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mercoledì 21 gennaio 2015

Chi propone e chi fa ...

"Il problema maggiore che, però, abbiamo dinanzi è quello di riuscire a catturare la loro attenzione, il loro interesse, a motivarli, perché i digital natives comunicano, in generale, solo all'interno del loro universo adolescenziale, poco con i genitori, molto poco con i loro docenti. Essi, in buona misura, considerano il sapere scolastico poco utile per il loro futuro e danno molta importanza alle conoscenze non formali o informali [...] I digital natives sono "schiacciati" sul presente; la dimensione diacronica della storia non è il loro forte: il passato non interessa, il futuro è lontano"

(T. Montefusco, Il dirigente scolastico promuove l'innovazione mediante la didattica digitale, in G. Mondelli, Dirigere la scuola al tempo della globalizzazione. L'azione del dirigente scolastico nella società della conoscenza, Anicia, Roma, 2012, p. 464)

Parole condivisibili.


Mi permetto, tuttavia, solo di sollevare due semplici questioni.

La prima: se le cose stanno drammaticamente così, dove la si va a prendere una motivazione talmente potente da rovesciare lo status quo? Temo che sia indisponibile alla funzione docente.

La seconda: come mai i dirigenti propongono solamente e lasciano ai docenti le patate bollenti? Passi la delega, passi pure la differenza di funzioni, ma per quale motivo i docenti dovrebbero anche occuparsi dei problemi sociali della propria utenza? Non è questa una mansione ulteriore surrettiziamente imposta a parità di costi? E poi: qualcuno sa spiegarmi per quale oscura ragione alla famiglia si perdona tutto in materia educativa mentre alla scuola s'impone di supplire quest'ultima nel suo ruolo educativo?


(url immagine: https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi_WeeA-QgIl9jv3E3vhgebscNSRINtN2Y2AHH47p4BCKWU_bJs00etpM2VbspS1jtFsAh6vAkAi2L71CUxuwKpFAnnySZr1Fh45aQn1OEsOut3tHDh-9lrQ9qRIk4K1i4u4M8saur0OfS3/s1600/insegnanti-italiani-piu%CC%80-vecchi-al-mondo.jpeg)

lunedì 25 agosto 2014

Per chi dirige il dirigente?

"A mio parere i dirigenti in gamba sono quelli che sanno valorizzare le risorse umane, che non fanno commercio di favori, che sanno reperire i fondi come veri manager, che sanno parlare e ascoltare i docenti, gratificando chi lavora e rimproverando chi non lo fa, Dirigenti autorevoli, insomma. E capaci. Purtroppo nella mia carriera ne ho incontrati troppo pochi. E i dirigenti in gamba, ovviamente, non vedono riconosciute le loro capacità e, come noi, devono lottare perché le cose vadano per il verso giusto [...] Il dirigente è il personaggio del mondo scolastico forse più importante di tutti: è inutile che ci siano un buon ministro, un genitore attento e collaborativo, un insegnante preparato, se il dirigente non sa dirigere, o peggio […] un dirigente incapace riesce a rovinare tutto. Come? Semplice: può rendere difficili anche le cose più semplici (per esempio impedendo qualunque autonomia, compreso l’uso della carta delle fotocopie); può applicare nel modo più restrittivo possibile anche le leggi pensate per agevolare il lavoro degli insegnanti; magari si lava le mani di ogni problema e non è presente a scuola; oppure gestisce in modo dittatoriale l’istituto e indirizza pesantemente le scelte didattiche, nonostante il parere contrario dei docenti o, al contrario, non sa prendere alcuna decisione, perché non vuole scontentare nessuno; e per non avere grane magari offre dei cioccolatini agli alunni che dovrebbero essere rimproverati […] La Scuola italiana va male anche perché è spesso gestita male da dirigenti inadeguati"

(I. Milani, L’arte di insegnare. Consigli pratici per gli insegnanti di oggi, Vallardi, Milano, 2013, pp. 237 – 238)


Ed è proprio così: un dirigente che non sa/vuole dirigere non può che combinare disastri, oltre a, ovviamente, non rendere un buon servizio all’istituzione presso la quale è in carico. 


Ogniqualvolta il dirigente non è in grado di gestire in maniera autorevole, oltre che efficace e trasparente, le risorse umane a sua disposizione, la scuola da lui diretta appare caotica, confusa, inefficiente, mancante nella propria mission educativa nei confronti degli utenti del bacino territoriale, priva di unitarietà nelle pratiche messe in campo, il regno dell'arbitrio da parte degli alunni e della frustrazione per docenti (per tacere dell'insostituibile apporto dei collaboratori scolastici) che, pur mettendocela tutta e lottando quotidianamente con le unghie e con i denti con un'utenza sempre più anomica e maleducata, sanno benissimo che sono "soli" e che qualunque cosa andrà male sarà soltanto colpa loro.



Ecco, sarebbe bello quando si parla di "merito" che, oltre a tener conto della qualità dell'utenza territoriale, si prendesse in debita considerazione anche l'apporto, positivo o negativo, della dirigenza.



Ma come tutti i nobili sogni, resta tale a fronte di una pratica scolastica quotidiana fatta di menefreghismo, di cialtroneria, di mera retorica, di "indulgenza" nei confronti degli alunni, specie quelli più discoli, e dei loro genitori, e di "bastone" o "fastidio" nei confronti dei docenti, rei di essere appunto docenti!




(url immagine: http://www.online-news.it/wp-content/uploads/2014/08/presidenza.jpg)

lunedì 11 febbraio 2013

Ancora sulla scuola ...


"Eppure la scuola è chiamata a cambiare se consideriamo il mutamento continuo della società con cui deve confrontarsi. La scuola non è estranea al mondo: dialoga, entra in rapporto con esso e contribuisce alla sua trasformazione"

(D. Chiesa - C. T. Zagrebelsky, La mia scuola. chi insegna si racconta, Einaudi, Torino, 2005, p. 16)


Quanto vero c'è in queste parole? Sicuramente la scuola non è né una "torre d'avorio" né una monade, nel senso deteriore del termine, che possa, unilateralmente, pretendere di "starsene per i fatti propri". 


Cambiamento sembra così la nuova parola d'ordine della scuola. Ma, lo si permetta, è vecchia almeno quanto l'istituzione che pure vorrebbe guidare verso il cambiamento. 


Eppure, proprio l'insistenza sul cambiamento consente di comprendere meglio l'attuale crisi d'identità dell'istituzione stessa, e di chi vi vive dentro, operatori e utenti. 


La scuola cambia, esattamente come cambia il mondo. La trasformazione non va in alcun modo vista in maniera negativa.

Almeno non di per sé. Eppure solleva parecchi problemi, e quasi tutti di non facile soluzione.


Personalmente, non ho soluzioni da proporre e/o proposte da avanzare. Mi limito a raccogliere l'immagine attuale della scuola, un'inferma immobile nel suo capezzale, derisa e sbeffeggiata da (quasi) tutti ...

Come si può chiedere di più? Come chiedere un trattamento migliore? Nella realtà ipocrita e legata a false mitologie pubbliche, la scuola viene percepita quale non è, un paese di bengodi dove abbondano ricchezza e spensieratezza ... invece manca anche l'acqua per i servizi igienici ...

Si cambia, ma verso dove? Si naviga, ma verso quali porti?


(immagine tratta da: http://www.chiamamilano.it/media/00files/110421adrianoscuola.gif)

Questo post segue altri sul medesimo argomento. L'ultimo in ordine cronologico lo trovi qui.