"Il
punto di partenza […] non consiste nell’esigere che l’avversario
dica che qualcosa o è, oppure che non è […] ma che dica qualcosa
che abbia un significato e per lui e per gli altri; e questo è pur
necessario, se egli intende dire qualcosa. Se non facesse questo,
costui non potrebbe in alcun modo discorrere, né con sé medesimo né
con altri; se, invece, l’avversario concede questo, allora sarà
possibile una dimostrazione. Infatti, in tal caso, ci sarà già
qualcosa di determinato. E responsabile della petizione di principio
non sarà colui che dimostra, ma colui che provoca la dimostrazione:
e in effetti, proprio per distruggere il ragionamento, quegli si
avvale di un ragionamento"
(Aristotele, Metafisica, 1006a
19 – 30)
Indubbiamente questa è "la" strategia vincente sulla contraddizione permanente dei sofisti.
L'inganno per tutti coloro i quali, in maniera irriducibile, dichiarano a gran voce di non essere del tutto convinti dalla dimostrazione indiretta prodotta.
Nonostante le perplessità, comunque, che pure la dimostrazione aristotelica suscita, l'atteggiamento dei detrattori, oltre a presentare determinati profili di infantilismo, conforta l'antico adagio secondo il quale "l'uva è acerba" ...
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