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domenica 23 ottobre 2016

Famiglia

Cosa significa famiglia? Beh, un video è molto più efficace di mille parole!

In tutto questo tempo i genitori hanno atteso e costruito strade che conducessero a casa, e la smemorata Dory alla fine ha ritrovato la strada di casa, si è ricordata ...


domenica 8 febbraio 2015

Famiglia disabilitata



(url immagine: http://image.anobii.com/anobi/image_book.php?item_id=01abddb868a7d8b1ee&time=&type=4)

Si fa presto a dire handicap ...

Ed ancor prima a certificare la disabilità delle persone ...

Meno prima si fa ad immaginare le ripercussioni familiari della nascita di una persona disabile. A questa, diciamo, "pecca" fa fronte il recente volume di Chiara Milizia dal titolo Mamma disabilitata. Storia vera di una giovane coppia alla nascita di un figlio autistico.

L'autrice tratteggia in chiave romanzata la personale, e familiare, esperienza di dolore, rabbia, depressione, tristezza, impotenza, rifiuto seguita alla nascita del figlio Cesare. In modo particolare, è apprezzabile la descrizione delle pericolose oscillazioni del rapporto di coppia dall'avvertimento dei primi segnali di "disturbo" sino alla diagnosi ufficiale.

Cosa succede in famiglia quando nasce un componente disabile? La famiglia, con il suo complesso di relazioni personali, non è un monolite immobile, ma un luogo di transito dinamico di rapporti personali. In genere, però, l'equilibrio si spezza, e per sempre, trascinando in una situazione di crisi, di conflittualità, di improvvisi sali-e-scendi, di repentini giri della morte, i suoi attori, i correlativi rapporti interpersonali.

La prima, naturale, reazione è quella del rifiuto, della negazione ostinata del problema in quanto tale. Scrive l'autrice "Handicap, disabilità, parole che le facevano paura, ora erano entrate a pieno titolo nella sua vita. Era la madre di un handicappato, addio feste, viaggi, carriera favolosa". E la perdita della serenità familiare ha ripercussioni anche sulla vita professionale. Come conciliare le ansie personali, anche il senso di colpa che accompagna la quotidianità con un figlio disabile, con l'impegno richiesto dal lavoro? Semplicemente, non si può. E difatti l'autrice subisce destituzioni e trasferimenti d'ufficio nel lavoro. 

Ma sono soprattutto le difficoltà familiari a farla da padrone. Il marito Stefano, il padre di Cesare, medico a sua volta, fatica ancora più della moglie ad accettare il destino esistenziale del figlio, a rassegnarsi alla condizione di "specialità" del figlio, e non solamente per limiti culturali della sua famiglia di origine. L'unica spia di malessere è la fuga: egli fa di tutto per non stare in casa, per non avere a che fare con un figlio così sui generis, per non fare i conti con la "vergogna" in casa sua della disabilità

Tuttavia, è la madre che si fa carico in prima persona delle difficoltà, del riconoscimento sociale della malattia, e che registra le incomprensioni, i rimproveri degli altri, l'ostilità del prossimo, di quanti hanno paura della diversità, dell'ignoranza degli altri ...

Durante un colloquio psicologico, la madre registra le parole del medico: "La disabilità certe volte è più negli occhi di chi la guarda [...] Troverà sempre qualche idiota pronto a sparare a zero".

Ed è così. La disabilità sfida le nostre convinzioni, le nostre radicate credenze, ma, e soprattutto, mette in discussione le nostre apparenti certezze. Questo processo di erosione e di sconquassamento dei pre-esistenti equilibri viene vissuto in prima persona da tutti gli attori della famiglia di riferimento. Se il marito scompare letteralmente dalla scena, salvo presentare sintomi di ansia psicologica, la madre stessa non è da meno. In un primo momento scarica sul marito, e sulla sua famiglia di origine, la causa di tutto, la presenza di qualche tara genetica, di qualche variabilità familiare. Quando, però, diventa evidente che le cose non sono così semplici, e che non v'è alcun colpevole da additare, e sul quale scaricare il proprio risentimento, anche lei cerca di evadere, di fuggire, di sottrarsi all'impegno, alle fatiche, alle frustrazioni che un figlio così impone e comporta, sovente suo malgrado.

Comincia così un tira-e-molla con possibili flirt, con altri uomini, metafore del desiderio inconscio di cambiare vita, di rifarsi l'esistenza, di trovare nuove gratificazioni rispetto ad una routine oramai insoddisfacente. Il problema, però, è che lei stessa non se ne rende conto, vivendo come scissa tra la fedeltà al quadro familiare, punto di riferimento imprescindibile per Cesare, e il bisogno personale di una vita diversa, più felice, più ricca di soddisfazioni.

Tuttavia, decide di chiedere aiuto e viene indirizzata da un consulente familiare al quale espone le sue difficoltà, i suoi timori, le sue ansie, i suoi problemi. E la diagnosi è chiara: "Quando in famiglia c'è un figlio disabile gli equilibri saltano, è difficile che una coppia resista a tutte le tensioni a cui è sottoposta [...] Lei ora vede in quest'uomo nuovo un diversivo e in questo modo non sta facendo altro che spostare il proprio baricentro, ma la sua vita non è con lui, è a casa sua".

Una volta che la realtà le viene sbattuta in faccia, Chiara comprende la radice dei suoi problemi e decide, pur con sofferenza, di affrontarli di petto.

Le viene ancora detto "I figli ci sono dati in prestito, assorbono l'atmosfera di casa, ma maturano per conto loro [...] Suo figlio ha dei limiti, impari a conviverci, a non scambiarli per mancanze sue: dipendono dal so disturbo e non è fuggendo che si sentirà meglio".

Ed è così. Un equilibrio che cambia, l'inizio della crisi, in attesa di un nuovo punto mediano di oscillazione, non è la fine di tutto. Ma un nuovo inizio, anche se più difficile di prima. 

Anche Stefano comincia a prendere coscienza della nuova situazione e, messe da parte le sue resistenze personali, decide di impegnarsi davvero nella nuova dimensione.

A conclusione del volume, l'autrice scrive: "ora si sentiva bene, forse per la prima volta nella sua volta. Aveva affrontato e vinto una battaglia durissima. Certo la guerra non sarebbe mai finita, ma ora sapeva di non essere sola. Aveva superato tutti i suoi limiti, le sue paure e i vincoli che da una vita l'avevano condizionata, ora non era più una mamma disabilitata, era la mamma di Simona e Cesare, e di nuovo la moglie di Stefano".

Una lettura educativa per tutti. Soprattutto per quanti non esperiscono in prima persona la disabilità, propria o di prossimi.

venerdì 21 novembre 2014

Quale l'interesse di un bimbo di una coppia di genitori dello stesso sesso?

Mio figlio mi dà da pensare ...

Su annotazione della madre, scopro che ovunque vada si porta con sé tre dinosauri, papà tirannosauro, mamma tirannosauro e piccolo tirannosauro ....



Tra i tanti a sua disposizione, preferisce sempre i tre che prefigurano una famiglia al completo: mamma; papà e figlio! Tutti gli altri, infatti, non costituiscono una famiglia completa. L'identificazione della sua condizione filiale è scopertamente presente nel modello di oggettualizzazione ...


Bene, una normale proiezione oggettuale di una condizione esistenziale ben precisa, si direbbe.

Ma nei nostri tempi così incerti, confusi e ipocriti, si sostiene sempre più che non ci sarebbe nulla di male, anzi in molti casi sarebbe addirittura auspicabile, che coppie dello stesso sesso possano adottare dei figli. Allora, immagino la situazione possibile e mi chiedo: "quale proiezione oggettuale compirebbe un figlio di una coppia di genitori dello stesso sesso?". Due dinosauri mamma? Due dinosauri papà?

Poco male, risponderebbero i paladini delle pari opportunità, basta adattare opportunatamente i modellini e il problema è risolto. Ma questo è solo make up familiare nel senso che, ipocritamente, risolviamo il problema adattando la sua rappresentazione ...

Detto altrimenti, dotare il piccolo dinosauro di cui sopra di due genitori dello stesso sesso, risolve il problema dell'identificazione? E, conseguentemente, della costruzione della propria identità personale? Purtroppo non credo ...

Credo, piuttosto, che l'adattamento vada visto "alla rovescia". Infatti, non è la raffigurazione oggettuale che viene adattata alla (nuova) realtà genitoriale, ma è lo stesso modello familiare che si desidera adattare (verso nuove ed inedite configurazioni)! In altri termini, dotare il piccolo dinosauro di due genitori dello stesso sesso significa equiparare il modello familiare eterosessuale a nuove ed inedite configurazioni, con la, neanche tanto segreta, speranza che ciò basti a risolvere i tanti problemi che, invece, rimangono insoluti sullo sfondo.

Già, quali problemi? In breve:

1) una coppia eterosessuale genera, una coppia omosessuale non genera;
2) la prole di una coppia eterosessuale è generata, la prole di una coppia omosessuale è adottata;
3) la prole di una coppia eterosessuale è voluto in sé, la prole di una coppia omosessuale è voluto come mezzo di affermazione (sociale) di una parificazione;
4) una coppia eterosessuale ricerca l'interesse della propria prole, una coppia omosessuale non ricerca l'interesse della propria (?) prole.

Quindi, riassumendo, quel che preme alle coppie omosessuali non è tanto la procreazione in sé quanto piuttosto la procreazione quale strumento per l'affermazione narcisistica di una propria uguaglianza, in quanto "coppia", con l'analoga coppia eterosessuale. Ma, stanti i problemi taciuti (1) - (4), tale equiparazione è solamente una forzatura ideologica, poco naturale, e che suona uno scherzo, come offrire a mio figlio la raffigurazione di una famiglia omosessuale di dinosauri: due genitori dello stesso sesso e un figlio capitato là in mezzo non si sa bene come! 


Peraltro, il perseguire a tutti i costi un mezzo per superare il limite biologico alla procreazione configura una concreta ipotesi di privazione deliberata alla possibilità di conoscere la propria origine biologica come asse portante della propria identità personale. Tornando a mio figlio. Guardando i dinosauri, collega il piccolo di tirannosauro alla mamma dinosauro ("era dentro la pancia di ..."), inserendolo all'interno di una rete di relazioni parentali (la mamma - il papà - il piccolo - la "pancia" - l'uovo). Dunque, qual è l'interesse di un bimbo di una coppia di genitori dello stesso sesso? Soddisfare l'ego dei propri genitori oppure costruire un proprio "io"? E può costruirlo se, come nel caso presente, è sottratto alla base dalla conoscenza della propria origine biologica? Su quale asse portante potrebbe, di conseguenza, costruirlo?


mercoledì 13 febbraio 2013

Umanità ...


"Caro Mathieu,
Caro Thomas,

Quando eravate piccoli, qualche volta a Natale ho avuto la tentazione di regalarvi un libro, un TinTin per esempio. Dopo, avremmo potuto parlarne insieme. Conosco bene TinTin, ho letto tutti gli episodi diverse volte. Alla fine, però,m non l'ho mai fatto, non era il caso, voi non sapevate leggere. Né avreste mai imparato. Fino alla fine, i vostri regali di Natale saranno costruzioni e macchinine … Adesso che Mathieu è andato a cercare la sua palla in un posto in cui non potremo aiutarlo a riprenderla, adesso che Thomas è ancora su questa Terra ma con la testa sempre più tra le nuvole, ho deciso di regalarvi comunque un libro. Il libro che ho scritto per voi. Perché non veniate dimenticati, perché siate qualcosa di più di una foto su un certificato d'invalidità. Per dirvi cose che non ho mai detto. Rimorsi, forse. Non sono stato un buon padre. Spesso non riuscivo a sopportarvi, non era facile amarvi. Con voi ci voleva la pazienza di un santo, e io non sono un santo. Per dirvi che mi dispiace che non abbiamo potuto essere felici insieme, e forse, anche, per chiedervi scusa di non avervi fatto come si deve. Non abbiamo avuto troppo fortuna, voi e io. Dal cielo ci è piovuta la proverbiale tegola in testa. Ma ora la smetto di lamentarmi. Quando si parla di bambini handiccapati, si assume sempre un'aria di circostanza, come quando si parla di una catastrofe. Per una volta, vorrei provare a parlare di voi con il sorriso sulle labbra. Mi avete fatto ridere, e non sempre involontariamente. Grazie a voi, ho avuto dei vantaggi che i genitori dei bambini normali non hanno, nessun ansia per i vostri studi né per il vostro futuro professionale. Non ci siamo arrovellati per decidere tra liceo classico e liceo scientifico. Né ci siamo dovuti preoccupare di quello che aveste fatto da grandi, è stato chiaro quasi subito: niente. E soprattutto, per molti anni, ho beneficiato del bollo di circolazione gratuito. Grazie a voi, mi sono potuto permettere splendide macchine americane"

(J. L. Fournier, Dove andiamo, papà? Vivere, piangere, ridere con due figli diversi dagli altri, Rizzoli, Milano, 2009, pp. 7 – 8)




Qui c'è tutto. Dire altro sarebbe superfluo.




(immagine tratta da: http://rizzoli.rcslibri.corriere.it/shared_libri/cover/medium/1703042_0.jpg)