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sabato 25 luglio 2015

La Buona Scuola ... pillola 1

La legge n. 107/2015, “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”, altrimenti detta nel dibattito pubblico legge “La Buona Scuola”, consta di un solo articolo di ben 212 commi.  Misteri della normografia italiana, verrebbe da dire!


È, a tutti gli effetti, una legge delega (nel numero di 9 in totale) al Governo per intervenire a modificare le discipline collegate e direttamente interessate dalla presente legge al fine di coordinarle con l’attuale progetto di riforma del sistema. 


L’art. 1, comma 1, indica le finalità da conseguire che vengono declinate, alquanto sommariamente a dire il vero, nei successivi commi, e che autorizzano il Governo ad intervenire successivamente al fine di armonizzare le discipline vigenti con il nuovo assetto. 

Prendiamo in considerazione, al momento, il solo primo comma. Si compone di due parti, distinte ma collegate: una prima elenca le finalità che il servizio pubblico di istruzione deve conseguire; e, una seconda parte collega queste ultime al desiderio di dare «piena  attuazione all'autonomia delle istituzioni scolastiche di  cui  all'articolo  21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive  modificazioni,  anche in relazione alla dotazione finanziaria». A ben guardare, allora, tutto il comma 1 si compone di 134 parole delle quali 104 per esplicitare le finalità cui dare corso e 30 per coordinare queste stesse alla completa attuazione della cosiddetta “autonomia delle istituzioni scolastiche”, introdotta nel nostro ordinamento interno dall’art. 21 della L. n. 59 del 1997. Detto altrimenti, su ben 1019 caratteri, 794 servono ad introdurre 11 nuove finalità nel sistema di istruzione mentre 225 servono a collegare queste ultime ad un obiettivo “di sistema”, vale a dire attuare, per loro tramite, l’autonomia delle istituzioni scolastiche.

Le finalità sono le seguenti:

 1)  «affermare il ruolo  centrale  della  scuola  nella  società della conoscenza»;

2)  «innalzare i livelli di istruzione» delle studentesse e degli studenti, «rispettandone i tempi e gli stili di apprendimento»;

3)  innalzare i livelli di «competenze delle studentesse e degli studenti», «rispettandone i tempi e gli stili di apprendimento»;

4)   «contrastare le diseguaglianze socio-culturali»;

5)   contrastare le diseguaglianze «territoriali»;

6)   prevenire e recuperare l’abbandono scolastico;

7)   prevenire e recuperare la dispersione scolastica;

8)  «realizzare  una scuola aperta»;

9)  «garantire  il  diritto  allo studio»;

10)    garantire «le pari opportunità di successo formativo» dei cittadini;

     11) garantire le pari opportunità «di istruzione permanente» dei cittadini.

Nuove finalità per la scuola del domani? Non direi proprio.

Fondamentali? Manco a sognarlo! 

Ma d'altra parte, sono il frutto di una precisa scelta politica da parte del decisore politico. Gli operatori scolastici con difficoltà le considererebbero strategiche per il servizio pubblico di istruzione, non è dello stesso parere il legislatore!

Ma ci torneremo sopra in seguito.


(url immagine: http://www.giuliocavalli.net/wp-content/uploads/2015/05/scuola-riforma-renzi-meritocrazia.jpg)

giovedì 28 agosto 2014

Aporie del pensiero morale

"Se un legislatore proibisce qualcosa o lo rende obbligatorio, dovrà fare i conti con la possibilità che la norma non sia sempre osservata. Ma si può dire che egli normalmente voglia o desideri che ciò che egli ha ordinato deve senza eccezione essere. Egli vuole che le norme siano soddisfatte. Se, per una ragione o per l’altra, fosse impossibile che gli stati obbligatori sussistessero sempre (nella storia della norma), potremmo dire che il suo desiderio (volontà) non è razionale dal momento che non può essere adempiuto. L’irrazionalità sarebbe particolarmente manifesta, se uno stato obbligatorio non potesse mai sussistere e di conseguenza uno stato proibito dovesse sempre sussistere. Questo sarebbe il caso, per esempio, se il legislatore avesse ordinato una contraddizione: che sia p&~p. Se un legislatore avesse reso obbligatori due stati mutuamente contraddittori, allora uno dei due obblighi può essere soddisfatto, ma soltanto a spese dell’altro che necessariamente resterà non soddisfatto. Se uno dei due stati sussiste alcune volte e l’altro stato altre volte, né l’uno né l’altro obbligo viene soddisfatto. Dal momento che è impossibile che entrambi siano soddisfatti, sicuramente è stato irrazionale, insensato, da parte del legislatore emanare entrambe le norme"


(G. H. von Wright, Norme, verità e logica, “Informatica e diritto”, 3, 1983, p. 16)

Cosa è obbligatorio?

E che relazione ha con quanto è invece proibito?

Quando il pensiero morale è razionale?

Sino a che punto è valido nell'ipotesi che la sua sorgente, ovvero il legislatore, sia difettosa, vale a dire del tutto pazzo o burlone?

Questioni non del tutto soddisfatte del pensiero pratico, molte le proposte, davvero poche le soluzioni effettivamente praticabili.


(url immagine: https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjki2KHT8-bvSJS3dmYE5_vJkciVMlIZth23zeyde6hNE-xZ_2wyrr0JqxghPiI9eOPIfP0hntyAdajUNx7BT3wfZdFC3Y1_MYvyZoMZyN87sEmgWWSPZGxKLdGIGup9dQeyxmCEzI3WOM/s400/wright.jpg)

venerdì 15 agosto 2014

Aporie del pensiero morale



"Normalmente, uno stato di cose permesso non è anche obbligatorio, ma il suo stato contraddittorio è pure permesso. Un legislatore può forse sperare o desiderare che i suoi sudditi non si avvalgano mai di un permesso che egli ha concesso, cioè può sperare che uno stato di cose permesso non sussista mai […] Ma se fosse del tutto impossibile che questo stato sussistesse, il fatto che fosse stato permesso, sarebbe soltanto uno «scherzo». Sarebbe un «permesso-burla». È perciò una richiesta del tutto ragionevole e razionale – da parte dei soggetti normativi se non da parte dell’autorità normativa – che stati di cose permessi possano qualche volta sussistere. Se uno stato e il suo contraddittorio sono entrambi permessi, essi non possono entrambi sussistere sempre – e tuttavia non c’è alcunché di irrazionale circa il fatto che sia permesso che entrambi sussistano"


(G. H. von WrightNorme, verità e logica, “Informatica e diritto”, 3, 1983, p. 17)



Cos'è il permesso?



Quando il permesso è razionale?



Sino a che punto è valido nell'ipotesi che il legislatore sia un pazzo o un burlone?



Questioni inevase del pensiero morale, tante suggestioni, poche le proposte operative.


(url immagine: http://svenska.yle.fi/arkivet/kuvat/2011/id58063-previewImage-58052-50.jpg)

venerdì 18 ottobre 2013

Deficiente



"Un genitore che va da un professore a dirgli che non capisce nulla, perché se solo capisse qualcosa suo figlio non avrebbe un'insufficienza, è un genitore che trasforma un professore in un deficiente"



(A. Bajani, Domani niente scuola, Einaudi, Torino, 2008, p. 78)




Se quel genitore è anche un legislatore, improvvisamente il quadro si fa chiaro ed assume senso la maniera sfacciata con la quale la parte datoriale così mortifica e sanziona la parte dipendente!