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lunedì 19 novembre 2012

Triste storia ...

In questo libro viene tentata per la prima volta una prognosi della storia. Ci si è proposti di predire il destino di una civiltà e, propriamente, dell’unica civiltà che oggi stia realizzandosi sul nostro pianeta, la civiltà euro – occidentale e americana, nei suoi stadi futuri

(O. Spengler, Il tramonto dell’Occidente, Longanesi, Milano, 1957, p. 13)

Progetto ardito, ma problematico: la storia è un corpo evolutivamente programmato, e, quindi, anche, prevedibile? Forse Spengler è rimasto abbagliato dalla novità e dalla potenza delle cd. scienze umane le quali, accoppiate a quelle esatte, possono aver sortito l'impressione che (quasi) ogni cosa, sotto il cielo, sia prevedibile.


Bene, Spengler rimarrebbe sorpreso, allora, di conoscere l'attuale epistemologia storica secondo la quale la storia non esiste punto, se non, almeno, dal momento in cui il singolo storico si pone domande ricostruttive della sua realtà presente, e, nel farlo, investe il passato di ipotesi e ricostruzioni, procedendo, dunque, a ricostruirlo. Del futuro, invece, nulla al momento può dirsi.


Ovviamente, però, non era affatto questa la prospettiva singolare dalla quale muoveva, ma quella sorta di "filosofia della storia" che intende fornire, o suggerire, ipotesi ermeneutiche intorno al destino delle civiltà. Sui data è possibile convenire, ma sulle interpretazioni, forse, no. E questo a maggior ragione se, più che di valutazioni su facta, si tratti di meri sogni, ad opera di visionari.


E tuttavia, forse, su un punto Spengler aveva ragione: nel predire la fine del centralismo mondiale dell'Europa, relegata, da lì in poi, al mesto ruolo di "parte" tra le "parti" del globo terracqueo. 


Ma per fare ciò non era, forse, nemmeno necessario produrre quella mole di pagine che è suddetto Tramonto.





(immagine tratta da: http://usnlombardia.files.wordpress.com/2012/08/spengler.jpg)


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