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lunedì 23 dicembre 2019

Il mito della caverna

Narra Platone ...

Ma cosa significa il mito della caverna?

Alcuni spunti interpretativi (utili per il lavoro didattico a scuola)!




Se trovate utile la videolezione, non esitate a divulgarla ed, ovviamente, non tralasciate di iscrivervi al mio canale!

Buono studio!

mercoledì 28 settembre 2016

Buonissima scuola ...

Pensieri eretici ...


I miei colleghi in questi giorni si sono affannati, e con gran lena, a postare il seguente video. 


No, non posto direttamente il video, ma solo una preview (chi fosse interessato, può andare a cercarselo, penso anche senza troppe difficoltà) perché di marciume sul web ce n'è già abbastanza!


Da parte mia, comunque, mi permetto di avanzare alcuni pensieri eretici e scandalosi ...

Infatti, è da notare le risate di sottofondo, indice di una dinamica classica, ovvero la recitazione a soggetto ("io faccio il bullo, voi mi riprendete ...").

Inoltre, è rilevante la regia, la quale esprime una scuola classica: la classe è luogo di consumo collettivo di svariati beni non formali ("abbiamo un cellulare e una classe, usiamoli!"). 

Interessante pure la modalità di ripresa, pronto indice di consumo abituale: uso il cellulare di papone con la scheda di mammina per socializzare come Tizio prenda per il c..o la babbiona della prof ("così ci divertiamo con amici e parenti!").

 Da sottolineare la triste e solitaria impotenza della prof, segno di una situazione ricorrente: il docente vale meno dell'alunno protagonista e di sicuro meno del cellulare che riprende l'amena scenetta ("che c...o vuole questa? Ma stai zitta! Che il mio cane vale più di te!").

Parimenti significativo come i miei colleghi condividano in modo compulsivo detto video, indice di fattivo rituale collettivo: alleviare le proprie sofferenze e frustrazioni tramite pratiche mimetiche ("Vedete? Vedete come siamo ridotti? Cosa ci fanno? Vergogna! ..."). 

Va comunque rilevata la sostanziale artificiosità della situazione generale. In altri termini, avanzo una prospettiva inattuale: personalmente ho visto di peggio, a cosa volete che valga il video presente? ("Davvero dovrei credere che la scenetta sia stata così "pacifica"? In altri contesti succede ben altro ...")


In conclusione, voglio spezzare amaramente e con disincanto una lancia in favore del reprobo alunno. Egli fa ad alta voce quel che la società fa con la scuola ogni giorno, ovvero sfancularla (mi si passi il francesismo, grillamente sdoganato)! Come possiamo dargli torto? Questa è l'aria che respira, questo l'ambiente ove vive, questa l'educazione ricevuta. Possiamo rimproverarlo? A mio sommesso parere, no. Anzi. Dobbiamo doverosamente riconoscere che perlomeno ha imparato "come si fa", ovvero qualcosa! E la scuola non serve proprio a questo? Non serve a gratificante gli apprendimenti informali? Non si chiamano questi ultimi, con fare reboante, 'competenze'? Orsù, dunque, perché scandalizzarsi?



Detto questo, a ciascuno i suoi alunni e le sue pene ...

lunedì 15 agosto 2016

Nussbaum # 4



"Una società che voglia favorire un trattamento equo di tutti i suoi membri ha buoni motivi per stimolare un esercizio dell'immaginazione simpatetica che superi le barriere sociali o che per lo meno si impegni a farlo"




M. C. Nussbaum, Coltivare l’umanità. I classici, il multiculturalismo, l’educazione contemporanea, Carocci, Roma, 2006, p. 107.

Come mai allora le società moderne si orientamente verso curricoli ove sia massima l'enfasi dei saperi scientifici? Come mai ci siamo diretti verso i saperi tecnici? Vale dire tutte quelle declinazioni materiali e poco umane dello stesso unico sapere? Per quale motivo abbiamo parcellizzato la conoscenza umana e ne abbiamo svalutato le declinazioni umanistiche?

Letta in controluce, la posizione della Nostra ci suggerisce alcune scomode, inattuali, sinistre, inquietanti interpretazioni, o, se si preferisce, delle possibili direzioni di senso per rispondere alla questione che ci interpella nel caso presente ...

lunedì 4 luglio 2016

Nussbaum # 2



“viviamo in un mondo in cui regna il disordine, la confusione, e l’incertezza, e nel quale non si può trovare alcun sostituto ad un’attiva ricerca personale”

M. C. Nussbaum, Coltivare l’umanità. I classici, il multiculturalismo, l’educazione contemporanea, Carocci, Roma, 2006, p. 52

Come Socrate, i tempi moderni ci impongono di comprendere la realtà che ci circonda a partire da un personale e profondo processo di ricerca personale, nel senso che il mondo non ci dà né certezze né risposte né tantomeno soluzioni precostituite e queste possiamo solo trovarle dopo una personale e faticosa ricerca personale.



La domanda vera, però, è un’altra, la seguente: in quanti saremo pronti a sostenere il peso? L’immane fatica? L’improba responsabilità?



mercoledì 29 giugno 2016

Nussbaum #1



“L’arte di narrare ha il potere di fornirci la possibilità di accostarci alla vita di chi è diverso da noi con un interesse più profondo di quello di un semplice turista, con comprensione e partecipazione, e arrivando a percepire il grave errore che la nostra società commette rifiutando di considerare le persone nella loro realtà, senza deformazioni”

M. C. Nussbaum, Coltivare l’umanità. I classici, il multiculturalismo, l’educazione contemporanea, Carocci, Roma, 2006, pp. 102 – 103



Nussbaum e l’empatia, ovvero la capacità di immaginarci il prossimo nella sua costitutiva alterità. Solo se siamo capaci di ciò, saremo anche capaci di essere dei soggetti morali.





Era vero per l’età classica, è ancor più vero oggi, durante il multiculturalismo, quando cioè si richiedono empatia, riconoscimento e valorizzazione delle differenze.



mercoledì 10 settembre 2014

Vademecum per un insegnante efficace

Gira sui social media la seguente immagine, graziosa in sé, per carità, su quali pratiche e quali comportamenti un docente dovrebbe assumere, sia in pubblico che in privato, per risultare alla fine un insegnante efficace. 


Un elenco, a suo modo "sintetico", di buone prassi capaci, forse di per sé sole, di rendere un insegnante un bravo insegnante, vale a dire un insegnante efficace, o, com'è facile e in voga dire oggi in Italia, meritevole.
Bene, quali sono questi 27 modi additati? Elenchiamoli di seguito:

1. Crea una prospettiva globale;
2. Incoraggia gli studenti a porre domande;
3. Non mascherare o coprire i dubbi degli studenti;
4. Garantisci agli studenti tutti gli strumenti per il loro successo;
5. Dormi sano e riposa bene;
6. Segui una dieta sana;
7. Non alzare la voce, keep the calm;
8. Supporta gli studenti a lungo;
9. Cresci assieme alla classe;
10. Keep the network con i migliori insegnanti;
11. Mantieni i contatti con le famiglie;
12. Informati sulle migliori strategie di insegnamento;
13. Garantisci sicurezza con le tue lezioni;
14. Mantieni alto il tuo livello di energia;
15. Scopri i talenti di ciascun alunno e coltivali;
16. Indaga sulle nuove scoperte con la classe;
17. Integra con la musica all'interno della classe;
18. Sfida i tuoi studenti un po' oltre le loro capacità;
19. Incoraggia l'esternazione del pensiero;
20. Consenti ai tuoi alunni di esprimersi con l'arte;
21. Lascia che gli alunni cancellino 'ieri' con un pulito e nuovo 'oggi';
22. Integra con i social media;
23. Premia i grandi tentativi;
24. Sperimenta con gli alunni;
25. Scarica una lezione per svolgere attività di gruppo;
26. Chatta in ambienti sicuri con gli alunni;
27. Consenti l'apprendimento tra pari.

Bene, cosa possiamo dire a questo punto dopo aver scorso l'elenco di ben 27 modi di insegnamento efficace? La prima impressione è che sia un elenco di desiderata scritto non da docenti o educatori, ma dagli alunni stessi. Infatti, se i modi (1) - (3), (11), (16), (18), (19), (21), (23) sono modalità già realizzate normalmente dal docente in classe, curiosi appaiono i modi (5) - (7) i quali entrano nella vita privata del docente pretendendo di dire cosa il docente dovrebbe fare a casa nel suo tempo libero. Piuttosto, eversivi appaiono, invece, i modi (4) - (9) in quanto sottomettono la funzione stessa dell'insegnante ai bisogni non formativi degli alunni, giustapponendo sullo stesso piano il docente e gli alunni, come se l'apprendimento e/o l'educazione non si collocassero, all'esatto opposto, su posizioni differenti. Il docente non è il compagnone o l'amicone o l'adolescente troppo cresciuto della classe, è un adulto investito di una precisa responsabilità, avere cura dei minori a lui affidati, e una precisa funzione, guidare nei processi formativi. Il rapporto tra il docente e la classe non è mai paritario, per definizione non può esserlo, è decisamente asimettrico, altrimenti non è più un rapporto formale e formativo, ma informale e "da passatempo".

Ma c'è di più. Infatti, i modi (10) - (14) esprimono critiche abilmente dissimulate allo stereotipo del professore: autoreferenziale; spocchioso; non disponibile al dialogo; arretrato; debole. Un insegnante da libro cuore, cioè, non i leoni oggi in cattedra. Forse anche per questo tanto invisi agli alunni, in quanto allergici alla loro omologazione a parti "cresciutelle" della classe.

Il modo (15) mi appare pleonastico, ma la sua elencazione esplicita mi dà da pensare. Forse, l'estensore di questi modi teme o pensa che il docente non faccia normalmente ciò? Delle due l'una: o è in mala fide o desidera un impossibile non meglio specificato.

I modi (17), (20) e (22) sono addirittura comici dal momento che prefigurano un idealtipo di docente che dovrebbe non utilizzare altri strumenti per meglio entrare in sintonia con i propri alunni, ma utilizzare questi ultimi tout court, come se l'insegnante efficace fosse quello che rappeggia in classe o che chatta con i social network o che accetta ed apprezza qualsiasi tentativo artistico dei propri alunni. Dov'è il fatto educativo in tutto ciò? Semplice, a mio modesto avviso, non c'è, e non può esserci perché questi modi rispondono al medesimo sogno proibito dell'alunno medio, vale a dire un docente meno docente e più immaturo, una figura meno adulta e più "spassosa", un educatore meno rompi e più "scialo". Noi non dobbiamo affatto abolire la distanza generazionale, anche perché non è nostro compito, peraltro nemmeno auspicabile, ma dobbiamo farcene carico in un'ottica di gestione degli effettivi bisogni formativi degli alunni. Solo all'interno di questa cornice, si potrebbe pensare ad un'integrazione complementare che integri i modi (17) e (22). Ed anche il modo (26).

I modi (24), (25) e (27) mi paiono mere repliche di attese espresse in precedenza sotto altra forma, e che rispecchiano appieno, oltre il più ragionevole dubbio, la mano adolescente che si cela dietro, e che vagheggia un superamento mitico, oltre che onirico, dello stesso fatto educativo.


Se poi mi sbaglio, ed è una mano adulta, le pongo le seguenti questioni:

1) come mai l'immagine di insegnante destinatario di questo elenco di 27 modi di insegnamento efficace è stereotipata oltre che fortemente monistica?
2) come mai questo elenco di 27 modi di insegnamento efficace dimentica colpevolmente la natura duale del rapporto d'insegnamento? Non basta, a mio modesto modo di vedere, e sulla base della mia seppur breve e fragile esperienza, mettere in campo da una sola parte uno soltanto o tutti assieme dei 27 modi qui elencati. Se la classe, fatta di alunni e insieme complesso di precise relazioni interpersonali, è refrattaria o demotivata o insensibile o estranea o interessata ad altro, l'insegnamento non sarà mai efficace.
3) perché l'insegnante deve essere efficace mentre l'alunno può restare quello che è? E non essere, a sua volta, un buon alunno? Un alunno educato? Uno studente efficace? Purtroppo, nel nostro Regno si dimentica con troppa facilità che gli studenti non sono tutti uguali e che la maggior parte è del tutto estranea alla formazione/educazione. Una classe di maleducati non sarà mai una classe di studenti efficaci. O una classe difficile non consentirà mai ad un insegnante di mettere in campo uno solo dei 27 modi qui indicati. Nemmeno quelli che spudoratamente pretendono di dire cosa l'insegnante deve mangiare o fare nel suo tempo libero. Anche l'alunno dovrebbe dormire e mangiare bene. Ah, questo non si può dire? E allora come mai si trascura bellamente il fatto che quello dell'insegnante è solamente un lavoro, beninteso bellissimo e nobilissimo, ma pur sempre un mestiere, e mai l'unica ragione di vita dei diretti interessati? E, invece, si continua a perpetuare la visione collettiva di questo lavoro come mission, vale a dire come professionalità povera ma che non termina mai, nemmeno quando la campanella segna la fine delle lezioni, anche a casa, anche a letto, anche quando per quelle ore non si è malamente retribuiti? Perché? Sarebbe bello, oltre che utopico, o distopico, rispondere a questa domanda.

Dopo aver letto questo elenco, mi rendo conto di quanti danni abbia fatto alla scuola Robin Williams, o il suo personaggio ne L'attimo fuggente. Il docente non è il compagno di classe degli alunni, se lo è siamo di fronte al fallimento professionale oltre che umano di quest'ultimo. 


Ai colleghi dico solo questo: resistiamo! Resistiamo! Resistiamo! Resistiamo! 


Anche a costo che ci tirino addosso gli zaini, le sedie o i banchi, anche a costo di finire al pronto soccorso ed essere considerati dei "bugiardi" dagli stessi responsabili, anche a costo di non essere ben visti dal dirigente, impegnato a far vedere quanto è bravo lui a dirigere sulla base dell'aumento delle iscrizioni (e che qualità s'iscrive!!!), e che ti dice "ma lei ha sbagliato! Doveva prevedere e prevenire la reazione!", anche a costo di non essere creduti dai colleghi, anche a costo di andare all'INAIL per espletare le pratiche di infortunio sul lavoro.

Resistere! Resistere! Resistere!

Sarebbe bello se al posto di asettiche e burocratiche linee guida, un ministro scendesse per un attimo, per un'ora, per una volta soltanto, in trincea, a toccare con mano di quante lacrime, sudore e sangue consta la nostra professione, inefficace il più delle volte perché l'utenza è quella che è, perché inefficace è appunto l'utenza, perché impossibile sovente è l'aria che si respira in classe. 


Lo so, non accadrà mai, altrimenti la politica dei tagli lineari non sarebbe più possibile, dato che, all'esatto contrario, bisognerebbe investire di più, molto di più, nella scuola, e nel personale, ma è comunque bello lasciarsi cullare da questo sogno!

E allora: resistiamo! Resistiamo! Resistiamo!


mercoledì 23 ottobre 2013

ICT ... media, almeno tu!



"occorrono aggiustamenti opportuni per riconfigurare il setting didattico in modo che le tecnologie siano messe in condizione di favorire nuove sinergie con significativi processi della mente e che, laddove siano usate per alleviare compiti di per sé ripetitivi, ciò consenta una messa in gioco di nuove, più rilevanti finalità educative"



(A. Calvani, I nuovi media nella scuola. Perchè, come, quando avvalersene, Carocci, Roma, 20086, p. 20)



La povertà dei mezzi potrà essere superata con la potenza dei media?




(immagine tratta da: http://www.corriereinformazione.it/images/stories/81-bg-ict.jpg)


lunedì 21 ottobre 2013

Esclusione ...

"le stesse forme di sapere e di pensiero tradizionalmente coltivate nei sistemi scolastici e formativi generano nuove forme di disparità, nuove barriere cognitive e comunicative che ostacolano la costruzione attiva e critica della conoscenza"

(R. Buono, Conoscenza e inclusione formativa, ESA, Pescara, 2010, p. 47)

Com'è vero! E com'è falso anche!

Il problema sta tutto dentro il rapporto includente/escludente di alunno e mondo ...

Un rapporto franco e secco ...

Un rapporto nuovo ed antico ...

Lo stesso da sempre ...

Allora, di chi dobbiamo prenderci cura?

Degli alunni o del mondo?


(immagine tratta da: http://t0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcRj39SrxGv7pEShiwc7KA7nM9i_60SpLmjU3z17O8LGt35VzxCYPQ)



sabato 15 dicembre 2012

Considerazioni spicciole sulla scuola ...




E' facile parlare della scuola standone, però, fuori, senza cioè conoscerne davvero le logiche interne, le ragioni segrete e le complesse dinamiche di relazione tra attori con funzioni diverse. Nel suo microcosmo, la scuola è un fenomeno particolarmente complesso. Ma è bene parlarne, nel bene come nel male, anche dall'interno, essendone cioè a conoscenza.

Sulla base della mia, certo trascurabile, esperienza è possibile trarre alcune riflessioni sulla scuola e sul futuro dell'educazione nel Nostro Paese. Eh sì! Proprio così!

La cornice è un corso d'aggiornamento sulle tecnologie per favorire i processi d'inclusione degli studenti, con e senza BSE, bisogni educativi speciali. Una platea discreta, età mediamente sui cinquant'anni, volti comuni e familiari.

Mentre la relatrice comincia il suo intervento, con tanto di proiettore, schermo, luci soffuse, microfono, e altri ausilii di varia natura, comunicazione non verbale inclusa, ecco che è possibile osservare la seguente scena:

i. un gruppetto avanti che parla ad alta voce di cose che poco o nulla hanno a che fare con l'incontro;
ii. un gruppetto che, poco gentilmente, sussurra commenti sull'abbigliamento, la figura e il piglio della, forse, "troppo" giovane relatrice;
iii. c'è anche un gruppetto che ride, chissà per cosa o per quale altro commento salace;
iv. in fondo, ma anche a metà sala, vari colleghi che parlano al cellulare, incuranti della cornice istituzionale o dell'eventuale fastidio che possono arrecare.

Mortificato sin nel midollo per lo spettacolo offerto alla giovane - ma a chi importa? - relatrice, improvvisamente mi vengono in mente i miei alunni e li trovo del tutto somiglianti ai miei colleghi.

Allora, nel modello ABC dell'insegnamento, qualcosa non è andato a buon fine! Evidentemente, gli antecedenti educativi messi in atto non sono stati propriamente quelli adatti a persone in formazione. Il conseguente è chiaro! Ora, anche l'antecedente.



Non notando differenze sostanziali, non posso che concludere come noi docenti proprio non possiamo lamentarci dei nostri alunni, se sono distratti, se sono rumorosi, se sono strafottenti, se usano il cellulare ovunque e, soprattutto, quando non dovrebbero, se ridono senza un motivo apparente, se parlottano tra loro davanti a noi, e così via. In fondo, sono lo specchio fedele di quel che siamo noi: così li abbiamo tirati su, e così ce li dobbiamo piangere.

L'inversione di tendenza deve, pertanto, partire da noi, cambiando atteggiamenti e prassi. Altrimenti, che modello possiamo pretendere, in maniera del tutto anacronistica, di essere?