"nel
caso in cui un argomento proposto da una persona non sia creduto
buono da un'altra persona, è normale che la prima persona cerchi di
argomentare a favore della bontà dell'argomento o della verità
della sua conclusione, e che la seconda cerchi invece di argomentare
nella direzione contraria. Argomentare nella direzione contraria
significa fornire ragioni per pensare che la conclusione
dell'argomento non sia vera o che l'argomento non sia buono. Una
confutazione è appunto un argomento nella direzione contraria
a quella di un altro argomento, cioè un argomento sulla base del
quale si può sostenere che la conclusione dell'altro argomento non è
vera o che l'altro argomento non è buono"
(A. Iacona, L'argomentazione,
Einaudi, Torino, 2010, pp. 75 – 76)
Molto spesso ho trattato la dimostrazione aristotelica del principio di non contraddizione.
Adesso vorrei, se posso, spezzare una lancia a favore del sofista, idolo polemico della dimostrazione stessa.
Cosa significa argomentare? Semplice: fornire ragioni per credere buona o vera una tesi.
Aristotele argomenta per difendere quella che ritiene essere la bontà del principio di non contraddizione. E, per evitare l'errore della circolarità, fare appello a quel che si dovrebbe prima dimostrare, fa in modo che quest'ultima ricada sulle spalle del sofista stesso.
Ma questo povero uomo cos'ha fatto davvero di male se non richiedere umanamente e razionalmente una prova, almeno una, della tesi affermata?
Il problema, però, mio caro sofista, è quanto richiesto è semplicemente impossibile! Del principio di non contraddizione non può darsi alcuna dimostrazione diretta!
That's All, Folks!
(immagine tratta da: http://t3.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcQ6QQgqyuV2nPdW-oVtH-L2y1xnYIo_nuTm4R5Fsw5mQEbabV--)
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