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lunedì 15 febbraio 2016

Prolegomeni al merito ...



Se globalmente intesa, e liberi da condizionamenti, più o meno inconsci, oppure più o meno ideologici, fintantoché ci si limiti alla descrizione oggettiva del suo funzionamento, l’attuale dispositivo di valutazione di apprendimenti e qualità del servizio erogato (INVALSI; ndr) non sembra sortire difficoltà o criticità o pecche di rilevanza. Anzi, sembrerebbe quasi l’esito scontato di un processo tanto lungo quanto irto di cadute.

Se, invece, e al contrario, si mette da parte l’astratto neutralismo, dal vago sapore weberiano, e si esamina il burocratese con lenti attente, non è possibile né tacere né far finta che il tutto sia buono o così neutrale per come appaia prima facie.

Infatti, ogniqualvolta si attivi un percorso di valutazione lo si fa rispetto ad un modello ben preciso. Anche quando un docente valuta un alunno lo fa avendo in mente un modello determinato, sebbene del tutto astratto, di alunno, ed è in funzione di quest’ultimo che compara il rendimento di quello concreto. Allora, è appena il caso di chiedersi quale sia il modello ideale, e non scritto, e non esplicitato, e non pubblico, di scuola che si ha in mente. Infatti, sottoporre la scuola concreta alle forche caudine della valutazione significa, né più né meno, valutarla in riferimento ad un idealtipo ben preciso, altrimenti, e non credo sia questo il caso, si mette in campo tutta una struttura elefantiaca al solo scopo di fingere di valutare davvero. 


Quando il decisore politico ha imboccato questa strada, il disegno ideale era chiaro e preciso, e vale a dire avvicinare la scuola transeunte alla scuola ideale. Ma se così è, e nulla sembra confutare tale esame, o poterne inficiare la validità, la valutazione non appare affatto di natura meramente diagnostica o solamente conoscitiva. Al contrario, attiva un meccanismo di precisa imputazione di responsabilità a vari livelli, attribuendo e riconoscendo queste ultime ad attori chiaramente individuabili all’interno della struttura propria assunta dalla singola organizzazione scolastica. 


Viceversa, infatti, a cosa servirebbe accumulare una tale mole di dati ed informazioni? Per un misero desiderio di accumulo? Senza scomodare Freud, infatti, l’intento della struttura non è affatto quello di produrre conoscenza disinteressata in merito al reale, quanto, e piuttosto, quello di individuare “buoni” e “cattivi”, “virtuosi” e “viziosi”, “meritevoli” e “incapaci”. Ricondurre tali dati a erogatori e correlati fruitori significa districarsi in maniera lineare e chiara nelle maglie oscure e confuse delle pratiche didattiche; significa, per dirla altrimenti, legare in maniera efficace le singole pratiche didattiche tanto a chi le formula e mette in atto quanto a chi le riceve e dovrebbe giovarsene. Ne consegue, in maniera abbastanza chiara, a mio modesto avviso, che la conoscenza conseguita non è affatto neutrale, ma abilita l’azione di livello superiore riguardo tanto al “premiare” quanto, e forse soprattutto, al “punire”. 

La sua filosofia, pertanto, mi appare inequivocabile, e segnatamente consistente nel rendere possibile l’imputazione di responsabilità personali ai vari livelli di funzionamento dell’organizzazione scolastica.

Il fatto che sinora questo “ultimo miglio” non sia stato ancora compiutamente e sistematicamente realizzato non significa affatto che continuerà a restare tale. Detto con altre parole, il fatto che da tale conoscenza al momento non siano seguiti atti di vero e proprio controllo funzionale non legittima credere che lo stato attuale perduri ancora nel tempo.

Al contrario, proprio la messa a regime delle valutazioni INVALSI, così come la funzione conseguita riconosciuta ora ai dirigenti scolastici di poter premiare i propri dipendenti virtuosi o meritevoli, lascia supporre che il passo successivo sia ormai prossimo, e che l’ultima tappa del processo intrapreso sia oramai sul punto di essere raggiunta.

V’è, infine, un ulteriore elemento che, se si vuole, corrobora tale impressione, e cioè il silenzio con cui il passaggio lungo l’ultimo miglio viene attualmente percorso. Detto altrimenti, proprio quando la filosofia soggiacente alla valutazione dovrebbe emergere dalla sua latenza, e divenire palese, in quanto diretta emanazione dell’attuale livello di maturazione del dispositivo attivato proprio in sua funzione, aumenta il silenzio su di essa. Il che dovrebbe sortire quantomeno un più che legittimo dubbio, oltre a formulare la questione presente: a cosa serve valutare se non si danno corrispettivi premi? O, per dirla altrimenti ancora, per quale motivo si sprecano così tante risorse se la valutazione non consente di avere meritevoli e incapaci? O, se si preferisce, come mai ai voti non seguono premi e punizioni?

Non appena si sollevi, anche solo per un attimo, il lembo del velo di Maya della valutazione scolastica, ecco che sinistri ed inquietanti interrogativi squarciano l’assordante silenzio inerente alla sua effettiva utilità.

Ma se tanto basta, di per sé, a non far dormire più sonni tranquilli ai dipendenti scolastici, possiamo aggiungere ancora un inquietante elemento onde poter render conto dell’estrema opacità del dispositivo valutativo, e cioè il seguente: cosa registra, o misura, o parametra, davvero la valutazione di sistema? O, per meglio dire, è davvero efficace la valutazione del nesso tra analisi e attività monitorata? Cioè, siamo davvero sicuri che la valutazione di sistema dia contezza del merito? A questa domanda, ovviamente, non è possibile dare risposta dal momento che proprio l’implementazione di un dispositivo valutativo rende conto di un modello ideale, e non della necessaria strumentazione concreta. Detto altrimenti, detta valutazione non misura qualcosa di oggettivamente misurabile, vale a dire un’efficienza didattica troppo dipendente da fattori contestuali ed esogeni, ma distingue tra “buoni” e “cattivi” in funzione di un modello ideale non diagnostico, quanto, e piuttosto, morale. Ciò significa, allora, che, tranne singoli casi, detta valutazione premierà e condannerà a prescindere dall’effettivo merito del singolo operatore scolastico! In altri termini, il modello ideale nella mente del decisore politico, essendo meramente morale, e non scientifico, costruisce in abstracto i propri oggetti, distribuendoli lungo una linea non in funzione di quel che fanno ed ottengono nel concreto, ma in funzione di un’arbitraria collocazione ideale.

E tuttavia qualcosa bisognerà pur riconoscere al decisore politico, onde evitare un quadro eccessivamente sbilanciato, e cioè che era oramai inevitabile uscire dalle secche del finanziamento gratuito. In altri termini, l’attuale sistema di valutazione è la garanzia di sistema che il sistema stesso si dà per responsabilizzare le istituzioni scolastiche sia riguardo alle fonti ricevute sia riguardo alla correlata gestione attuata. 


Come si vede, dunque, la valutazione è solo un volto dello stesso processo di autonomizzazione delle istituzioni scolastiche, o, se si preferisce, lo strumento in forza del quale rendicontare all’esterno cosa si è fatto, come, perché e con quale impatto sociale. Ma far questo prepara all’imputazione di responsabilità, vale a dire a giustificare esattamente il cosa, il come, il perché e i risultati della propria personale azione …


(url immagine: https://comitatoscuolapubblica.files.wordpress.com/2013/04/misura-della-qualitc3a0.jpg)

domenica 8 marzo 2015

Perché non si valutano i valutatori?

"il tema della valutazione dei dirigenti scolastici subirà una sorta di rimozione dall’agenda valutativa, il clima sarà quello di un biasimo e di una colpevolizzazione nei confronti della categoria degli insegnanti, ideologici e sostanzialmente identificati col complessivo pubblico impiego di ‘fannulloni’"

(R. Serpieri, Senza leadership: la costruzione del dirigente scolastico. Dirigenti e autonomia nella scuola italiana, Franco Angeli, Milano, 2012, p. 29)

Una ricostruzione attendibile dell'introduzione del tema della valutazione nella scuola italiana.

Solo che si valutano i sottoposti e mai i dirigenti, gli strali si appuntano su questi ultimi dimenticando che, in ogni caso, chi dirige le istituzioni scolastiche ne è sempre responsabile in merito ai risultati.

Dunque, il tema della valutazione è oggi un mantra ripetuto sempre e solamente come arma diretta contro i lavoratori della scuola e, in ogni caso, si devia sempre dalla valutazione complessiva dell'organizzazione scolastica al fine di preservare dal giudizio meritocratico gli stessi dirigenti scolastici.

Morale della favola: i dirigenti scolastici sono sempre meritevoli, dal momento che sono non valutabili, e per loro la parte di compenso relativa al merito è data "a pioggia", mentre i dipendenti sono sempre immeritevoli, dal momento che si oppongono attivamente a che si valuti il loro merito, e per loro i compensi lordi sono fermi ai valori del 2009. Una punizione?

Tuttavia, se ci fermassimo per un attimo a considerare le strategie evasive messe in campo dai dirigenti, e dai loro sponsor politici, per evitare di finire nel medesimo tritacarne della valutazione e del ciclo della performance, viene da chiedersi: ma a cosa serve per davvero la valutazione? Se anche i dirigenti scolastici desiderano evitarla, servirà davvero oppure è solamente lo strumento demagogico per giustificare tagli lineari alle retribuzioni? 


Peraltro, in tempi di spending review permanente, e con i vari blocchi agli scatti di anzianità per i dipendenti, come mai improvvisamente si "trovano" milioni di euro per pagare un aumento salariale ai dirigenti scolastici? Forse loro sono meritevoli di integrazioni salariali, ma tutti gli altri? Perché la stessa generosità non vale anche per gli altri dipendenti pubblici?

domenica 1 febbraio 2015

Ebook

Ultima produzione di mera gloria: la versione ebook del volume Vie della storia, vie degli uomini. Profili per la Secondaria di Secondo Grado, ISBN: 9788891088994. Buona lettura!



lunedì 29 dicembre 2014

La Buona Scuola!

"L’attenzione alla crescita professionale dell’insegnante, la creazione di ruoli di leadership a livello di curriculo, lo sviluppo del caoching fra pari, l’introduzione di programmi di mentoring, la sperimentazione di forme di «pianificazione collaborativa», nonché lo sviluppo di una gestione e un sistema decisionale che facciano dell’istituto scolastico il loro punto di riferimento, sono tutte testimonianze di come molte scuole e sistemi scolastici cerchino oggi di coinvolgere gli insegnanti nella vita e nelle attività che avvengono al di fuori dell’aula, con lo scopo di far assumere maggiori responsabilità in materia di politiche e pratiche che vengono adottate in tale ambito"

(M. Fullan – A. Hargreaves, Cosa vale la pena cambiare nella nostra scuola? Definire e raggiungere obiettivi significativi di miglioramento, Erickson, Trento, 2005, p. 22)

Questa è la normale dinamica dei rapporti di lavoro all'interno delle varie e singole istituzioni scolastiche. Ovunque, si cerca di far lavorare di più i dipendenti, ma sempre a parità di salario. Da qui la difficoltà, per gli operatori scolastici stessi, di trovare motivazioni ed energie per un aumento della produttività che non sia mero volontariato e che sia premio per la professionalità profusa. D'altra parte, se si lavora di più, non si dovrebbe percepire di più?

In altre parole, anche semplici e dirette: la buona scuola non è forse una scuola nella quale s'investe? Invece, tutte le politiche scolastiche dell'ultimo ventennio buono sono consistite in forme variamente dissimulate di aumento gratuito dell'impegno per il personale scolastico!

Ora, se davvero si vuole aumentarne la produttività, non sarebbe bene immettere risorse nuove nell'istruzione? Davvero si vuole continuare con la farsa delle riforme a costo zero? Oppure, quella del merito del personale, a quote invariate?

Il/la ministro/a, o chi per lui, ci pensi! Tanto le risorse, quando lo si vuole, si trovano ...


(url immagine: http://budgetngbayan.com/wp-content/uploads/2012/04/Stakeholder-engagement.jpg)

sabato 25 ottobre 2014

Pillole della dirigenza1

"sembra che il ministero dell'istruzione si convinca - forse già prima di predisporre un progetto legilastivo - che basti "licenziare" delle leggi perché si realizzi il cambiamento voluto dalle stesse. Non è così, la storia della scuola [...] ce l'ha più volte dimostrato. Se è necessario, non è, però, sufficiente produrre delle leggi di riforma (ovvero di particolare importanza) perché la scuola si riformi. Neanche quando le si accompagna, nel tempo, con decreti, direttive o, secondo l'ultima moda, mediante Linee Guida. C'è bisogno di altro!"

(G. Mondelli, Dirigere la scuola al tempo della globalizzazione. L'azione del dirigente scolastico nella società della conoscenza, Anicia, Roma, 2012, p. 187)

Capito Renzi? Altro che le Linee Guida de #labuonascuola ! Ci vuole ben altro! In primo luogo, investire risorse fresche, vale a dire del tutto nuove, nell'istruzione, e non rimestare gli stessi saldi, pretendendo che bastino a coprire per intero la malaticcia scuola pubblica italiana ...

Ma questo è il sogno, il nobile sogno, non la dura ed amara realtà, nella quale, all'esatto contrario, si fanno le finanziare reiterando annualmente (o biannualmente) il blocco del contratto, peraltro scaduto nel 2009, per gli operatori del settore ...

Se fossimo forze dell'ordine, avremmo alzato la voce ed ottenuto subito misteriose risorse occulte, ma siccome siamo la parte "sfigata" della P.A., quanto percepiamo ci basta ...

Almeno finché non entrerà a regime il funesto e pernicioso meccanismo meritocratico de #labuonascuola (per intenderci: quello dei 2/3 del personale che, forse, in maniera non trasparente, prenderà 60 €, non è chiaro se lordi o netti, di premio, ma lo stesso non potrà licenziare i dirigenti scolastici incapaci, vale a dire non meritevoli) ... allora, probabilmente, 1/3 del personale percepirà ancora meno ...

E, cosa non meno importante, l'intera operazione verrà finanziata dai saldi attuali che, dunque, rimarranno del tutto invariati ... il tutto per ripartire dalla scuola!





(url immagine: http://www.insegnareonline.com/cms/img/385/fotomondelli.jpg)

lunedì 20 ottobre 2014

Caro Matteo ...


Ma c'era bisogno di sprecare così tanti soldi per imbastire il lancio pubblicitario de #labuonascuola? Dico, ne valeva davvero la pena? E, d'altra parte, se già è deciso di seguire quella via per risparmiare ancora, perché raccontarci la frottola della consultazione? O fingere interesse per quel che pensano personale, alunni e famiglie? Ed ancora, per quale motivo quella finzione dispregiativa del merito per i 2/3 del personale con le tre classi di crediti? Insomma, se intendevi risparmiare ancora, ti bastava dire che da qui sino al 2030 compreso gli attuali salari sarebbero rimasti fermi, al palo, congelati allo stato attuale (che poi è quello del 2007) ... sarebbe stato più logico, ed anche, forse, più pulito ...

Invece, no: da qui la farsa mediatica del merito premiato ... peraltro indorando una pillola amara, più simile ad una grossa supposta a dire il vero, suggerendo che con il nuovo sistema un virtuoso otterrebbe molto di più che dal sistema attuale di aumenti sulla base dell'anzianità di servizio (e l'esperienza che fine fa, oh ciovani?), dimenticando però (o omettendo) di precisare che lo scenario presentato è solo uno dei moltissimi possibili (come se un tizio potesse ogni tre anni, per suoi meriti, "scattare" sempre sino al collocamento in quiescienza) e di certo solo il "migliore possibile", dunque, statisticamente assai improbabile ...

Peraltro, la precisazione in merito al blocco del contratto è, a mio sommesso parere, lampante quanto inequivocabile, oltre che "tombale": i risparmi su di noi sono già in DEF ... vale a dire che sono già stati decisi ed iscritti in bilancio ...

Quindi, ancora una volta una prece per la scuola pubblica italiana, e per i suoi lavoratori!


(url immagine: http://www.repubblica.it/images/2013/09/14/115740229-8ae70cae-6a1a-4bbd-9edd-b0561733fefa.jpg)

sabato 18 ottobre 2014

Ma che buona scuola! Al massimo meno salario!


Il merito paga? Sembra proprio di no se confrontiamo il sistema attuale con le stime, ottimistiche a dire il vero, di quello "meritocratico" delineato, anche vagamente ed in maniera dolosamente imprecisa, nelle fumose Linee Guida de #labuonascuola ....

In poche battute, l'impressione finale è che, in realtà, più che premiare i meritevoli, si puniranno tutti quanti i docenti diminuendo tutti i salari ... L'effetto finale, infatti, è che nella migliore delle ipotesi il più meritevole di tutti, ovvero colui che miracolosamente e fortunatamente riesce a imbroccare tutti gli scatti ogni tre anni sino a fine carriera, prenderà comunque meno di quanto prenderebbe un collega a fine carriera con il sistema attuale delle progressioni automatiche per anzianità di servizio ...

Non ci credete? Date un'occhiata alla seguente tabella che mostra la differenza (evitando la confusionaria etichetta 'lordo Stato' che, beninteso, non è affatto quanto va nelle tasche dei docenti ...)!

Bene, allora ripetiamo insieme tutti quanti "buona scuola!" ...


(url immagine: http://www.professionistiscuola.it/images/Differenza_tra_i_due_sistemi.png)

venerdì 10 ottobre 2014

Parole chiave #La buona scuola


In attesa degli esiti della consultazione pubblica, penso sia interessante tener presenti le occorrenze dei termini chiave del documento #labuonascuola. Infatti, se non ho sbagliato a contarle una per una, il loro seguente elenco, per quanto parziale e non completo, fornisce già un'idea di massima generale delle motivazioni politiche che ne stanno dietro.

valutazione: 50
risparmio: 4
merito: 6
ata: 2
docente: 59
professionalità: 11
formazione: 84
salario: 0
consultazione: 5
scatti:15
crediti:19
portfolio:5
certificato: 1
validato: 0
lavoro: 73
risorse: 81
MOF: 15
scuola: 442
impegno:10
più:198

C'è, forse, bisogno di aggiungere altro? 

Si prosegue, imperterriti, sulla tendenza a parcellizzare il lavoro scolastico, ingannati dall'idea secondo la quale a tot ore lavorate corrispondano tot competenze/apprendimenti acquisiti, e dimenticando del tutto che la dinamica insegnamento-apprendimento non funziona affatto così, che non è per nulla così lineare e cumulativa, e che non può essere quantificata in un numero esatto di prodotti finali conseguiti ... 

... e, dunque, se così non è la vita scolastica, come si può pensare di premiare il 66% del personale ogni tre anni, lasciando al palo tutti gli altri, vale a dire 1/3 del personale complessivo, probabilmente non meritevole per non demeriti propri? 


Caro Matteo, usciamo dall'equivoco e non nascondiamo più mere esigenze contabili, vale a dire una riduzione generalizzata della spesa, con proclami di rilancio della scuola ...



(url immagine: http://www.itis.pr.it/nuovo/wp-content/uploads/2014/09/LaBuoinaScuola.jpg)

venerdì 5 settembre 2014

Quando la scuola è buona?

Lettera di un'insegnante che tratteggia in maniera verosimile la reale situazione della scuola pubblica italiana, al di là delle facili ed utili mistificazioni governative ...

"Reggio Calabria. Egregio Presidente Renzi. Le scrivo di getto dopo aver letto il contributo “La buona scuola” pubblicato in data odierna, contenente le idee che questo Governo vorrebbe attuare nei prossimi anni per dare un volto nuovo alla scuola. Nell’esporre le mie impressioni circa la “deriva” che da alcuni decenni vive la scuola pubblica, mi scuso anticipatamente per l’uso di espressioni forti e senza mezzi termini e per i toni ironici, non certamente irrispettosi della Sua persona che ringrazio fin da ora per la sua pazienza e disponibilità. Ricordo che da bambina andavo a scuola volentieri ed avevo un chiaro concetto, malgrado l’età, di ciò che essa rappresentava e della sua valenza umana, culturale, formativa, educativa. Ricordo che si aveva timore e grande rispetto per i docenti e che lo studio era considerato cosa molto seria e da cui scaturivano risultati vagliati attentamente e certificati da valutazioni severe e veramente rispettose del merito di ciascun alunno.Oggi mi ritrovo ancora a scuola, in qualità di insegnante, entrata di ruolo all’età di 41 anni, dopo 11 anni di precariato e dopo aver conseguito una laurea con lode, quattro abilitazioni per l’insegnamento in altrettante discipline e una specializzazione per le attività didattiche di sostegno col massimo dei voti (tralascio il resto dei titoli culturali, didattici e professionali conseguiti). Parlo con l’esperienza di chi, e siamo migliaia, ha fatto grandi sacrifici senza avere nulla in regalo, scalando passo dopo passo la montagna e facendo centinaia di chilometri al giorno tra scuole “difficili”, dell’entroterra e della periferia, deprivate, diseredate, dimenticate dai diversi governi e ministri che, alternandosi al potere, il bene della scuola, o meglio “la buona scuola”, non l’hanno fatta di certo!
Abbiamo assistito, docenti, genitori e discenti, increduli, costernati e impotenti al tentativo di smantellamento ed all’impoverimento graduale delle risorse umane, strutturali, finanziarie del sistema scolastico pubblico in nome di una “razionalizzazione” che ha prodotto solo danni che stiamo pagando sulla nostra pelle ogni giorno. Ci troviamo davanti ad una enorme mole di problemi ed emergenze che ben conosce chi lavora nella scuola e che Lei e il suo Governo, ha in parte individuato nei 12 punti; ma è una fotografia parziale che non rende giustizia, orientata prevalentemente al concetto di meritocrazia e produttività degli insegnanti a cui ancora si chiede e si chiede…. Tutti superefficienti, superimpegnati, superbravi, supertitolati, superformati ed orientati all’efficienza ed all’innalzamento della qualità dell’offerta formativa e della scuola. Ma noi ancora i miracoli non li sappiamo fare… perché a fronte del massimo impegno che si richiede non corrispondono condizioni, mezzi e strumenti adeguati, e che non vedo essere stati presi in considerazione nel documento succitato.
Mi permetto allora, forte della mia modesta esperienza di docente, di esporre solo alcune considerazioni che fanno capo ad alcuni problemi, a mio avviso, basilari:

1) In molte regioni d’Italia le scuole sono fatiscenti, organizzate secondo una logica didattica tradizionalista, con aule anguste e poco luminose; sono carenti di laboratori e strumentazioni, ma anche di risorse umane atte a garantirne l’efficienza, mancano spazi comuni di condivisione e socializzazione mancano palestre e spazi esterni, mense e servizi dignitosi e persino adeguata igiene. Non si tratta solo di ristrutturare gli edifici (molti fondi sono stati finalmente stanziati a tale scopo e Lei ne ha tutto il merito), ma di garantire il funzionamento che non può prescindere dall’impegno di maggiori e sicure risorse finanziarie. Molte volte nelle scuole mancano persino i soldi per comprare un cavetto per far funzionare una LIM o per comprare la carta igienica e il sapone per i bagni degli alunni o per comprare il registro di classe o i detersivi per lavare i locali che ospitano l’utenza scolastica. Noi docenti negli anni ci siamo autofinanziati per affrontare tanti piccoli inconvenienti adoperandoci nella raccolta di fondi su base volontaria per comprare persino il materiale di cancelleria per gli alunni appartenenti a famiglie povere ed anche la merenda! Abbiamo cercato di sistemare armadietti che cadevano a pezzi e banchi rotti, abbiamo imbiancato le pareti dell’aula e tirato via l’erbaccia che ostruiva l’ingresso nell’edificio, abbiamo comprato la carta ombreggiante per i vetri delle aule perché gli alunni erano esposti al sole l’intero orario delle lezioni. Ci siamo autotassati per poter allestire manifestazioni , recite e spettacoli a conclusione di percorsi formativi…. E nel frattempo abbiamo svolto con convinzione e impegno la nostra funzione di insegnanti- educatori. Volutamente le presento alcuni esempi banali per farle toccare un po’ con mano piccoli problemi di ogni giorno che però avviliscono gli alunni e i docenti ed evidenziano solo una parte della precarietà e delle difficoltà che ogni giorno combattiamo.

2) Nelle alule il numero degli alunni è così tanto aumentato in virtù dei nuovi criteri di formazione delle classi dettati dagli ultimi provvedimenti ministeriali, tanto da poterle definire a buon merito aule-pollaio; piccole per poter accogliere un numero elevato di alunni e carenti di sistemi di aerazione adeguati, vale a dire non rispondenti ai criteri di sicurezza della normativa vigente. Ed anche qui il super-super-docente cerca di fare il miracolo cercando di seguire con percorsi individualizzati tutti gli alunni, che magari sono 35, e con piani didattici personalizzati eventuali alunni con Bisogni Educativi Speciali ed attuando Il piano didattico-educativo per gli alunni con disabilità, barcamenandosi tra programmazioni, lezioni, registri elettronici, carte e cartacce ed attività di recupero, potenziamento, ampliamento dell’offerta formativa, relazioni e realizzazioni di momenti culturali ed aggregativi, svolgendo cioè semplicemente al meglio la propria funzione didattico-educativa, però nella peggiore delle condizioni possibili ed a scapito degli alunni che se fossero in numero adeguato (15-18 per classe) potrebbero usufruire di una migliore qualità formativa. Ma gli insegnanti costano e quindi è meglio stipare gli alunni nelle classi chiedendo al super-insegnante di gestire situazioni al limite del possibile! In moltissimi casi le difficoltà degli insegnanti che si sentono molto spesso “soli” si traducono in un forte senso di impotenza o incapacità e in sentimenti di frustrazioni, poiché siamo stati “indottrinati” a pensare che se i ragazzi a scuola non rendono è solo colpa nostra. I ragazzi hanno bisogno di scuole belle e ben funzionanti, condizioni di studio adeguate e l’impiego di tutte le risorse necessarie perché l’offerta formativa sia accattivante e l’ambiente formativo al passo con i tempi e con le loro esigenze di giovani generazioni tecnologicamente avanzate, di una didattica flessibile e laboratoriale (e non solo sulla carta perché mancano i fondi e le risorse pure!). I ragazzi devono ricominciare a credere che la scuola è bella e che l’impegno scolastico ripaga, devono ricominciare ad amare lo studio e questo non può solo ed unicamente passare dalle sollecitazioni, dal lavoro e dagli incoraggiamenti degli insegnanti.

3) Di lavoro nella scuola ce n’è tanto e molto è lasciato agli insegnanti che da precari, supplenti o titolari hanno sempre affrontato con tanto coraggio tutte le situazioni e tenuto in piedi il sistema scolastico nazionale difendendo la cultura e la scuola pubblica dai diversi attacchi; ciò perché gli insegnanti credono nella scuola e considerano la loro professione come una vera e propria missione: quella di edificare e rendere libera la persona umana. Il continuo sforzo di innalzare gli standard della scuola italiana per adeguarli a quelli delle altre scuole d’Europa, non corrisponde però l’adeguamento degli stipendi che risultano essere una miseria, soprattutto per chi ne spende buona parte per raggiungere la lontana sede scolastica a cui è destinato. Avanzamento di carriera è un termine cui corrisponde un effimero riconoscimento economico ed è ben evidenziato nella relazione ministeriale; ciononostante ritengo avvilente se non offensivo il doversi sottoporre alla valutazione molte volte discrezionale di dirigenti scolastici a cui l’autonomia ha dato già così tanto potere da considerare in alcuni casi la scuola come “la loro scuola” e dimenticando che essi stessi sono pubblici funzionari. In nessun documento che io ricordi si parla di valutazione dei dirigenti… eppure tra quelli con cui ho avuto modo di lavorare ne ho trovati capaci, preparatissimi, poco preparati e addirittura poco competenti e privi di capacità gestionale. Un po’ come gli insegnanti, capaci o meno… che però vengono classificati, valutati e remunerati sulla base di certificazioni e incarichi che molto spesso vengono attribuiti su base discrezionale. Ho saputo di dirigenti condannati per falsificazione di atti pubblici, per vessazioni o mobbing o per altri motivi… eppure sono ancora al loro posto. Sul loro operato chi vigila? Possibile che gli insegnanti, come in un ordinamento di subordinazione gerarchica, debbano subire umiliazioni e abusi (fortunatamente sono casi rari) senza proferir parola perché metterebbero a rischio il proprio posto di lavoro? Allora occorre una maggiore tutela degli insegnanti e maggiore riconoscimento della loro dignità professionale. Non è più possibile spremere ancora i docenti come limoni in cambio di esigui riconoscimenti in nome soltanto della meritocrazia che si fonda su risultati meramente didattici. Formiamo persone e soprattutto le educhiamo (questo ce lo siamo dimenticati negli anni). Per formare buoni cittadini e persone responsabili e mature occorre essere in possesso di una forte componente umana e comunicativa, spessore morale, amore e pazienza. Tutto questo non si trova in nessuna certificazione di merito ed è principalmente questo ciò di cui i ragazzi hanno bisogno per crescere… l’indottrinamento lo lasciamo ai vetusti sistemi scolastici del passato e nel trasmettere ogni giorno il bagaglio culturale che contraddistingue il sistema scolastico nazionale produciamo noi stessi cultura, insieme ai nostri ragazzi.
Solo tre punti Presidente. Le auguro buon lavoro, sperando che sappia cambiare la scuola nella sostanza, con poche parole e nei fatti. Grazie per la sua attenzione.

Prof.ssa Cuzzocrea Francesca"

(la lettera è tratta da: http://www.newz.it/2014/09/04/scuola-insegnante-calabrese-scrive-una-lettera-aperta-al-premier-renzi/210744/)

giovedì 4 settembre 2014

La buona scuola?

Finalmente sappiamo, noi docenti, di che morte dobbiamo morire!

Sono state rese pubbliche le tanto decantate linee guida, non una riforma, ma una modifica sostanziale dello statuto giuridico degli insegnanti.

Salta agli occhi che vengono totalmente ignorati attori importanti nella vita della scuola, vale a dire il personale non docente e gli alunni. Senza il loro contributo, che patto educativo viene formulato?

Ma sono delle linee guida, resta da vedere se il Parlamento, dopo Gennaio 2015, le renderà legge o meno.


L'impressione iniziale, dato che ne parlerò diffusamente di volta in volta, analizzando nel dettaglio il corposo dossier (ben 136 pagine di slides ben confezionate), è che si voglia solamente interessare i docenti: ogni cosa viene fatta passare attraverso il loro lavoro.

Ma si opera uno scambio ineguale, anzi no, si operano due scambi ineguali: 1) si "offre" l'assunzione a tempo indeterminato di circa 150mila docenti precari in tre anni, a patto però che l'intera categoria rinunci alle progressioni stipendiali automatiche in base all'anzianità di servizio; e, 2) si "offre" la remunerazione del merito, a patto però di maturare in un triennio una somma di tre indicatori diversi utili ad entrare in un gruppo di docenti, pari al 66% del totale, i quali, a valorizzazione del maggior impegno, didattico, organizzativo e di autoformazione, riceveranno la grandiosa (!!!) cifra di 60 € netti in più al mese. Quindi, facendo due conti, rinunciando ad una garanzia erga omnes lo Stato ottiene tre cose: a) un consistente risparmio economico; b) un aumento della produttività; e, c) un indebolimento strutturale del potere contrattuale da parte della categoria interessata.


Quella del docente è già una professione povera, con le presenti linee guida non solo lo sarà ancora di più, e pensiamo anche al correlato riconoscimento sociale che ne deriva, ma avrà ancora meno potere rispetto a Dirigenza, Direzione periferica e Direzione centrale.


Tra l'altro, non viene affatto garantita la copertura finanziaria per il 66% di "fortunati" dei quali si promette la valorizzazione del (maggior) merito, si avanza solamente l'intenzione, all'interno del triennio (il primo sarà 1 settembre 2015 - 1 settembre 2018), di reperire le risorse. Siccome, però, nelle varie pagine si insiste quasi ossessivamente sull'esigenza di finanziare la (non-)riforma senza oneri aggiuntivi rispetto alla spesa corrente, viene facile immaginare, come accade già ora con il mancato recupero dell'inflazione delle retribuzioni attuali (ferme ai valori del biennio economico 2007 - 2009) e con il mancato pagamento degli scatti stipendiali maturati per anzianità di servizio, che i meritevoli, pur meritando la stupenda (!!!) cifra di 60 € netti in più al mese (ergo, 720 € su dodici mensilità ... tale importo è incluso nella tredicesima?), non la vedranno perché "non ci sono fondi".


Morale della favola: si divide la categoria, la si mette in competizione, la si costringe a lavorare di più, allo stesso stipendio attuale, ma non la si premia!


Ci tornerò sopra.


Ora, a conclusione di questo breve assaggio dei contenuti delle linee guida, vorrei far notare una strana discrepanza. A pagina 49 si riporta la seguente tabella:



Docente
scuola dell’infanzia
e primaria
Docente
scuola secondaria
I grado
Docente
scuola secondaria
II grado
da 0 a 8
31.909,92
34.400,44
34.400,44
da 9 a 14
35.126,67
38.133,33
39.066,37
da 15 a 20
38.594,14
42.054,73
43.239,45
da 21 a 27
41.346,92
45.250,01
47.751,28
da 28 a 34
44.984,51
49.305,89
51.628,86
35
47.007,03
51.628,86
53.985,17



Si tratta delle posizioni  stipendiali in base all'anzianità di servizio. Bene, siccome io occupo ancora la posizione iniziale percepisco, dice il Governo, 34400,44 € su tredici mensilità. Non è vero! Magari lo fosse! Il mio stipendio lordo annuo è di € 20857, quindi inferiore di ben 13543 €! Una nota a fondo pagina, afferma che gli importi sono al lordo Stato. Ne deduco che sarebbe quanto costo io singolarmente allo Stato. Ma di questa mirabolante cifra, io ne vedo, sulla carta, una cifra inferiore del 40%! E parliamo, però, sempre del lordo| Cioè, a me lavoratore arriva una cifra ancora più bassa come importo netto! Infatti, a questo lordo vanno tolti circa 6000 € annui di ritenute IRPEF (centrali, regionali e comunali) e, ancora, tutte le ritenute previdenziali, compreso il contributo per la composizione del TFR del dipendente ... insomma, una cifra di circa 3030 € annui ... facciamo le somme e riscontriamo che la mia paga annua al netto è di di circa 11800 € ... cioé il 34% di quanto riportato nella tabella di pagina 49 ...

Certo le tasse, il cuneo fiscale, il drenaggio tributario lo soffriamo tutti, ma se un Governo, vale a dire il mio stesso datore di lavoro, dà ufficialmente notizia di un importo di molto superiore a quello che davvero vedo sul mio conto, che idea dovrei farmene? Dire che l'importo è al lordo per lo Stato confonde solamente le idee ... e, molto probabilmente, viene detto per far accettare l'idea del possibile risparmio da conseguire: paghiamo già così tanto, perché l'aumento per anzianità di servizio deve essere garantito?

Il problema è, però, che poi a pagina 54 si parla di € 60 netti al mese ... perché dal lordo delle posizioni tabellari si passa al netto del merito? Non vorrei pensar male, ma ...

… e allora questo netto, quanto è al lordo per lo Stato? Sarebbe bello poterlo sapere al fine di rapportarlo al lordo degli scatti ... no?


Ma ci tornerò sopra in altre puntate! Per adesso concludo qui questo primo approccio alle linee guida della buona scuola … sì, buona, ma per chi? Forse non per i docenti!

lunedì 25 agosto 2014

Per chi dirige il dirigente?

"A mio parere i dirigenti in gamba sono quelli che sanno valorizzare le risorse umane, che non fanno commercio di favori, che sanno reperire i fondi come veri manager, che sanno parlare e ascoltare i docenti, gratificando chi lavora e rimproverando chi non lo fa, Dirigenti autorevoli, insomma. E capaci. Purtroppo nella mia carriera ne ho incontrati troppo pochi. E i dirigenti in gamba, ovviamente, non vedono riconosciute le loro capacità e, come noi, devono lottare perché le cose vadano per il verso giusto [...] Il dirigente è il personaggio del mondo scolastico forse più importante di tutti: è inutile che ci siano un buon ministro, un genitore attento e collaborativo, un insegnante preparato, se il dirigente non sa dirigere, o peggio […] un dirigente incapace riesce a rovinare tutto. Come? Semplice: può rendere difficili anche le cose più semplici (per esempio impedendo qualunque autonomia, compreso l’uso della carta delle fotocopie); può applicare nel modo più restrittivo possibile anche le leggi pensate per agevolare il lavoro degli insegnanti; magari si lava le mani di ogni problema e non è presente a scuola; oppure gestisce in modo dittatoriale l’istituto e indirizza pesantemente le scelte didattiche, nonostante il parere contrario dei docenti o, al contrario, non sa prendere alcuna decisione, perché non vuole scontentare nessuno; e per non avere grane magari offre dei cioccolatini agli alunni che dovrebbero essere rimproverati […] La Scuola italiana va male anche perché è spesso gestita male da dirigenti inadeguati"

(I. Milani, L’arte di insegnare. Consigli pratici per gli insegnanti di oggi, Vallardi, Milano, 2013, pp. 237 – 238)


Ed è proprio così: un dirigente che non sa/vuole dirigere non può che combinare disastri, oltre a, ovviamente, non rendere un buon servizio all’istituzione presso la quale è in carico. 


Ogniqualvolta il dirigente non è in grado di gestire in maniera autorevole, oltre che efficace e trasparente, le risorse umane a sua disposizione, la scuola da lui diretta appare caotica, confusa, inefficiente, mancante nella propria mission educativa nei confronti degli utenti del bacino territoriale, priva di unitarietà nelle pratiche messe in campo, il regno dell'arbitrio da parte degli alunni e della frustrazione per docenti (per tacere dell'insostituibile apporto dei collaboratori scolastici) che, pur mettendocela tutta e lottando quotidianamente con le unghie e con i denti con un'utenza sempre più anomica e maleducata, sanno benissimo che sono "soli" e che qualunque cosa andrà male sarà soltanto colpa loro.



Ecco, sarebbe bello quando si parla di "merito" che, oltre a tener conto della qualità dell'utenza territoriale, si prendesse in debita considerazione anche l'apporto, positivo o negativo, della dirigenza.



Ma come tutti i nobili sogni, resta tale a fronte di una pratica scolastica quotidiana fatta di menefreghismo, di cialtroneria, di mera retorica, di "indulgenza" nei confronti degli alunni, specie quelli più discoli, e dei loro genitori, e di "bastone" o "fastidio" nei confronti dei docenti, rei di essere appunto docenti!




(url immagine: http://www.online-news.it/wp-content/uploads/2014/08/presidenza.jpg)