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sabato 25 marzo 2017

Contrattualismo moderno #5

"Qui vediamo il vero volto dell’idea contrattualista: per quanto si possa moralizzare il punto di partenza, ci scontriamo comunque con il fatto che il motivo fondamentale per deviare dallo stato di natura è trarre benefici dalla cooperazione reciproca e i benefici sono definiti da tutti i teorici con termini economici piuttosto noti. Una tale visione della cooperazione è intimamente connessa all’idea che si debba restringere il gruppo iniziale dei contraenti a coloro che posseggono «normali» capacità produttive"

(Le nuove frontiere della giustizia, p. 138)


(url: http://images.indianexpress.com/2015/07/untitled-11.jpg?w=400)

mercoledì 15 marzo 2017

contrattualismo moderno #3



"Ma, poiché non ci può essere né può sussistere nessuna società politica, che non abbia essa stessa il potere di conservare la proprietà e, a questo fine, di punire le offese di tutti quelli che costituiscono i membri di quella società, la società politica c'è se e soltanto se ciascuno dei suoi membri ha abbandonato questo potere naturale, lo ha rassegnato nelle mani della comunità in tutti i casi che non gli precludono di appellarsi, per ottenere protezione, alla legge stabilita dalla comunità. E cosí, essendo escluso ogni giudizio di ciascun membro particolare, la comunità diventa arbitra, in base a regole stabilite, stabili, indifferenti e uguali per tutte le parti. Per opera di uomini, che hanno autorità dalla comunità, per l'esecuzione di quelle regole, essa decide tutte le controversie che possono sorgere tra membri di quella società, riguardanti una qualsiasi materia di diritto, punisce le offese che un membro qualsiasi ha commesso contro la società, con le pene che la legge ha stabilito. [...]
E cosí la società politica ottiene il potere di stabilire quale punizione corrisponde alle diverse trasgressioni commesse dai membri della società ritenuti meritevoli di punizione; e questo è il potere di fare le leggi. Ma essa ottiene anche il potere di punire qualsiasi torto fatto a uno dei suoi membri da uno che non appartenga alla società; e questo è il potere di guerra e di pace. E tutto ciò ha come fine la preservazione della proprietà di tutti i membri di quella società, nella misura maggiore possibile. Ma, sebbene ogni uomo che è entrato a far parte della società civile, ed è diventato membro di una comunità, abbia con ciò abbandonato il potere di punire le offese contro la legge di natura, traducendo in pratica il suo giudizio privato, tuttavia, insieme con il giudizio delle offese che egli ha rassegnato nelle mani del potere legislativo in tutti i casi in cui può appellarsi al magistrato, ha dato anche il diritto alla comunità di impiegare la sua forza per l'esecuzione dei giudizi della comunità, in tutti i casi in cui egli sarà chiamato a dare il contributo della propria forza; e in realtà si tratta dei suoi propri giudizi, perché essi sono dati da lui stesso o dai suoi rappresentanti.
[...] Come è stato detto, tutti gli uomini sono per natura liberi, uguali e indipendenti, e nessuno può essere tolto da questo stato e sottomesso al potere politico di un altro senza il proprio consenso. L'unico modo in cui uno si priva della propria libertà naturale e accetta i vincoli della società civile è l'accordo con gli altri uomini di congiungersi e unirsi in una comunità per convivere gli uni con gli altri in maniera comoda, sicura e pacifica, nel godimento sicuro delle loro proprietà e con una maggiore sicurezza contro chiunque non faccia parte di quella comunità. Questo può essere fatto da un numero qualsiasi di uomini, perché non reca danno alla libertà degli altri, che sono lasciati come se fossero nello stato di libertà proprio dello stato di natura. Quando un numero qualsiasi di uomini hanno a questo modo consentito di fare una comunità o un governo, essi sono immediatamente incorporati, e costituiscono un unico corpo politico; nel quale la maggioranza ha il diritto di agire e di concludere per il resto.
Se l'uomo nello stato di natura è cosí libero, come è stato detto, se egli è l'assoluto signore della sua persona e delle sue proprietà, se è uguale al piú grande degli uomini e soggetto a nessuno, perché egli vorrà privarsi della propria libertà? Perché vorrà liberarsi di questa sovranità e assoggettarsi al dominio e al controllo di un altro potere? La risposta è ovvia: sebbene nello stato di natura abbia un diritto di questo genere, tuttavia il godimento di esso è molto incerto e costantemente esposto all'usurpazione degli altri. Infatti tutti sono re come lo è lui, tutti sono uguali a lui, e la maggior parte non osserva strettamente l'equità e la giustizia, sicché il godimento della proprietà che egli ha in questo stato è molto insicura e molto incerta. Questo fa sí che egli voglia abbandonare una condizione che, per quanto libera, è piena di paure e di continui pericoli. Perciò non senza ragione cerca e desidera di unirsi in società con altri che sono già uniti o hanno intenzione di unirsi per la mutua conservazione delle loro vite, libertà e beni, che io chiamo, con un nome generale, “proprietà”.
Perciò il fine grande e principale per cui gli uomini si riuniscono in comunità politiche e si sottopongono a un governo è la conservazione della loro proprietà. A questo fine infatti nello stato di natura mancano molte cose. In primo luogo manca una legge stabilita, fissa e conosciuta. In secondo luogo, nello stato di natura manca un giudice noto e imparziale, con l'autorità di decidere tutte le controversie in base ad una legge stabilita. In terzo luogo, nello stato di natura manca spesso un potere che sostenga e sorregga la sentenza, quando essa è giusta, e ne dia la dovuta esecuzione.
Ma, sebbene gli uomini, quando entrano a far parte della società, rinuncino all'eguaglianza, libertà e potere esecutivo che avevano nello stato di natura, per riporre queste cose nelle mani della società, affinché il potere legislativo ne disponga nella misura richiesta dal bene della società, tuttavia, poiché ciascuno fa ciò soltanto con l'intenzione di meglio conservare per se stesso la libertà e la proprietà (dal momento che non si può supporre che nessuna creatura razionale cambi la propria condizione con l'intenzione di peggiorarla), non si può mai supporre che il potere della società, ossia il potere legislativo costituito dai membri della società, si estenda al di là del bene comune; anzi esso è obbligato ad assicurare a ciascuno la sua proprietà, prendendo provvedimenti contro quei tre difetti sopra menzionati, che fanno lo stato di natura cosí insicuro e disagevole. Perciò chiunque abbia il potere legislativo, ossia il potere supremo, di una comunità politica, è tenuto a governare con leggi stabilite e fisse, promulgate e rese note al popolo, e non con decreti estemporanei; deve servirsi di giudici imparziali e giusti, che devono decidere le controversie in base a quelle leggi; deve impiegare la forza della comunità all'interno soltanto per eseguire quelle leggi, o all'esterno per prevenire o riparare torti provocati da stranieri, e assicurare la comunità da incursioni e invasioni. E tutto ciò deve essere diretto a nessun altro fine, se non alla pace, alla sicurezza e al bene pubblico del popolo"

(J. Locke, Secondo trattato sul governo, parr. 87, 88, 95, 123-126, 131)

(url: http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaL/LOCKE_%20LA%20SOCIETA%20POLITICA%20E%20IL%20.htm)


(url: http://www.homolaicus.com/teorici/locke/Jo_Locke.jpg)

sabato 11 marzo 2017

Segnalazione!

Nella mia pagina 'didattica', raggiungibile da qui, è possibile accedere ad una nuova risorsa, sviluppata tramite Thinglink, che evidenzia i tratti principali del contrattualismo moderno, nonché la celebre critica mossa da Nussbaum.



Sperando di fare cosa gradita, vi auguro, come sempre, buono studio!

mercoledì 9 settembre 2015

Profili della scuola di oggi ... 10

"I dirigenti scolastici si trovano al centro dei complessi meccanismi della sussidiarietà verticale e orizzontale. Da un lato, rappresentano la prima linea nella gerarchia manageriale dell’apparato burocratico ministeriale, dall’altro dovrebbero porsi come punto di riferimento delle politiche di sviluppo locale che vedono coinvolta la scuola quale autonomia funzionale tra stato e società civile.
Trovandosi al crocevia di continue pretese riformatrici, subendo direttamente gli effetti delle politiche di tagli alla spesa pubblica, vivendo le contraddizioni di una governance che oscilla opportunisticamente tra accentramento e decentramento, sottoposti in prima linea alle complesse dinamiche di una società multiculturale, sotto la pressione di crescenti e variegate attese provenienti dalle famiglie e dalle comunità locali, i dirigenti scolastici rappresentano la figura singolarmente più importante per indirizzare realisticamente i processi di cambiamento della scuola"

(A. Paletta – L. Peccolo – C. Boracchi – C. Bonaglia, Introduzione, a: A. Paletta, Scuole responsabili dei risultati. Accountability e bilancio sociale, Il Mulino, Bologna, 2011, pp. 10 - 11)

Verrebbe da commentare "poverini!", ma se si pensa a chi manda avanti il lavoro "sporco" e a chi dovrebbe giovarsene, gli alunni, non si può che concordare sulla sintetica analisi iniziale, anche se, e chissà per quale oscuro motivo, è sempre orientata benevolmente nei confronti del (povero) dirigente scolastico di turno ...

E tutti gli altri attori che compongono la comunità scuola?

L'impressione è sempre la solita, vale a dire che quando esterni decidono di occuparsi di 'scuola', lo fanno concentrandosi esclusivamente sull'impressione generale e di sistema, in genere 'falsa', che quest'ultima offre di sé, peccando tanto di superficialità accademica quanto di miopia analitica e ipermetria dirigenziale.

Ma si sa come funziona: chi non sa fare, insegna, e chi non sa insegnare, ricerca e valuta come insegnano gli altri ...


(url immagine: http://www.wholeheartedleaders.com/wp-content/uploads/2015/01/accountability-business.jpg)