Il "mantra" del leghismo, si sa, è il federalismo fiscale, se si vuole, una variante economica, e molto più pratica, del separazionismo, o secessionismo, oppure ancora, se più aggrada, del divisivismo degli ultimi trent'anni di età berlusconiana[1].
Il ragionamento, né più né meno, e oltremodo pressapoco, funziona, e viene variamente declamato, nei termini seguenti: perchè noi genti del nord dobbiamo pagare più tasse di quelli del sud? Questo significa, infatti, molto semplicemente che i soldi delle nostre tasse vanno a mantenere quelli del sud.
Per Viesti questo è il frutto avvelenato del leghismo, il vero nocciolo duro di qualsiasi predicazione divisa in salsa polentonica, ossia l'aver sostituito l'idea dell'economia a somma positiva, in forza della quale "se l'altro si sviluppa per me è un bene, non un male"[2], con l'idea concorrente secondo la quale l'economia è "un gioco a somma zero"[3]. In questo modo, dato che il montante finale e complessivo è sempre lo stesso, vi sono quanti hanno di più ed altri meno. Le dimensioni della torta, per intenderci, restano sempre le stesse, ma cambia la consistenza delle singole fette: avere una fetta più grande degli altri è per me vantaggioso; averne una più piccola uno svantaggio.
Si è così formulata l'idea che i soldi dovrebbero restare là dove sono prodotti, e in misura maggiore che in precedenza e più di quanto l'attuale sistema perequativo nazionale non faccia.
V'è così stato un fiorire di analisi su quanto paghino certi territori in tasse e quanto di queste ultime resti presso le stesse comunità di origine al fine di invocare una maggiore "giustizia territoriale".
Ma il ragionamento di poco fa è erroneo, tanto nel merito quanto nella sostanza.
In primo luogo, perché non tiene conto della differente capacità impositiva dei singoli: è normale, credo, che chi guadagna di più, contribuisca in misura maggiore. C'è, forse, qualcuno che osi negarlo?
In secondo luogo, non è certo sufficiente parlare di capacità impositiva se non si tiene conto della finalità nazionale della perequazione: ri - distruibire il reddito su scala nazionale al fine di riequilibrare la distruzione della ricchezza. Anche questo è, almeno credo, un concetto chiaro e poco dubbio: non è, forse, compito dello Stato favorire i più poveri e diminuire il potere dei più ricchi? Alzi la mano chi la pensa diversamente, ma in tal caso dovrebbe anche avere la decenza di giustificare la sua tesi.
In terzo luogo, cosa c'entrano i territori con la redistribuzione della ricchezza? Già, mi chiedo cosa c'entrino dal momento che la Costituzione è chiara: si parla di redistribuzione del reddito, ossia di parità, equità ed eguaglianza, tra i cittadini che abitano il territorio nazionale, e non tra singoli territori![4] Sostituire i 'territori' ai 'cittadini' significa istituzionalizzare in concreto, oltre che de jure, la sproporzione economica tra parti dello stesso territorio nazionale, ossia innalzare barriere posticce alla redistribuzione della ricchezza.
Solo che siccome la secessione è un miraggio di fatto irrealizzabile e siccome la Costituzione non è modificabile nella parte relativa ai diritti - e per fortuna! - ecco che il leghismo batte la strada, apparentemente più semplice, del federalismo fiscale. Grettamente, la sua pubblicità suona nei termini grossolani esposti in precedenza, ma in realtà il discorso è molto più complesso. Vediamo di semplificare al massimo: dati nuovi, e più ampi poteri, agli enti locali, in primo luogo le regioni e i comuni, com'è possibile finanziare queste competenze? Ossia: quale dev'essere l'entità dei trasferimenti finanziari a tali enti? Vi sono due idee al riguardo: 1) lo Stato trasferisce il necessario economico; e, (2) le regioni attingano direttamente ad una parte del gettito fiscale "all'interno dei propri confini"[5]. E questa è certamente la prima botta, benché non ancora definitiva, alla giustizia sociale, e al meccanismo della solidarietà interna tra cittadini dello stesso Stato. Ma, agli occhi dei leghisti non basta ancora. Va rafforzata anche nella sostanza. E come si fa? Il ragionamento seguito dai leghisti e da Tremonti è sostanzialmente lineare: siccome esiste comunque un meccanismo ultimo di perequazione nazionale, che in qualche modo travalica la differenza regionale, e i relativi confini, istituzionali e di competenze, è bene intaccare l'entità di tale fondo perequativo. E come? Basta ritoccare al basso i "livelli minimi garantiti"[6], di modo che lo Stato non possa in alcun modo finanziare in misura equivalente, o superiore, al livello attuale i territori con minor capacità impositiva. Questo vuol dire, molto in breve, "ripartire diversamente le risorse disponibili: meno al Sud più al Nord, meno ai più poveri e di più ai più ricchi"[7].
Siccome i livelli essenziali sono bassissimi, si tratta di uno standard medio nazionale inferiore, e di parecchio, ai livelli attuali, ecco che le risorse attuali vengono tagliate e rimangono, inutilizzate, nelle mani dei territori dove sono costituite, ossia quelli a maggior capacità contributiva.
A questo punto, la separazione in casa tra cittadini è bella che realizzata, oltre che camuffata da attuazione del federalismo amministrativo previsto nell'ultima grande riforma della Carta (2001).
Ovviamente, un discorso di attuazione delle autonomie locali andrebbe posto in tutt'altra maniera, e su basi nettamente differenti, oltre a presentare una complessità non irrilevante, dal calcolo del costo di ogni servizio alla perequazione infrastrutturale, ma al federalismo di casa nostra, ossia il leghismo, va più che bene.
D'altra parte, il leghismo non ha certo il timore di dire quel che davvero pensa, e vuole. Il nuovo motto, infatti, del "prima il Nord" sintetizza efficacemente proprio quest'ordine di idee: i soldi sono di chi li produce.
Peccato che non si riconosca altrettanto che i trasferimenti fiscali al Centro ritornino nella misura del 90% almeno proprio nei territori di origine dato che il Sud importa prodotti e servizi dal Nord.
Pensare allora che la torta sia unica e che l'economia sia un gioco a somma zero è indice anche di miopia, oltreché di egoismo viscerale.
Ma ai leghisti anche questo non importa, al massimo ti diranno, se stufati dalle tue parole, "fora di ball!", come a dire: "tu per me non esisti!".
Per Viesti questo è il frutto avvelenato del leghismo, il vero nocciolo duro di qualsiasi predicazione divisa in salsa polentonica, ossia l'aver sostituito l'idea dell'economia a somma positiva, in forza della quale "se l'altro si sviluppa per me è un bene, non un male"[2], con l'idea concorrente secondo la quale l'economia è "un gioco a somma zero"[3]. In questo modo, dato che il montante finale e complessivo è sempre lo stesso, vi sono quanti hanno di più ed altri meno. Le dimensioni della torta, per intenderci, restano sempre le stesse, ma cambia la consistenza delle singole fette: avere una fetta più grande degli altri è per me vantaggioso; averne una più piccola uno svantaggio.
Si è così formulata l'idea che i soldi dovrebbero restare là dove sono prodotti, e in misura maggiore che in precedenza e più di quanto l'attuale sistema perequativo nazionale non faccia.
V'è così stato un fiorire di analisi su quanto paghino certi territori in tasse e quanto di queste ultime resti presso le stesse comunità di origine al fine di invocare una maggiore "giustizia territoriale".
Ma il ragionamento di poco fa è erroneo, tanto nel merito quanto nella sostanza.
In primo luogo, perché non tiene conto della differente capacità impositiva dei singoli: è normale, credo, che chi guadagna di più, contribuisca in misura maggiore. C'è, forse, qualcuno che osi negarlo?
In secondo luogo, non è certo sufficiente parlare di capacità impositiva se non si tiene conto della finalità nazionale della perequazione: ri - distruibire il reddito su scala nazionale al fine di riequilibrare la distruzione della ricchezza. Anche questo è, almeno credo, un concetto chiaro e poco dubbio: non è, forse, compito dello Stato favorire i più poveri e diminuire il potere dei più ricchi? Alzi la mano chi la pensa diversamente, ma in tal caso dovrebbe anche avere la decenza di giustificare la sua tesi.
In terzo luogo, cosa c'entrano i territori con la redistribuzione della ricchezza? Già, mi chiedo cosa c'entrino dal momento che la Costituzione è chiara: si parla di redistribuzione del reddito, ossia di parità, equità ed eguaglianza, tra i cittadini che abitano il territorio nazionale, e non tra singoli territori![4] Sostituire i 'territori' ai 'cittadini' significa istituzionalizzare in concreto, oltre che de jure, la sproporzione economica tra parti dello stesso territorio nazionale, ossia innalzare barriere posticce alla redistribuzione della ricchezza.
Solo che siccome la secessione è un miraggio di fatto irrealizzabile e siccome la Costituzione non è modificabile nella parte relativa ai diritti - e per fortuna! - ecco che il leghismo batte la strada, apparentemente più semplice, del federalismo fiscale. Grettamente, la sua pubblicità suona nei termini grossolani esposti in precedenza, ma in realtà il discorso è molto più complesso. Vediamo di semplificare al massimo: dati nuovi, e più ampi poteri, agli enti locali, in primo luogo le regioni e i comuni, com'è possibile finanziare queste competenze? Ossia: quale dev'essere l'entità dei trasferimenti finanziari a tali enti? Vi sono due idee al riguardo: 1) lo Stato trasferisce il necessario economico; e, (2) le regioni attingano direttamente ad una parte del gettito fiscale "all'interno dei propri confini"[5]. E questa è certamente la prima botta, benché non ancora definitiva, alla giustizia sociale, e al meccanismo della solidarietà interna tra cittadini dello stesso Stato. Ma, agli occhi dei leghisti non basta ancora. Va rafforzata anche nella sostanza. E come si fa? Il ragionamento seguito dai leghisti e da Tremonti è sostanzialmente lineare: siccome esiste comunque un meccanismo ultimo di perequazione nazionale, che in qualche modo travalica la differenza regionale, e i relativi confini, istituzionali e di competenze, è bene intaccare l'entità di tale fondo perequativo. E come? Basta ritoccare al basso i "livelli minimi garantiti"[6], di modo che lo Stato non possa in alcun modo finanziare in misura equivalente, o superiore, al livello attuale i territori con minor capacità impositiva. Questo vuol dire, molto in breve, "ripartire diversamente le risorse disponibili: meno al Sud più al Nord, meno ai più poveri e di più ai più ricchi"[7].
Siccome i livelli essenziali sono bassissimi, si tratta di uno standard medio nazionale inferiore, e di parecchio, ai livelli attuali, ecco che le risorse attuali vengono tagliate e rimangono, inutilizzate, nelle mani dei territori dove sono costituite, ossia quelli a maggior capacità contributiva.
A questo punto, la separazione in casa tra cittadini è bella che realizzata, oltre che camuffata da attuazione del federalismo amministrativo previsto nell'ultima grande riforma della Carta (2001).
Ovviamente, un discorso di attuazione delle autonomie locali andrebbe posto in tutt'altra maniera, e su basi nettamente differenti, oltre a presentare una complessità non irrilevante, dal calcolo del costo di ogni servizio alla perequazione infrastrutturale, ma al federalismo di casa nostra, ossia il leghismo, va più che bene.
D'altra parte, il leghismo non ha certo il timore di dire quel che davvero pensa, e vuole. Il nuovo motto, infatti, del "prima il Nord" sintetizza efficacemente proprio quest'ordine di idee: i soldi sono di chi li produce.
Peccato che non si riconosca altrettanto che i trasferimenti fiscali al Centro ritornino nella misura del 90% almeno proprio nei territori di origine dato che il Sud importa prodotti e servizi dal Nord.
Pensare allora che la torta sia unica e che l'economia sia un gioco a somma zero è indice anche di miopia, oltreché di egoismo viscerale.
Ma ai leghisti anche questo non importa, al massimo ti diranno, se stufati dalle tue parole, "fora di ball!", come a dire: "tu per me non esisti!".
Chissà se Miglio pensava a questo quando parlava di evoluzione dello Stato ...
(immagine tratta da: http://www.lemiepiante.it/img/germogli77.jpg)
Note
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[1] Mi sono recentemente occupato dell'influenza (velenosa e oltremodo nociva del 'berlusconismo' in un post recente, al quale ovviamente rimando: http://alessandropizzo.blogspot.it/2013/06/berluscones.html.
[2] Cfr. G. Viesti, "Il Sud vive sulle spalle dell'Italia che produce" (Falso!), Laterza, Roma - Bari, 2013, p. 63.
[3] Ibidem.
[4] Ivi, p. 64.
[5] Ivi, p. 68.
[6] Ivi, p. 71.
[7] Ivi, p. 70.
[2] Cfr. G. Viesti, "Il Sud vive sulle spalle dell'Italia che produce" (Falso!), Laterza, Roma - Bari, 2013, p. 63.
[3] Ibidem.
[4] Ivi, p. 64.
[5] Ivi, p. 68.
[6] Ivi, p. 71.
[7] Ivi, p. 70.
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