi ha le idee poco chiare, segue il passo tratto da: D. Previtali, Il bilancio sociale nella scuola. La risposta a sette domande chiave, Edizioni Lavoro, Roma, 2010, pp. 22 - 23:

"Obiettivo principale della scuola è realizzare interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della personal, finalizzati al successo formativo, coerenti con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione. L'acquisizione delle conoscenze e la costruzione di competenze devono trovare corrispondenza nella verifica continua dei livelli di apprendimento, condotta con le indagini a livello nazionale e le ricerche sviluppate in ambito locale, con riscontri oggettivi, con lo studio approfondito dei dati e l'analisi delle determinanti, al fine di accrescere l'efficacia dell'azione di insegnamento/apprendimento. La scuola ha bisogno di guidare l'insegnamento in termini di successo e innalzamento degli standard di apprendimento. Una scuola di qualità per tutti significa, prima di tutto, alti tassi di successo e livelli elevati di conoscenze e competenze per ogni studente in relazione alle proprie potenzialità".

Detto in estrema sintesi, non conta che voto dà alle prestazioni dei suoi studenti il docente se non si evince il "valore aggiunto" dello stesso durante un periodo di tempo ben preciso e durante il quale si è esplicato il processo di insegnamento/apprendimento. 

Ovviamente, ricavare tale valore, cosa di per sé altamente problematica, significa porre in correlazione tale prestazione con il bacino territoriale, socio - economico - culturale -  sociale, dell'utenza. Ragion per cui, porre in classifiche nazionali tali risultati è, a dir poco, erroneo dal momento che i dati vanno interpretati, ossia vanno posti in  comparazione con indicatori territoriali. Per intenderci, non ha alcun senso stilare una mera classifica sulla base di dati presi in valore assoluto, questi ultimi, al contrario, vanno contestualizzati e comparati a indicatori che raggruppino elementi di riferimento territoriale. V'immaginate un confronto in termini di valori assoluti tra il Liceo "P. Ruggeri" di Marsala e il Liceo "T. Tasso" di Roma? Non ha alcun senso pedagogico, dal momento che astrae dalla composizione socio - culturale di riferimento nei due distinti casi. Oppure una classifica tra il Liceo "L. da Vinci" di Alba e il Liceo "Pascasino" di Marsala? Non serve a nulla, solo a confondere gli sciocchi oppure a giustificare dubbie politiche di dimensionamento delle rete scolastica oppure per legittimare trattamenti punitivi nei confronti dei docenti. Ma, e concludo, se questi ultimi non valutano gli alunni, perché mai dovremmo valutarli per il tramite dei risultati certificati degli alunni? Visto e considerato, soprattutto, che si tratta di utenze troppo diverse e che i risultati di un'eventuale classifica serve solo per fare demagogia oppure per demonizzare all'occorrenza regioni professionali?

Le classifiche lasciamole fare al Sole 24 ore, o affini, noi teniamo per buono che una classifica in valori assoluti serve meno di zero e che, al contrario, queste ultime andrebbero fatte solo dopo accurata e ponderata comparazione tra i dati e i contesti di origine. Altrimenti, tutto diventa solamente la scoperta dell'acqua calda: vale a dire che studenti più motivati, più seguiti e con maggiori possibilità di formazione/aggiornamento/istruzione conseguiranno risultati migliori (in valore assoluto)! Ma non ci servono costose e dispendiose indagini nazionali ed internazionali per scoprirlo ...


(url immagine: http://images.slideplayer.it/3/976137/slides/slide_2.jpg)

sabato 30 agosto 2014

Amare riflessioni di inizio anno scolastico ...



Amene riflessioni di un dequalificato professionale ...




... Giù a morire in qualche assurda classe prima di qualche istituto professionale o tecnico della bassa e depressa periferia di qualche paesotto con il 100% di criminalità comune e giovanile, a dissipare le residue energie e il restante ottimismo professionale di un ex giovane docente ... questo fanno da queste parti, mio caro ed anonimo lettore, e il cursus honoris della dequalificazione professionale lo sto vivendo tutto per intero ... cosa mi capiterà quest'anno dopo l'infortunio sul lavoro occorsomi l'anno passato? Tra parentesi, infortunio violento ad opera di alunni e che è stato bellamente oltre che brillantemente insabbiato ... o, forse, per meglio dire, ignorato ... non si tratta di apocalisse, è ragion veduta, è vita vissuta, è mancanza di radicamento nella stesse sede, è annuale nomadismo di scuola in scuola, di prassi in prassi, è svuotamento della propria funzione, passaggio costante e ripetuto da docente di sostegno a tappabuchi, da contitolare a passacarte, da docente ad usciere, da apriporte a buttafuori, da laureato, e dottorato, a secondino, senza manganello però ...

... L'anno scorso una collega mi fa "e l'anno prossimo? Sarai qui?". Ed io"magari, nonostante tutto, in realtà chi lo sa? Sono ramingo, di postaccio in postaccio". Per avere voglia di fare e di entrare in classe, bisogna prima essere messi nelle condizioni di poter fare. Se, invece, ti costringono a fare altro, che voglia posso avere? Che motivazioni posso trovare? Se sai che, a queste condizioni, i risultati formativi degli alunni sono indipendenti dalla tua presenza o meno, anzi dalla tua esistenza o meno, a che servi tu? Mi sento un terrestre su Marte ... ovvero un marziano sulla terra ... 

... Poi finisci in classi prime suddette, ove gli alunni fanno quel che pare loro e come meglio pensano e il tuo intervento non serve a nulla, e devi dire grazie che non ti accoppano, e se reclami, i vertici scolastici ti lasciano solo, la voglia dove la cerchi? Dove la trovi? Forse, certe situazioni, certi contesti, certe sedi, bisognerebbe provarle per capire il mio scoramento, la mia voglia di mollare tutto, il mio desiderio di evasione professionale ...

Postilla conclusiva non esaustiva

... C'è del vero in quel che dico e del gonfiato ... provate ad indovinare qual è il primo e quale, invece, il secondo ...


(url immagine: http://static.supermoney.eu/media/photogallery/2014/7/8/main/burnout-degli-insegnanti_59224.jpg)

giovedì 27 febbraio 2014

Caro Matteo, ti scrivo ...

(su invito dell'attuale Presidente del Consiglio dei Ministri - non Premier, come erroneamente si dice da più parti, mi sono permesso di inviare stamane la seguente mail, che pubblico in questa sede per conformità ...)



Caro Matteo,

come avevi invitato a fare, ti scrivo per esporti quelle che, a mio modesto avviso, in qualità di lavoratore nel mondo della scuola, sono le “vere” emergenze da affrontare. Siccome, però, sono scettico rispetto alle tue reali intenzioni o alle tue effettive possibilità di incidere sulla materia, la presente non sarà una mera esposizione di “lamentele” o doglianze di categoria, una tra le altre cose meno ascoltata o presa sul serio in questo nostro disgraziato Paese, ma anche una serie di misure che, per quanto finanziarmente gravose – ma non sta mica a me pensare anche a dove trovare il denaro -, possono contribuire a ben indirizzare verso felice soluzione la situazione attuale, a patto però che si desideri davvero affrontare le emergenze del sistema d'istruzione.


Veniamo alle emergenze:

1) edilizia scolastica (inutile nascondercelo: le scuole pubbliche italiane sono trappole mortali sia per gli utenti che per gli operatori);
2) dequalificazione professionale (inutile tacerlo: attualmente gli operatori sono vessati da una deriva verticistica dell'organizzazione del servizio scolastico ed esposti ad una costante proletarizzazione del proprio ruolo sociale);
3) la sostanziale anomia morale degli utenti (inutile fa finta di nulla: scomparse le famiglie, i nostri alunni sono “animali” cresciuti da soli, rispetto ai quali nessuna norma di buon senso o di costumanza appare credibile).

Non vi sono altre criticità, a mio modo di vedere.
Veniamo ora alle proposte:

a) messa in sicurezza dell'intera rete scolastica (inconcepibile, ad esempio, che i comuni non bonifichino edifici costruiti in amianto …);
b) gli operatori della scuola hanno un contratto nazionale scaduto nel 2009. Siccome non è ragionevole pensare che nel frattempo l'inflazione sia rimasta ferma, che aspettiamo a recuperare il potere d'acquisto delle retribuzioni? Per inciso: devono essere ancora, come sempre, i lavoratori dipendenti della scuola a pagare manovre economiche e revisioni di spesa? Oppure, vi sono altri settori sui quali poter intervenire? Detto in breve: la nostra parte l'abbiamo fatta, ora tocca ad altri;
c) come ulteriore specificazione del punto (b): non ha senso prefigurare un'abolizione dell'attuale sistema, benché “ibernato”, di progressioni automatiche delle retribuzioni in base all'anzianità di servizio. Se si vuole premiare davvero i docenti, a detta della “gente”, meritevole, si deve pensare ad un sistema parallelo ed integrativo a quello per anzianità e che prenda in considerazione non le performances – che brutta parola! - degli alunni, peraltro v'è utenza e utenza – basta che tocchi in (mala)sorte un istituto professionale di periferia del profondo sud e addio aumenti salariali! -, ma l'effettivo numero di ore di lavoro del diretto interessato. Peraltro, noi docenti siamo i soli, credo, che terminato l'orario scolastico, continuano a lavorare a casa, a gratis s'intende, come peraltro ben saprai, caro Matteo, attraverso tua moglie, con produzione di prove, preparazione di lezioni, correzione di compiti, auto-aggiornamento, anch'esso a gratis s'intende, etc. Dateci allora un luogo idoneo, un cartellino e una tabella di emolumenti su base oraria, e possiamo farti vedere che aumento di produttività! Certo se, al contrario, tale aumento di produzione la si desidera senza ulteriori oneri per lo Stato, allora che parliamo a fare?
d) ancora due modeste proposte, come completamento dei punti (b) e (c): x) bisogna integrare gli attuali emolumenti con una indennità da rischio per tutti gli operatori che lavorino in istituti professionali e/o tecnici, esposti come sono, anche rispetto alla propria incolumità fisica, con l'utenza di più bassa qualità in assoluto!; xx) introdurre il riconoscimento di “professione usurante” per tutto il personale, penso in primo luogo ai docenti di sostegno, che lavora a diretto contatto con gli alunni disabili. In breve, prevedere una corrispondenza tra annualità lavorativa e raddoppio figurativo dell'anzianità contributiva. Per cui, ad esempio, se un docente di sostegno lavora in maniera continuativa per dieci anni sul sostegno, potrà vantare un'anzianità contributiva pari a venti anni. Insomma, se ci si usura, perché non “premiare” con un anticipo sull'età utile per il pensionamento (senza però penalizzazioni sull'assegno pensionistico)? In un Paese civile, si dovrebbe fare …
e) la scuola, e penso alle realtà più disagiate e con la peggior utenza possibile, contesti che rasentano il riformatorio o la comunità, dovrebbe ristabilire la propria funzione educativa di luogo civile. Non si può tollerare tutto, non si possono accogliere tutti … Intendo dire che un sistema sanzionatorio che unisca efficacia a tempestività, con regole certe sull'intero territorio nazionale, sarebbe utile sia a tutelare chi lavora in simili situazioni sia ad assicurare un più efficace investimento sulle risorse umane (del futuro). No? La scuola dell'accoglienza serve solo come attività meschina e pietosa di baby – sitteraggio, di surroga, peraltro inadeguata, delle mancanze familiari …. cambiamo, invece, il messaggio: non puoi fare quel che vuoi, perché ti espelliamo seduta stante dal sistema, ma se t'impegni, ti sorreggiamo per davvero lungo l'intero percorso!
f) caro Matteo, non voglio tediarti ancora, ma c'è un'ultima emergenza da affrontare: gli attuali stipendi, soprattutto di personale ATA, del personale precario e dei primi due ordini di scuola, oltre al livello iniziale di quello docente, sono troppo bassi. Una società dell'informazione dovrebbe premiare i lavoratori della conoscenza, non umiliarli in questo modo. Allora, ti suggerisco la seguente idea: raddoppiamo da subito il livello stipendiale più basso (certo non diminuendolo agli altri, s'intende! E come una bieca idea politica attuale vorrebbe invece suggerire ….). 


In conclusione, ti chiedo: vuoi davvero ascoltare chi, come me, lavora a scuola e sa di cosa parla? Oppure, vuoi solo farti bello? Le emergenze ci sono, latitano le risposte della politica …

Alessandro Pizzo
Docente


(immagine tratta da: http://notizie.tiscali.it/media_agencies/14/01/14/ba406ea9ef35747d70b5cf3a30a8663a.jpg_415368877.jpg)