Pensavo di non dover mettere bocca sui recenti fatti di Parigi, ma moventi superiori mi hanno chiamato in causa.
Dopo l'unità mondiale che ha dato sfogo al desiderio pubblico di esorcizzazione della paura e/o di autocelebrazione del modo d'essere occidentale, sono arrivate le parole del Papa il quale, in viaggio per le Filippine, a diretta sollecitazione giornalistica, ha così risposto:
"La religione non può mai uccidere, Non si può farlo in nome di Dio [...] Ma non si può provocare, non si può prendere in giro la religione di un altro. Non va bene [...] la libertà di espressione è un diritto, ma anche un dovere [...] se il mio amico Gasbarri dice una parolaccia sulla mia mamma, si aspetti un pugno"
Apriti cielo!!!
Gli stessi panmondialisti satirici hanno dato fuoco alle miccie: come si permette costui di dare a noi lezioni di satira? Difendiamo il nostro diritto alla libertà di pensiero e di espressione! Si faccia gli affaracci suoi!
Un tale livore/risentimento è più che sospetto.
Viene da pensare che le parole del Papa siano state più potenti delle deflagrazioni delle armi di assalto con le quali quei tre pazzi lì hanno creato il terrore in Paris ... ma come mai?
Eppure, la condanna del terrorismo è stata forte e priva di zone d'ombra: nessuno è autorizzato ad uccidere in nome di Dio. Per il Cristianesimo, peraltro, è un convincimento dottrinale forte e ben radicato: Cristo stesso è morto in croce per non opporre violenza a violenza. Allora, come mai i tanti Charlie del mondo si sono risentiti per tale condanna della violenza religiosa? Credo che il punto saliente si trovi nella seconda parte del discorso papale. Infatti, va bene la libertà di espressione, ma vi sono dei limiti, in nessun caso si ha il diritto di dileggiare le credenze religiose altrui.
Questo mi pare essere il problema di Charlie: accettare che la matita possa avere dei limiti, piuttosto che poter satireggiare qualsiasi cosa e in qualunque modo.
Le parole del Papa, allora, non sono piaciute perché avvertite come una limitazione della libertà di pensiero/espressione, e non perché analoga condanna dell'atto di terrorismo subito dalla redazione di Charlie.
Eppure, a ben guardare, è solo un'errata percezione. Infatti, il Pontefice non ha affatto posto limiti alla libertà di pensiero e/o di espressione, ha solamente detto che in ogni caso è bene avere giudizio o buon senso.
Ora, forse che la libertà di pensiero/espressione è fuori scala? Può essere fuori misura? Può esorbitare dai bordi della decenza?
Qui il problema, e la sostanziale differenza di vedute: come molti altri atteggiamenti occidentali, il bisogno soggettivo di pensare e di esprimersi viene percepito, oltre che vissuto, come un diritto soggettivo, e, quindi, sostenuto con veemenza affinché venga riconosciuto come tale e promosso collettivamente. Inutile, forse, aggiungere che così non è, che, cioè, non può essere un diritto soggettivo quello di consentire a chiunque di pensare e dire peste e corna di chi capita a tiro.
Peraltro, dobbiamo stare attenti alla deriva dei diritti insaziabili i quali, in fin dei conti, stanno erodendo la nostra stessa democrazia, fagocitando gli stessi soggetti destinatari dei diritti. Insomma, stiamo sempre più trasformando la vita sociale in strumenti per la realizzazione dei diritti, operando così un'inversione del rapporto tra mezzi e finalità, non più i diritti strumenti per i cittadini, ma i cittadini strumenti per i diritti.
Così, ecco il Leviatano diritto di espressione! E, forse, pure sovraordinato rispetto all'altro terribile diritto, quello di pensiero. Mentre quel che ciascuno pensa in fondo se ne sta tranquillo nel chiuso della coscienza del singolo, quanto viene espresso, soprattutto in forma satirica, sgorga in pubblico.
Ma v'è dell'altro, ahinoi!
Così come i fatti di Parigi non hanno nulla a che fare con la religione e nemmeno con il terrorismo in sé o con il diritto di parola, essendo più un esito fallimentare di passate politiche di protezione sociale e di pubblica sicurezza, allo stesso tempo l'attacco alle parole del Papa nulla hanno a che fare con la difesa, magari ad oltranza, del diritto di pensiero/espressione. Le mie, lo riconosco, sono parole forti, ma vediamone il perché.
Charlie si è inalberato non per la condanna del terrorismo compiuta, e nemmeno per la provocazione del pugno, e, in fin dei conti, neppure per la reprimenda nella libera ed infinita espansione del tratto di matita, ma perché il Pontefice ha osato ribadire la sensatezza della religione, qualunque essa sia. Anzi, della religione in quanto tale! E, di più, perché ha superbamente condannato il bullismo satirico che tanto caratterizza il modo d'agire dei Charlie di questo mondo. Ecco il punto, il nervo scoperto: un laico non accetta, perché per suoi limiti cognitivi non può, lezioni di morale da un religioso.
A ben guardare, non mi pare che Francesco abbia detto cose scandalose, ma tali sembrano ai Charlie. Perché? Perché il laicismo, ossia quella particolare forma d'essere che sarebbe prima pure di qualsiasi credo religioso, ha osato trarre insegnamenti morali dalla religione stessa. E degli imbratta carte/religioni, quali sono i redattori di Charlie, come avrebbero potuto digerire tanto? Paradossalmente, è più facile tollerare le pallottole dei terroristi che le parole di un religioso, è più facile morire da martiri del laicismo che accettare la lezione morale del Pontefice.
Ma come mai?
Ecco, penso che il punto, per quanto scabroso e/o rimosso e/o negato, sia sostanzialmente in questo: il laicismo di Charlie, così come dei suoi epigoni o partigiani all'indomani dell'attacco di Parigi, non si colloca in un universo terzo rispetto alle religioni terrestri. Anzi, si connota come modo d'essere del tutto competitivo, vale a dire esattamente nei termini di una religione a sua volta! E qui, provocatoriamente, dà da pensare il suo modo di essere e di porsi del tutto aggressivo, radicale, violento ed intollerante nei confronti degli altri credi. Il laicismo è, in termini piani, una religione radicale, fondamentalista e intollerante!
Pertanto, come può un competitor come il Papa pensare di poter dare lezioni a noi laici? E come possono pensare che autolimitiamo l'immenso potere di proselitismo che ci dà una matita?
Infatti, toccate a Charlie tutto quello che volete, ma guai a sfiorare la matita con la quale danno luogo al loro impunito e volgare bullismo satirico.
In conclusione, allora, non posso essere Charlie, lascio pure che voi siate tutti uguali, ossia Charlie, mentre altri sentieri preferisco percorrere.
(url immagine: http://st.ilfattoquotidiano.it/wp-content/uploads/2015/01/charlie-675.jpg)