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venerdì 9 novembre 2012

Waiting for ... Olocausto di Fackenheim

Negli ultimi giorni sto approfondendo il discorso ebraico intorno alla Shoah. Nel tentativo, mai concluso, di colmare le mie lacune, ho riscontrato una certa consistenza nella elaborazione teologica ebraica come riflessione sulla sciagurata e luttuosa "soluzione finale".


(immagine tratta da: http://www.ritornoallatorah.it/public/pictures/menorah.jpg)


In modo particolare, mi è adesso chiara la distinzione tra un "prima" e un "dopo" Auschwitz, sul significato che, antropologicamente, storicamente, sociologicamente, teologicamente, ciò significhi per l'avvenire della cultura ebraica.


Meno chiaro mi appare piuttosto il riferimento, talora davvero affrettato e poco argomentato, alla necessità di uno Stato ebraico come garanzia a qualsiasi eventuale futuro tentativo di annientare l'ebraismo. Quel che prima dello sterminio nazista era considerato un peccato (il sinonismo), ora diventa il frutto buono contro discriminazioni future.

Un modo di procedere che, però, manca di aprirsi all'universalità dei rapporti umani e che si fonda, a mio sommesso parere, proprio su quella chiusura identitaria che ha reso possibile la stessa follia hitleriana. Gli ebrei vennero perseguitati ed uccisi solo perché ebrei? E questa colpa, li abilita a poter fare in futuro come meglio credono? Le soluzioni indicate, ad esempio, da Fackenehim, nel suo recente Olocausto, mi lascia perplesso. 




A causa di impegni di varia natura, però, non sono ancora in grado di offrire in questa sede, una riflessione meditata e più estesa che verrà proposta in seguito.

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