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venerdì 29 novembre 2013

Un trascendentalista poco kantiano oppure un kantiano privo di trascendentalismo ... II



(immagine tratta da: http://www.phillwebb.net/History/Twentieth/Continental/Phenomenology/Husserl/Husserl8.jpg)


Stabilito che lo sguardo fenomenologico prescinde dal contenuto della singola cosa, in quanto proprio la cosa - questa - qui, la fenomenologia husserliana si caratterizza in termini trascendentali perché la riduzione fenomenologica dei dati di esperienza costituisce un complesso di saperi rivolti alle essenze delle cose[1].



Certo ci troviamo distanti anni luce dalla filosofia trascendentale di Kant, ma la natura originale di Husserl va colta nella sua interezza. Il vago riferimento trascendentale, ad un Io - penso che conosce oggetti logici, vale a dire oggetti - di - pensiero, che entrano nello spazio attivo della coscienza, e che si strutturano di conseguenza per quel che appaiono, è dovuto al dibattito intenso di Husserl con i neokantiani di inizio XX sec.




Husserl frequenta le "arie" kantiane per loro tramite, anche se la finalità del proprio procedere travalica gli argini stessi del kantismo propriamente detto, per investigare la natura dello sguardo intensionale dell'uomo che prende in considerazione i correlati non empirici delle cose, in forza dei quali il dato di esperienza perde la sua materialità bruta per divenire, di per sè stesso, un oggetto di pensiero, vale a dire un oggetto della costruzione logica del soggetto, ergo un oggetto logico.




Per altri motivi, l'intento di Husserl è, in maniera duplice, oltre che plurale, idealistico e nostalgico: è idealistico perché pretende, in maniera alquanto incoerente, di ricostituire quell'unità pre - moderna, spezzata dal progresso conoscitivo, e dalla posteriore specializzazione disciplinare, tra scienze esatte, o naturali, e scienze umane, o dello spirito; è nostalgica perché, pur essendo ammirevole, non si rende consapevole della definitiva frattura intercorsa tra le due branche della scienza umana, dovuta non a un metodo di ricerca responsabile di una reductio ad unum degli oggetti della scienza, ma ad una finalità della ricerca stessa che diverge profondamente a seconda che gli oggetti di esperienza vengano presi in considerazione, rispettivamente, per spiegare come funzionino le cose stesse oppure per comprendere come la fisiologia naturale influisca sui comportamenti umani.




Husserl segue ancora la linea storica della filosofia come scienza rigorosa, in grado di soddisfare le più alte esigenze teoretiche dell'uomo[2], vale a dire come visione olistica della scienza occidentale, che prescinde dalle singole ontologie regionali e che tutte contiene al proprio interno.



In questo modo, il suo discorso appare originale nel panorama complessivo della storia della filosofia di inzio Novecento ma anche profondamente "solitario" entro i medesimi confini da lui stesso tratteggiati per la riduzione fenomenologica. Infatti, a parte qualche epigono di basso livello e un famoso fraintendimento clamoroso, la fenomenologia non ha lasciato un'influenza davvero irresistibile alle sue spalle, se si eccettua l'attuale revival il quale, però, data la sua enorme distanza temporale dalla sorgente originale non può che tradirne e le finalità e le aspettative. In qualche modo, infatti, esso è dovuto più alla temperie attuale, che non alle ragioni che ispirarono Husserl stesso.


(continua)

Note
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[1] Cfr. E. Husserl, Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica I, Einaudi, Torino, 2012, p. 6.
[2] Cfr. E. Husserl, La filosofia come scienza rigorosa, Laterza, Roma – Bari, 1994, p. 3.

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