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venerdì 15 maggio 2015

Caro presidente, le scrivo così m'inganno un po' ...



(ricevuta finalmente la mail di istruzioni alla comprensione da parte del nostro presidente del consiglio dei ministri, ho debitamente provveduto a rispondere #nelmerito. Di seguito, il testo della mail di risposta ...)












Egregio signor Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana,

mi fa piacere aver ricevuto, e finalmente, la sua mail, ma ne dissento nel merito, anzi #nelmerito , sia riguardo al DDL #labuonascuola sia in considerazione della sua qui presente mail pubblicitaria, e per questo motivo ho pensato di riportare gli spezzoni esatti al fine di commentarli, e #nelmerito.



Gentilissime e gentilissimi insegnanti, oggi per la prima volta dopo undici trimestri il PIL italiano torna a crescere. È un risultato di cui dovremmo essere felici, dopo anni di recessione. Ma personalmente credo non basti questo dato: l'unica strada per riportare l'Italia a crescere è investire sulla scuola, sulla cultura, sull'educazione. Non ci basta una percentuale del PIL, ci serve restituire prestigio e rispetto alla scuola.

Vero, ci vorrebbe la restituzione di prestigio alla scuola. Ma come si fa? Senza immettere risorse fresche nel sistema pubblico di istruzione appare difficile riuscire a fare tanto, arduo riuscirvi, impensabile anche solo sperarlo. Peraltro, se il PIL è in crescita perché non rinnovare, e finalmente, il nostro contratto scaduto nel 2009? Infatti, in tutti questi anni abbiamo subito una perdita media del potere d’acquisto del 2%. Quindi, al 2015 siamo cumulativamente al 12% … di conseguenza, sarebbe ora di incrementare le retribuzioni del 12% in più. No? Suppongo che lei non lo vorrà fare. Ma, le chiedo, questo è l’effetto o la causa della perdita di prestigio? Può rispondermi, cortesemente?

Stiamo provando a farlo ma purtroppo le polemiche, le tensioni, gli scontri verbali sembrano più forti del merito delle cose che proponiamo di cambiare. Utilizzo questa email allora per arrivare a ciascuno di voi e rendere ragione della nostra speranza: vogliamo restituire centralità all'educazione e prestigio sociale all'educatore. Vogliamo che il posto dove studiano i nostri figli sia quello trattato con più cura da chi governa. Vogliamo smetterla con i tagli per investire più risorse sulla scuola. In una parola, vogliamo cambiare rispetto a quanto avvenuto fino ad oggi. Dopo anni di tagli si mettono più soldi sulla scuola pubblica italiana.

Sarebbe una buona cosa, ma siamo abituati a sentire questi slogan, queste parole, queste promesse, ne siamo assuefatti. Lei scrive che da ora si #cambiaverso e si mettono più soldi. A questo punto, a mio avviso, sono lecite le seguenti questioni: quali? Quanti? Quando? Dove? Per chi? E, dulcis in fundo, per far cosa?

L'Italia non sarà mai una superpotenza demografica o militare. Ma è già una potenza superculturale. Che può e deve fare sempre meglio. Per questo stiamo lavorando sulla cultura, sulla Rai, sul sistema universitario e della ricerca, sull'innovazione tecnologica. Ma la scuola è il punto di partenza di tutto. Ecco perché crediamo nel disegno di legge che abbiamo presentato e vogliamo discuterne il merito con ognuno di voi.

Con ognuno di noi? L’impressione è che lei, signor Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana, finga di ascoltarci per poi ribadire che è lei a scegliere, a decidere, che si “fa come dice” lei … è o meno un “prendere o lasciare”? Suvvia, siamo seri! Abbiamo presentato in più occasioni mille e più aspetti negativi o irrealistici, e portati avanti #nelmerito da parte di chi vive quotidianamente nella scuola e conosce benissimo lo stato delle cose. Ma i nostri rilievi non sono mai stati presi in considerazione, nemmeno per la consultazione “farsa” sulle linee guida di settembre, e finora almeno … Ma voglio darle, con la mia mail di risposta, un consiglio e riproporli qui di seguito, almeno per quel che concerne gli aspetti maggiormente critici conseguenti alla realizzazione di quanto previsto nel DDL:

1) La modifica dello statuto giuridico della docenza per il tramite di un provvedimento ex lege e senza adeguato, pacato e collaborativo confronto contrattuale (oserei dire, d’imperio!);

2) La cancellazione della titolarità giuridica della sede e la sua sostituzione con un perverso (!) meccanismo di utilizzo temporaneo. Insomma, si vuole introdurre una forma di nomadismo professionale, e su un bacino territoriale potenzialmente enorme (si parla di ruoli regionali, di albi territoriali per province, per reti di scuole, per macro aree …) a tutele decrescenti, con un forte indebolimento del nostro potere contrattuale, esposti al doppio ricatto da parte di dirigenti, liberissimi (a loro totale discrezione) di riconfermare o meno noi docenti in utilizzo nella loro scuola, o comunità, come sembra piacere al Governo eufemisticamente chiamare le istituzioni scolastiche, e le famiglie, chiamate a valutare gli stessi docenti. Tralasciando la pericolosa omissione nel controbilanciare questo stato di cose, non trova strano che a valutare i docenti siano (sia pure: anche) gli stessi alunni che i docenti valutano? Peraltro, parliamo di persone degnissime ma pur sempre digiune di cose di scuola. Come mai allora solo nella scuola si desidera introdurre questo pericolosissimo sistema? Facciamo un esempio: se stesse male di salute, lei si farebbe visitare da un becchino? Non credo. Parimenti, accetterebbe di essere valutato da chi non possiede le competenze adeguate? Eppure, è esattamente questo il sistema che vuole introdurre nella scuola! Caso unico in Continente. Questo non è merito, e tantomeno discutere #nelmerito, e non è nemmeno valorizzazione delle risorse umane. È solo propaganda, quella di bassissima lega!;

3) L’organico di diritto viene soppiantato da un elenco di docenti iscritti in un albo territoriale, dal quale il dirigente sceglie senza vincoli o limiti chi reputa adatto per la “sua” scuola. Ma mi, e le, chiedo: allora, per quale motivo un dirigente dovrebbe scegliere una collega in età fertile, ben sapendo che magari si assenterà per un’eventuale maternità? E perché mai dovrebbe riconfermarla terminati i tre anni (di prova)? Lo stesso discorso per un/a collega gravemente ammalato/a: perché mai dovrebbe utilizzarlo/a? O riconfermarlo/a? E mettiamo il caso di un/a collega che deve assistere un/a figlio/a disabile. Perché un dirigente dovrebbe sceglierlo/a? A che pro? E tutti coloro che si trovano nella spiacevole condizione di dover assistere un parente ammalto e in assenza di altre soluzioni? Quale dirigente li sceglierà mai per la propria scuola se li considererà non utili alla (sua, non della scuola) causa? Diciamolo apertamente, e senza ideologia: che fine faranno a quel punto i diritti soggettivi delle persone? Le tutele? Le garanzie? La chiamata diretta cancella tutto questo, esponendo le persone all’arbitrio della scelta discrezionale ed inappellabile del dirigente. Non tener conto di esperienza maturata, gli “odiati” titoli di servizio, della formazione in servizio maturata, gli “odiati” titoli culturali, delle esigenze di famiglia, le “odiate” esigenze (ricongiungimento a coniuge; ricongiungimento a figli; ricongiungimento a familiari; precedenze; e così via), significa trasformare la docenza in mera forza lavoro. D’altra parte, è lo stesso DDL #labuonascuola a dire nero su bianco che la proposta di impiego può anche non corrispondere a prestazioni inerenti all’insegnamento. Quindi, per esempio, anche per “aprire” la scuola il pomeriggio. Oppure, per “curare il giardino” della scuola. O per “pulire i bagni”, a questo punto, e via discorrendo. Non si chiama demansionamento tutto questo? Per me, a mio onestissimo oltre che modestissimo parere, è una profonda, radicale e definitiva dequalificazione professionale! A quel punto, noi docenti, non saremmo più dei professionisti della conoscenza, ma meri esecutori materiali delle decisioni del dirigente. Non trova? Non le pare? Non concorda? Eppure, questo è un discutere #nelmerito. Quando si presenta una riforma, sono questi gli esempi, le conseguenze, gli effetti da tener in considerazione, ed eventualmente da comunicare. Non la sciocchezza delle assunzioni (150mila, 100mila, 40mila, 60mila, e così via!). Noi non siamo contrari alle assunzioni in ruolo, come non siamo contrari alla riforma in linea di principio. Riforma sì, ma non così! Il ricatto (o l’intero pacchetto o non assumiamo) non lo accettiamo. Peraltro, per la Costituzione l’insegnamento è libero, ma la sua libertà viene estorta ai docenti e consegnata in toto al dirigente al quale, così recita il DDL, è responsabile (anche) delle scelte didattiche … solo che poi il docente viene chiamato a render conto del loro mancato funzionamento … allora, o siamo noi a decidere, e quindi a risponderne, oppure è il dirigente a decidere, e quindi (anche) a risponderne. E invece no! Si complica la struttura gerarchica verticale, si aumentano le imposizioni, il peso di potere, ma si sottrae ai docenti la possibilità stessa di fare bene il proprio lavoro, e gli si chiede invece di occuparsi d’altro, di cooperative games, di stages, di sorveglianza, di somministrazione, correzione e comunicazione dati statistici all’invalsi, istituto composto da quei signori che non mettono piede in una classe e che ignorano, o preferiscono ignorare, come funzionino le cose … questa, beninteso, e a queste condizioni, non è più docenza, ma manovalanza di bassa lega. Insomma, siamo insegnanti o badanti, baby sitters, secondini, vigilanti? Questa non è valorizzazione e nemmeno restituzione di prestigio …

Intendiamoci. Non pensiamo di avere la verità in tasca e questa proposta non è “prendere o lasciare”. Siamo pronti a confrontarci. La Buona Scuola non la inventa il Governo: la buona scuola c'è già. Siete voi. O meglio: siete molti tra voi, non tutti voi. Il nostro compito non è fare l'ennesima riforma, ma metterci più soldi, spenderli meglio e garantire la qualità educativa.

A prescindere dal bizantinismo per cui prima ci loda perché nonostante tutto, con i soffitti che cadono addosso e con le malattie professionali che i governi non vogliono riconoscerci, mandiamo lo stesso avanti la baracca, che sopravvive giorno dopo giorno solo grazie a noi (e agli altri operatori scolastici che però sono bellamente ignorati dal DDL), mica per capacità dirigenziali, e dopo precisa che siamo solo in molti a fare il nostro dovere, mentre c’è una parte che non lo fa (quindi, anziché premiarci in blocco, preferisce forse punirci in blocco, sperando di colpire magari gli unici docenti incapaci, inetti, deplorevoli, infedeli del sistema pubblico di istruzione?), mi preme svolgere un discorso più esteso #nelmerito di questo suo paragrafo. Scrive di volerci mettere più soldi e noi siamo davvero in loro trepida, tiepida quanto non anche bisognosa attesa. Purtroppo, però, il DEF proroga il blocco dei contratti, degli scatti, delle perequazione, e le risorse complessive del comparto sino al 2021. Allora delle due l’una: o ci mettiamo più soldi, e, quindi, affermiamo che lo facciamo, oppure non è affatto vero che vi immettiamo più soldi, e, allora, non lo affermiamo. La domanda, pertanto, sorge quanto mai spontanea, oltre che opportuna: a che gioco stiamo giocando? Ce li mettiamo davvero? Oppure li promettiamo solamente? E intanto noi docenti dovremmo mandare giù l’amaro calice? Il gioco, però, a conti fatti non mi pare valere la candela! Mi piacerebbe anche conoscere quale sia il gioco reale al quale, più o meno consapevolmente, stiamo partecipando. Più soldi devono essere più soldi, soldi veri nelle nostre tasche, a rimpinguare i nostri conti correnti, a rafforzare le nostre retribuzioni, a rinsaldare la nostra autostima, davvero sotto i tacchi, ad aumentare le nostre buste paga! E non soldi ipotetici o promessi e poi non concessi per sopraggiunte clausole di salvaguardia o per motivi di forza maggiore. D’altra parte, mi è parso di capire che il PIL è in risalita. Allora, perché non investire di più e davvero per migliorare la qualità del servizio reso. Lo farete? Non so perché, ma azzardo un’ipotesi: mai! J D’altro canto, un provvedimento come quello del blocco del rinnovo del contratto e del blocco degli scatti, ora anche della rivalutazione dell’indennità da vacanza contrattuale, che nasce come provvedimento d’emergenza, e, dunque, transitorio e temporaneo, sembra essere diventato permanente e duraturo, vale a dire strutturale! Ogni volta ci dite che sarà l’anno del rinnovo, ma poi immancabilmente ci dite che non ci sono le risorse e che, in fin dei conti, stiamo bene così. Caro Presidente, sicuramente sa a quanto ammonta lo stipendio iniziale di un docente di scuola dell’infanzia. Ritiene tale retribuzione adeguata alla formazione raggiunta? Degna per condurre un’esistenza dignitosa? Diciamolo apertamente, lei rinuncerebbe alle sue indennità per la funzione che svolge per ricevere lo stipendio lordo (al personale, non allo Stato, come ideologicamente sbandierato nelle famigerate linee guida di settembre) di una collega dell’infanzia? O della primaria? Non sorrida, piuttosto mi risponda, e seriamente! Non recita forse la Costituzione che il dipendente ha diritto a retribuzioni dignitose? E allora come mai, al contrario, preferite affamarci? Esasperarci? Irriderci? Prenderci per mentecatti? Perché è questo che proviamo, questo che sentiamo, questo il messaggio istituzionale che ci inviate. È quello che volete? Io vorrei tanto, almeno per una volta, un ministro dell’istruzione che venisse dal mondo della scuola, e che, quindi, la conoscesse per davvero, che sapesse come pesa il nostro mestiere e come sia divenuto difficile in una società conflittuale e con dirigenti incapaci! E non sempre il solito accademico che, a malapena, se la ricorda, quella di cinquant’anni fa, molto diversa da quella di oggi. E mi piacerebbe anche che quando alla televisione succede qualche fatto inerente alla scuola si intervistasse un docente, e non sempre un dirigente, magari manco di quella scuola, un polemista e uno scrittore! Invece, ci proponete, ed imponete, lo stesso canovaccio, sempre un accademico, sempre rinviii, sempre promesse di maggiori risorse, fondi ovviamente virtuali, e mai davvero nelle nostre tasche per poter vivere meglio.

Per questo con il progetto La Buona Scuola:

I. Assumiamo oltre centomila precari. Ovviamente chi non rientra nell'elenco si lamenta, quelli del TFA non condividono l'inclusione degli idonei del 2012, quelli della GAE chiedono di capire i tempi, quelli del PAS fanno sentire la propria voce. Tutto legittimo e comprensibile. Ma dopo anni di precariato, questa è la più grande assunzione mai fatta da un Governo della Repubblica. E non è vero che ce l'ha imposta la Corte di Giustizia: basta leggere quella sentenza per capire che la Corte non ci ha certo imposto questo.

II. Bandiamo un concorso per altri 60 mila posti il prossimo anno. Messa la parola fine alle graduatorie a esaurimento si entra nella scuola per concorso. Ma i concorsi vanno fatti, non solo promessi. Altrimenti si riparte da capo.

III. Mettiamo circa quattro miliardi sull'edilizia scolastica. Ancora non sono sufficienti a fare tutto, ma sono un bel passo in avanti, grazie anche all'operazione Mutui BEI che vale circa 940 milioni di euro. Costruire una Buona Scuola passa anche dai controsoffitti e dagli infissi, non solo dalle previsioni normative. É il più grande investimento in edilizia scolastica mai fatto da un Governo della Repubblica.

Dove sono, signor Presidente? Dobbiamo aspettare qualche crollo? Qualche decina di morti? Che qualche docente indecente ci lasci le penne? E perché non tutelare, e finalmente, la salute dei dipendenti? Ci sono scuole e classi nelle quali si deve avere paura di entrare. Eppure, il nostro datore di lavoro, ovvero il Ministero dell’Istruzione, non mostra alcun interesse né mette in atto tutte quelle iniziative di tutela della salute del dipendente che la legge gli imporrebbe. E mi riferisco sia ai pericoli da esposizione ad agenti patogeni e chimici sia allo stress da lavoro correlato. Non le risulta? Non sa cosa sia? Nella sua finzione ideale della miglior condizione possibile di lavoro, ossia il liceo del quartiere bene della grande città, non riesce ad immaginare che esistano le classi prime di qualche istituto professionale o tecnico di periferia? Là dove vanno gli alunni “peggiori”? Quelli difficili? Problematici? Con alle spalle contesti familiari sui quali glisso per pudore? Ha mai immaginato di insegnare in tali classi? Riesce ad immaginare cosa significhi insegnare in quei gironi infernali? Si sforzi un po’ … ed immagini giornate passate a “lottare”, spesso non solo metaforicamente, con loro, con questi alunni, in questi contesti. E poi immagini lo stato interiore del suo dipendente. Le tachicardie. Le ansie. La depressione. La paura. Lo stress. Il burnout. La sensazione perdurante di risultare inadeguato. Ma chi in tali casi non lo è? Eppure se il docente si rivolge al proprio dirigente, quest’ultimo, nel chiuso del suo ufficio dorato e fortificato, fa spallucce e conclude amaro e irriguardoso, ma forse anche con compiacenza malcelata, “se non riesce a tenerli a bada, è solo colpa sua”. E non serve obiettare che saremmo docenti, e non palestrati buttafuori! Già, qualunque cosa accade, è sempre e solo colpa del docente. Ma del suo stato psicologico chi si prende cura? L’ASL se ne infischia. Il Ministero se ne impippa. Il dirigente non se ne occupa. E lei scrive di cambiar verso? Di invertire la rotta? Ora mi scrive pure di voler curare l’edilizia scolastica? Ammesso, e non concesso, che sia vero, la domanda da porle è sempre la seguente: quando avverrà tutto questo? Anche perché, a voler esser sincero, mi sfugge il bisogno di inserire questo provvedimento di intervento nell’edilizia scolastica, ma non nella tutela della salute del lavoratore, in un DDL … a lei non suona strano? Nemmeno a sua moglie?

IV. Diamo più soldi agli insegnanti. Ci sono 40 milioni di euro per la vostra formazione. A questi si devono aggiungere 500 euro netti a testa per la Carta del Professore: musica, libri, teatro, corsi per pagare ciò che ritenete utile per aiutarvi nella vostra crescita culturale. E ci sono 200 milioni di euro per il merito. Possiamo discutere sui criteri con cui applicare il merito, ma questi soldi non possono essere dati in parti uguali a tutti.

L’ho già scritto sopra, lo ribadisco ora: si tratta di soldi reali o virtuali? E, allora, perché non caricarli direttamente in busta paga al lavoratore, lasciando a quest’ultimo almeno la libertà di scegliere in cosa e come migliorare la propria formazione? La natura limitata del provvedimento, a mio modesto avviso, svela la natura solo “teorica” dello stesso: intanto si promette, poi si vedrà … o forse che non rientri anche questa promessa nella logica perdurante di tutto il DDL, ovvero di indorare un’amara pillola? Un boccone avvelenato, sotto tutti i punti di vista?

V. Attuiamo l'autonomia. Dopo anni di ritardi completiamo il disegno dell'autonomia attribuendo libertà educativa e progettuale alle singole scuole e impedendo alle circolari ministeriali di governare in modo centralistico gli istituti. Si rafforzano responsabilità (e conseguenti valutazioni) del dirigente scolastico che non è certo uno sceriffo ma un primus inter pares dentro la comunità educativa.

Se il dirigente sceglie la sua squadra, caro presidente, non è mai un primus inter pares, ma solo un despota. E le clausole lessicali avanzate sotto forma di emendamenti non modificano la natura del provvedimento, alla base del DDL stesso, e, dunque, il giudizio negativo che si ha dello stesso. Insomma, l’autonomia deve privilegiare la dimensione della cooperazione e collaborazione leale, oppure la dimensione burocratica e verticistica della natura del potere politico? Ha poi pensato per un attimo alle ripercussioni clientelari, corruttive e meschine cui si espone il mondo scolastico con questo primato dirigenziale? Secondo me no, ma non per miopia, solo per materiale disinteresse. Un dirigente dotato di arbitrio, e deresponsabilizzato rispetto al dovere render conto delle sue stesse scelte, non vincolato cioè a criteri oggettivi e trasparenti (come p.e. il punteggio di servizio maturato oppure le esigenze familiari oppure ancora i titoli culturali conseguiti …), diverrà di colpo soggetto a pressioni territoriali ed ambientali formidabili. Avremo la pressione politica, la pressione sindacale, la pressione familiare, la pressione criminale, la pressione straccionesca, e così via! In un Paese, il Nostro, che registra i più alti livelli di corruzione … s’immagina la scena? Ci provi! Ecco la fiumana di questuanti che premono sull’ufficio del dirigente … li vede? No? E allora immagini la scena a casa dello stesso … peraltro, a questo punto, è lo stesso dirigente che diventa ricattabile ed insicuro. Sì, ha letto bene. Ora immagini il docente non riconfermato nella stessa sede per motivi futili, e non professionali, com’è, secondo lei? Felice? Arrabbiato? Disperato? E cosa fanno i disperati, anche se hanno studiato? Povero quel dirigente! Sarà esposto a pericoli personali e la colpa sarà del suo governo!

VI. Realizziamo la vera alternanza scuola-lavoro. Abbiamo il 44% di disoccupazione giovanile e un preoccupante tasso di dispersione scolastica. Segno evidente che le cose non funzionano. Replichiamo le esperienze di quei Paesi come Germania, Austria e Svizzera che già sono presenti sul territorio nazionale in Alto Adige con il sistema duale, puntando a un maggior coinvolgimento dei ragazzi nelle aziende e ad un rafforzamento delle loro competenze.

VII. Educhiamo cittadini, non solo lavoratori. L�emergenza disoccupazione giovanile va combattuta. Ma compito della Buona Scuola non è solo formare lavoratori: è innanzitutto educare cittadini consapevoli. Per questo reintroduciamo spazio per la musica, la storia, l�arte, lo sport. E valorizziamo la formazione umanista e scientifica.

Cittadini consapevoli … mah!

VIII. Affidiamo a deleghe legislative settori chiave. Ci sono temi su cui da decenni si aspetta un provvedimento organico e che finalmente stanno nelle deleghe previste dal testo. In particolar modo un maggiore investimento sulla scuola 0-6 e gli asili nido, sulla semplificazione normativa, sul diritto allo studio, sulla formazione iniziale e l�accesso al 
ruolo degli insegnanti.

Le deleghe, altro punto dolente! L’impressione che ho, leggendo il DDL, è che sia solamente un contenitore vuoto la cui funzione sia attivare delle deleghe “in bianco” al Governo. Anche per modificare, in sede non contrattuale peraltro, il Testo Unico e gli orari del servizio. D’altra parte, non avrebbe senso prevedere l’apertura pomeridiana degli istituti senza una revisione del monte orario dei docenti, no? E così si arriverà al risvolto di bilancio della riforma (l’anello mancante tra vostra testardaggine e la rivolta di piazza): aumentare gli orari di servizio almeno sino a 36 ore settimanali a saldi invariati! Il che significa, detto altrimenti, operare un colossale e mascherato taglio lineare alle retribuzioni! E, secondo lei, noi dovremmo accettarlo perché ci promette 500 milioni virtuali in card per formarci? E, mi scusi, ma con 36 ore settimanali di servizio, vale a dire sette ore nette al giorno la settimana, quando avremmo il tempo per formarci? Per seguire un master? Per leggere un buon libro? La notte? Non possiamo accettare tali deleghe né tantomeno che la parte datoriale modifichi le regole della nostra professione senza chiedercelo e, per giunta, imponendocele dall’alto. Sempre più il suo governo ha cercato di metterci contro l’opinione pubblica, criticando le giuste rivendicazioni sindacali, ma il punto è che la scuola che ci propone è una scuola autoritaria, dispotica, impositiva, complessa, conflittuale, precaria, povera …

A questo punto, però, mi sorge un dubbio: ma l’autonomia non era già attiva? Già realizzata? So cosa dicono i dirigenti e i loro sindacati, però l’autonomia ha preso avvio il 1 settembre 2000. Ora, si prevede di tornare indietro alla l. n. 59 del 1997 … un inedito ritorno al passato? Un salto carpiato nel vuoto? E cos’è, nello specifico, anzi #nelmerito, questa autonomia? Sa, scorrendo il testo del DDL, emerge come non si guardi affatto all’autonomia della singola istituzione scolastica, ma all’autonomia dei dirigenti e, entro stretti limiti, della sua correlata coorte di meritevoli (o lecchini, dipende) … Un dirigente così dispotico ed autonomo, sarebbe, a suo dire, a suo parere, a sua convinzione, un primus inter pares? Suvvia, un po’ di saggezza umanistica (non: umanista; è un errore, licenzi il collaboratore che gliel’ha scritto!), come si fa a sostenerlo? Con quale pudore? O faccia tosta? Tra l’altro, non capisco: non vuole dare a noi docenti più soldi in busta paga (e non a tutti). Però, lo stesso DDL aumenta, e a pioggia, le retribuzioni di tutti i dirigenti … insomma, chi viene premiato davvero nella (nuova) scuola autonoma? Chi viene valorizzato? Il prestigio di chi viene portato avanti? Mi sembra, e decisamente, non quello dei docenti, ma quello dei … scommettiamo che indovina?

Ho letto tante email, appassionate, deluse, propositive, critiche. Mi hanno aiutato a riflettere, vi sono grato. Leggerò le Vostre risposte se avrete tempo e voglia di confrontarvi. Da subito posso fare chiarezza su alcune voci false circolate in queste settimane:

- Le aziende non hanno alcun ruolo nei consigli di Istituto;


- I giorni di vacanza non si toccano:

- Nessuno può essere licenziato dopo tre anni;

- Il preside non può chiamare la sua amica/amico, ma sceglie tra vincitori di concorso, in un ambito territoriale ristretto.

Quindi, in soldoni, è il dirigente che sceglie o il consiglio di istituto, caro Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana? E tra i vincitori di concorso non può mai esservi la figlia? La moglie? La cugina? L’amico? L’amante? Il parente? L’amico dell’amico? Il figlio dell’azienda che ha svolto i lavori di manutenzione? La nipote del titolare della ditta che s’è aggiudicato l’appalto? La figlia dell’amministratore della società privata che finanzia la scuola autonoma? E così via discorrendo … suvvia, mi dia, #nelmerito, prova sensata di immaginazione realistica riguardo a quel che potrà accadere con il clientelismo assurto a regola pubblica del sistema di servizio pubblico di istruzione!

C'è un Paese, l'Italia, che sta ripartendo. Con tutti i nostri limiti abbiamo l'occasione di costruire un futuro di opportunità per i nostri figli. Sciuparla sarebbe un errore. Conosco per esperienza di padre, di marito, di studente l'orgoglio che vi anima, la tenacia che vi sorregge, la professionalità che vi caratterizza. Mentre scrivo sul computer scorrono nella mente i volti e i nomi dei professori che mi hanno accompagnato come credo accada spesso a ciascuno di voi: le storie di chi all'elementare Rodari, alla media Papini, al Liceo Dante si è preso cura della formazione mia e dei miei compagni di classe. Un professore collabora alla creazione della libertà di una persona: è veramente una grande responsabilità. Vi chiedo di fare ancora di più: darci una mano a restituire speranza al nostro Paese, discutendo nel merito del futuro della nostra scuola. Il nostro progetto non è “prendere o lasciare” e siamo pronti a discutere. Ma facciamolo nel merito, senza la paura di cambiare. L'Italia è più forte anche delle nostre paure.

Il punto, caro signor Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana, non sono le paure, ma quel di negativo che questo DDL porta con sé e mette nero su bianco. Tra le altre cose, mi sfugge ancora la paternità di questo suicidio politico: chi domani di noi docenti italiani umiliati, offesi, presi in giro, impoveriti, voterà più per lei o per la sua compagine politica? Insomma, chi ve l’ha fatto fare? Bruxelles? Banca d’Italia? Confindustria? Certi settori neoliberal nostrani? O quella malintesa vulgata italiota di New Public Goverment (riconosce la gustosa citazione? Mi piace citarla, è #verybello …)? E tra l’altro, lo ribadisco, questo DDL è estraneo alle altre di per sé deliranti misure previste nelle linee guide settembrine, quindi chi e perché lo ha tirato fuori dal cilindro? E come dovremmo, noi docenti, intendere la vostra chiusura, testardaggine, ottusità? Sono certo che lei, qualora lo volesse, potrebbe e saprebbe illuminarmi e illuminarci. Ma al di là di qualche slide, o di qualche cifra sparata alta per impressionarci ed abbagliarci, o di qualche nostra ben congegnata parodia con tanto di lavagna di ardesia (se, tuttavia, lavorasse a scuola, e nelle scuole difficili che ho in mente, certamente saprebbe che il più delle volte mancano i gessetti … figuriamoci poi quelli colorati!) sembra che i suoi consiglieri di marketing non sappiano/vogliano fare … di conseguenza, a noi lavoratori non resta che fare una cosa sola: resistere, resistere, resistere!

Cordialmente,

un vituperato dipendente della scuola pubblica italiana.

Aspetto le Vostre considerazioni. Intanto, buon lavoro in queste settimane conclusive dell'anno scolastico.

… e proprio in conclusione del presente anno scolastico …

Molto cordialmente, 

Matteo Renzi

matteo@governo.it <mailto:matteo@governo.it>

giovedì 16 aprile 2015

Petizione contro DDL "La Buona Scuola"


Firma anche tu la petizione contro il DDL chiamato famigeratamente "La Buona Scuola". Salva anche tu la scuola pubblica italiana dal progetto dissennato di aumentare a dismisura i poteri dei dirigenti e di violare la libertà d'insegnamento e di mobilità dei docenti. Fai una scelta libera. Scegli la libertà della scuola da padroni autoritari e senza vincoli ...

... in 63mila l'abbiamo già fatto, dai il tuo contributo!

Qui il link, di seguito il testo della petizione.

Ill.mo Presidente della Repubblica
On. Sergio Mattarella
Palazzo del Quirinale
00187 Roma
Signor Presidente,
siamo docenti di ruolo e docenti precari della Scuola Pubblica Italiana, membri di diversi gruppi fra loro collegati (non solo in rete), che in questi giorni vivono uno stato d’animo tormentato a causa del Disegno di Legge di Riforma Scolastica che sta per essere esaminato alla Camera dei Deputati.
Ci appelliamo a Lei e al Suo ruolo di Garante della Costituzione affinché siano messi in luce gli evidenti profili di incostituzionalità di quella proposta, che andrebbero a ledere in maniera definitiva e drastica la Scuola della Repubblica.
Il nostro è un urlo accorato, “dal basso”, di professionisti e lavoratori che prefigurano uno scenario clientelare, privatizzante, aziendalistico dell’Istituzione che rappresentiamo.
Consapevoli della Sua attenzione per una materia così delicata e vitale per il nostro Paese, ci permettiamo dunque di segnalarLe alcuni dei punti più critici.
Conferire al Dirigente Scolastico il potere di scelta dei docenti, istituendo albi regionali che di fatto li precarizzano, violerebbe non solo i diritti acquisiti di quei docenti, ma anche l’art. 33 Cost., secondo il quale “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. La libertà d’insegnamento, infatti, implica un’autonomia didattica e metodologica che non potrebbe essere più garantita nel momento in cui, come pretende la Riforma, si aumentasse la discrezionalità del Dirigente Scolastico fino al punto di consentirgli la selezione della sua “squadra”, scegliendo un docente rispetto a un altro in base a criteri meramente soggettivi.
Con ciò verrebbero meno i presupposti minimi di oggettività e di merito su cui dovrebbe essere improntata l’azione del pubblico impiego, specie in un settore così delicato, come quello dell’istruzione, preposto alla formazione delle persone e dei cittadini.
Verrebbero meno, inoltre, i principi di imparzialità e di buon andamento della Pubblica Amministrazione, come sancito dall’art. 97 Cost. Il che non significa assenza di orientamento, perché non è preclusa ai funzionari pubblici la possibilità di esprimere valutazioni discrezionali, ma ciò deve avvenire nella piena osservanza della legge e senza discriminare i soggetti coinvolti.
Il principio di imparzialità, del resto, non si applica solo all’attività della P.A. (divieto di discriminazione), ma anche alla sua organizzazione: i concorsi pubblici, infatti, servono proprio ad evitare il formarsi di una burocrazia che miri a scopi personali anziché all’interesse generale. 
Come vede, si tratta di principi essenziali, di democrazia e trasparenza, che con l’approvazione del DdL non sarebbero più garantiti.
Signor Presidente, la scuola non è un’azienda e, per la sua stessa natura di “comunità”, necessita di una gestione partecipativa e non verticistica.
Quando si parla di maggiori poteri dei Dirigenti Scolastici, ci si dimentica che costoro sono a capo di un’istituzione che eroga un servizio educativo, formativo, civico.
Nei comunicati governativi leggiamo: “I dirigenti scolastici diventano leader educativi con strumenti e personale adeguati per il miglioramento dell’offerta formativa”. Si parla di un preside-sindaco, che avrà facoltà di scegliersi lo staff, nominare i docenti mentori, presiedere il nucleo di valutazione, gestire con chiamata diretta l’organico. Ma a chi risponderanno del loro operato? Chi vigilerà sui possibili abusi? E, soprattutto, a chi gioverà una tale concentrazione di poteri?
Si ha l’impressione che tutto questo finirà per minare la collaborazione all’interno del corpo docente, tratto essenziale per la buona riuscita del rapporto apprendimento-insegnamento. E viene da chiedersi che senso ha avuto, nei mesi scorsi, espletare una consultazione con i cittadini, con i docenti e con i dirigenti, se poi di quelle risposte e di quelle proposte non è stato comunicato alcunché. E’ questo il livello di serietà e di trasparenza che ispira chi ha redatto quel Disegno di Legge?
Signor Presidente, Le chiediamo di dare voce alle nostre voci, di lasciare che i lavoratori della Scuola si esprimano.
La preghiamo pertanto di concederci un’udienza per precisare le nostre ragioni.Alleghiamo alla presente un foglio di firme puramente indicativo e incompleto. E’ circolato solo pochi giorni perché, visto l’imminente avvio dell’iter parlamentare del DdL, ci premeva informarLa tempestivamente dei gravi pericoli che Le abbiamo rappresentato.
Certi della Sua comprensione e in attesa di una Sua cortese risposta, Le auguriamo buon lavoro e Le porgiamo un distinto saluto.
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mercoledì 10 settembre 2014

Vademecum per un insegnante efficace

Gira sui social media la seguente immagine, graziosa in sé, per carità, su quali pratiche e quali comportamenti un docente dovrebbe assumere, sia in pubblico che in privato, per risultare alla fine un insegnante efficace. 


Un elenco, a suo modo "sintetico", di buone prassi capaci, forse di per sé sole, di rendere un insegnante un bravo insegnante, vale a dire un insegnante efficace, o, com'è facile e in voga dire oggi in Italia, meritevole.
Bene, quali sono questi 27 modi additati? Elenchiamoli di seguito:

1. Crea una prospettiva globale;
2. Incoraggia gli studenti a porre domande;
3. Non mascherare o coprire i dubbi degli studenti;
4. Garantisci agli studenti tutti gli strumenti per il loro successo;
5. Dormi sano e riposa bene;
6. Segui una dieta sana;
7. Non alzare la voce, keep the calm;
8. Supporta gli studenti a lungo;
9. Cresci assieme alla classe;
10. Keep the network con i migliori insegnanti;
11. Mantieni i contatti con le famiglie;
12. Informati sulle migliori strategie di insegnamento;
13. Garantisci sicurezza con le tue lezioni;
14. Mantieni alto il tuo livello di energia;
15. Scopri i talenti di ciascun alunno e coltivali;
16. Indaga sulle nuove scoperte con la classe;
17. Integra con la musica all'interno della classe;
18. Sfida i tuoi studenti un po' oltre le loro capacità;
19. Incoraggia l'esternazione del pensiero;
20. Consenti ai tuoi alunni di esprimersi con l'arte;
21. Lascia che gli alunni cancellino 'ieri' con un pulito e nuovo 'oggi';
22. Integra con i social media;
23. Premia i grandi tentativi;
24. Sperimenta con gli alunni;
25. Scarica una lezione per svolgere attività di gruppo;
26. Chatta in ambienti sicuri con gli alunni;
27. Consenti l'apprendimento tra pari.

Bene, cosa possiamo dire a questo punto dopo aver scorso l'elenco di ben 27 modi di insegnamento efficace? La prima impressione è che sia un elenco di desiderata scritto non da docenti o educatori, ma dagli alunni stessi. Infatti, se i modi (1) - (3), (11), (16), (18), (19), (21), (23) sono modalità già realizzate normalmente dal docente in classe, curiosi appaiono i modi (5) - (7) i quali entrano nella vita privata del docente pretendendo di dire cosa il docente dovrebbe fare a casa nel suo tempo libero. Piuttosto, eversivi appaiono, invece, i modi (4) - (9) in quanto sottomettono la funzione stessa dell'insegnante ai bisogni non formativi degli alunni, giustapponendo sullo stesso piano il docente e gli alunni, come se l'apprendimento e/o l'educazione non si collocassero, all'esatto opposto, su posizioni differenti. Il docente non è il compagnone o l'amicone o l'adolescente troppo cresciuto della classe, è un adulto investito di una precisa responsabilità, avere cura dei minori a lui affidati, e una precisa funzione, guidare nei processi formativi. Il rapporto tra il docente e la classe non è mai paritario, per definizione non può esserlo, è decisamente asimettrico, altrimenti non è più un rapporto formale e formativo, ma informale e "da passatempo".

Ma c'è di più. Infatti, i modi (10) - (14) esprimono critiche abilmente dissimulate allo stereotipo del professore: autoreferenziale; spocchioso; non disponibile al dialogo; arretrato; debole. Un insegnante da libro cuore, cioè, non i leoni oggi in cattedra. Forse anche per questo tanto invisi agli alunni, in quanto allergici alla loro omologazione a parti "cresciutelle" della classe.

Il modo (15) mi appare pleonastico, ma la sua elencazione esplicita mi dà da pensare. Forse, l'estensore di questi modi teme o pensa che il docente non faccia normalmente ciò? Delle due l'una: o è in mala fide o desidera un impossibile non meglio specificato.

I modi (17), (20) e (22) sono addirittura comici dal momento che prefigurano un idealtipo di docente che dovrebbe non utilizzare altri strumenti per meglio entrare in sintonia con i propri alunni, ma utilizzare questi ultimi tout court, come se l'insegnante efficace fosse quello che rappeggia in classe o che chatta con i social network o che accetta ed apprezza qualsiasi tentativo artistico dei propri alunni. Dov'è il fatto educativo in tutto ciò? Semplice, a mio modesto avviso, non c'è, e non può esserci perché questi modi rispondono al medesimo sogno proibito dell'alunno medio, vale a dire un docente meno docente e più immaturo, una figura meno adulta e più "spassosa", un educatore meno rompi e più "scialo". Noi non dobbiamo affatto abolire la distanza generazionale, anche perché non è nostro compito, peraltro nemmeno auspicabile, ma dobbiamo farcene carico in un'ottica di gestione degli effettivi bisogni formativi degli alunni. Solo all'interno di questa cornice, si potrebbe pensare ad un'integrazione complementare che integri i modi (17) e (22). Ed anche il modo (26).

I modi (24), (25) e (27) mi paiono mere repliche di attese espresse in precedenza sotto altra forma, e che rispecchiano appieno, oltre il più ragionevole dubbio, la mano adolescente che si cela dietro, e che vagheggia un superamento mitico, oltre che onirico, dello stesso fatto educativo.


Se poi mi sbaglio, ed è una mano adulta, le pongo le seguenti questioni:

1) come mai l'immagine di insegnante destinatario di questo elenco di 27 modi di insegnamento efficace è stereotipata oltre che fortemente monistica?
2) come mai questo elenco di 27 modi di insegnamento efficace dimentica colpevolmente la natura duale del rapporto d'insegnamento? Non basta, a mio modesto modo di vedere, e sulla base della mia seppur breve e fragile esperienza, mettere in campo da una sola parte uno soltanto o tutti assieme dei 27 modi qui elencati. Se la classe, fatta di alunni e insieme complesso di precise relazioni interpersonali, è refrattaria o demotivata o insensibile o estranea o interessata ad altro, l'insegnamento non sarà mai efficace.
3) perché l'insegnante deve essere efficace mentre l'alunno può restare quello che è? E non essere, a sua volta, un buon alunno? Un alunno educato? Uno studente efficace? Purtroppo, nel nostro Regno si dimentica con troppa facilità che gli studenti non sono tutti uguali e che la maggior parte è del tutto estranea alla formazione/educazione. Una classe di maleducati non sarà mai una classe di studenti efficaci. O una classe difficile non consentirà mai ad un insegnante di mettere in campo uno solo dei 27 modi qui indicati. Nemmeno quelli che spudoratamente pretendono di dire cosa l'insegnante deve mangiare o fare nel suo tempo libero. Anche l'alunno dovrebbe dormire e mangiare bene. Ah, questo non si può dire? E allora come mai si trascura bellamente il fatto che quello dell'insegnante è solamente un lavoro, beninteso bellissimo e nobilissimo, ma pur sempre un mestiere, e mai l'unica ragione di vita dei diretti interessati? E, invece, si continua a perpetuare la visione collettiva di questo lavoro come mission, vale a dire come professionalità povera ma che non termina mai, nemmeno quando la campanella segna la fine delle lezioni, anche a casa, anche a letto, anche quando per quelle ore non si è malamente retribuiti? Perché? Sarebbe bello, oltre che utopico, o distopico, rispondere a questa domanda.

Dopo aver letto questo elenco, mi rendo conto di quanti danni abbia fatto alla scuola Robin Williams, o il suo personaggio ne L'attimo fuggente. Il docente non è il compagno di classe degli alunni, se lo è siamo di fronte al fallimento professionale oltre che umano di quest'ultimo. 


Ai colleghi dico solo questo: resistiamo! Resistiamo! Resistiamo! Resistiamo! 


Anche a costo che ci tirino addosso gli zaini, le sedie o i banchi, anche a costo di finire al pronto soccorso ed essere considerati dei "bugiardi" dagli stessi responsabili, anche a costo di non essere ben visti dal dirigente, impegnato a far vedere quanto è bravo lui a dirigere sulla base dell'aumento delle iscrizioni (e che qualità s'iscrive!!!), e che ti dice "ma lei ha sbagliato! Doveva prevedere e prevenire la reazione!", anche a costo di non essere creduti dai colleghi, anche a costo di andare all'INAIL per espletare le pratiche di infortunio sul lavoro.

Resistere! Resistere! Resistere!

Sarebbe bello se al posto di asettiche e burocratiche linee guida, un ministro scendesse per un attimo, per un'ora, per una volta soltanto, in trincea, a toccare con mano di quante lacrime, sudore e sangue consta la nostra professione, inefficace il più delle volte perché l'utenza è quella che è, perché inefficace è appunto l'utenza, perché impossibile sovente è l'aria che si respira in classe. 


Lo so, non accadrà mai, altrimenti la politica dei tagli lineari non sarebbe più possibile, dato che, all'esatto contrario, bisognerebbe investire di più, molto di più, nella scuola, e nel personale, ma è comunque bello lasciarsi cullare da questo sogno!

E allora: resistiamo! Resistiamo! Resistiamo!


martedì 18 febbraio 2014

Colloquio con il capo ...



Stamane mi sono recato a colloquio con il mio Dirigente per inoltrare una richiesta di utilizzo di ore per il diritto allo studio.



Al di là dei modi spicci e "dirigenziali" adoperati, ivi inclusa la riserva di concedermi o meno le suddette ore, estrapolo alcune proposizioni che, a mio modesto avviso, sono molto indicative della direzione lungo la quale corre, o scivola, a seconda dei punti di vista, la scuola pubblica italiana.


La prima: "compatibilmente con le esigenze di ufficio" ... vorrei vedere in caso contrario.



La seconda: "lei sa che le è stato affidato un alunno, che necessita di cure, se invece lei va in diritto allo studio ..." ... normale che sia così, ma l'alunno non è affidato a me soltanto, mio caro dirigente, e calo un velo, davvero pietoso, sulla prassi di ledere ai diritti di suddetto alunno adoperandomi come "tappabuchi" o jolly per coprire classi scoperte, facendo, con ogni evenienza, risparmiare codesta istituzione scolastica (io sono già pagato e se la supplenza non si fa fare ad altri ...)



La terza: "ma lei tutte deve prendersele?" ... risposta mia: "Lei che pensa?".



La quarta: "e tutte le 150 ore vorrebbe prendere?" ... risposta mia: "Sono 52 per lo studio individuale ..."



La quinta: "Vero che i diritti sono diritti, ma continuando così domani non potremo lamentarci di non averne più" ... forse che i diritti si consumano se goduti? Mah!




La sesta: "Se ce ne freghiamo della scuola, poi abbiamo insegnanti frustrati ..." ... orpo! Non pensavo di godere di una considerazione tanto bassa! Ma evidentemente, dal momento che occupo la penultima posizione nella gerarchia verticale del lavoro scolastico dipendente (l'ultima, ahinoi, è occupata da valentissimi colleghi precari), questa è la considerazione che merito. Certo, se ci raddoppiassero lo stipendio attuale e ci evitassero colloqui così frustranti, modalità tanto verticistiche, toni così autoritari quanto dirigenziali ... magari ...



La settima: "Lei cosa mi dice?" ... uno sfrontato tono di sfida che non raccolgo ... risposta mia: "Non dico nulla, signor preside" e lui, di rimando, ma un po' turbato: "Ecco, non aggiunga nulla" ... ma tu guarda!



L'ottava: "Vedrò la richiesta e valuterò" ... forse c'è un equivoco di fondo che mi permetto di dirimere, nel mio piccolo: non è che il D.S. concede tale diritto, solamente assicura le procedure burocratiche di sostituzione del sottoscritto, peraltro già autorizzato a fruire di suddette ore da parte dell'Ambito Territoriale di competenza .... a meno che il summenzionato dirigente non vorrà farmi mica credere che quando manca un insegnante di sostegno viene adeguatamente sostituito ...


Come concludere questa ridda di proposizioni altamente significative sulla concreta prassi scolastica?


Come "Via col vento": francamente, me ne infischio!


(immagine tratta da: http://www.veja.it/wp-content/uploads/2010/03/dirigente_scolastico1.jpg)



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