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venerdì 20 novembre 2015

La buona scuola delle Treeffe!

Approvata la L. n. 107 del 2015, si apre la battaglia delle deleghe (in bianco!) e la correlata guerra dei discorsi.

Il sottosegretario Faraone ha aperto il fronte e non perde occasione per rinfocolare gli animi, soprattutto dal suo fortino isolato ed esterno alla vita di classe o di scuola ...

L'anno scorso ho commentato la pdl C2444, ampiamente ripresa dalla delega sul sostegno, ed ho mostrato come la direzione intrapresa da Fish e Fand fosse quella di una decisa separazione tra alunni normali e alunni speciali, con l'esito scontato di una cancellazione tout - court del sostegno scolastico.

Speravo di sbagliarmi, ma purtroppo così non è. Sempre il pronto Faraone ha ribadito ultimamente il concetto, prefigurando una segregazione di classe tra alunni e docenti normali ed alunni e docenti speciali, separando, e definitivamente, i destini degli uni e degli altri, ed inverando il brocardo siculo a ciascuno il suo ...

Ecco qui, allora, la (buona) scuola delle Treeffe (Fish, Fand, Faraone): separazione di percorsi, formazione e scolarizzazione per far sentire ciascuno parte del suo (proprio ed esclusivo) mondo!

Addio inclusione!

Addio pio sogno del sostegno scolastico!

Addio dolce illusione dell'integrazione!

Bentornata scuola della selezione!

Bentornata buona scuola della separazione!

Benvenuta buona scuola delle specializzazioni!

Benvenuta buona scuola degli assistenti (non educatori né docenti) degli alunni speciali!


(url immagine: http://static2.blastingnews.com/media/photogallery/2015/11/1/290x290/b_290x290/scuola-e-riforma-sostegno-news-1-novembre-2015_480101.jpg)



venerdì 13 febbraio 2015

Che fine farà il sostegno scolastico?



Scorrendo la proposta di legge presentata nella versione di Ottobre 2014 da FISH e FAND, salta agli occhi l’art. 4 il quale, ad un’attenta disamina, sembra prefigurare la nascita di una classe di concorso specifica e dedicata al sostegno scolastico. Condizione per accedervi è, addirittura, la laurea magistrale di pedagogia e didattica speciale. I commi (7) e (8) mirano a imporre restrizioni alla possibilità per i docenti in organico di diritto, vale a dire assunti a tempo indeterminato sui posti disponibili, di “fuggire” dal sostegno verso altri insegnamenti.
Tralasciando le ovvie finalità dei formulatori della presente proposta di legge, si rendono doverose alcune considerazioni, specie da chi si trova già in ruolo e conosce il sostegno scolastico “dall’interno”, vale a dire nel concreto farsi delle cose.

Prima considerazione. Il futuro insegnante di sostegno viene visto non più come un “tuttologo” che cerca di mediare gli apprendimenti curriculari, ma come l’esperto biomedico. Ne consegue, probabilmente, salvo sorprese o modifiche in sede di conversione in legge della stessa, che il docente di sostegno diverrà a breve un mediatore speciale. Una sorta di assistente alla mediazione didattica tra la classe e l’alunno disabile. Se così fosse, non parlerei di progresso del ruolo del sostegno didattico ma di mero scadimento in una sorta di servizio alla persona. Ma se così è, non  appare allora punitivo imporre ex lege il conseguimento di un titolo formativo così “alto” e dispendioso? Vero è che i disabili sono, prima di ogni cosa, persone e, dunque, necessitano di supporti adeguati per superare gli ostacoli socio-culturali che ne impediscano il concreto sviluppo, ma perché il docente di sostegno dovrebbe divenire un simbiotico badante? A quale pedagogia speciale corrisponde tale assunto? Credo, in tutta sincerità, a nessuna. E se così è, a cosa si dovrebbe addebitare tale investimento emotivo da parte delle associazioni dei disabili e dei loro familiari? Ho una risposta anche a tale interrogativo, ma vi arriverò in seguito.



Seconda considerazione. L’art. 5 contempla l’aggiornamento alle tematiche e tecniche del sostegno per il personale curriculare. In modo particolare, il comma (3) impone ai docenti in anno di prova il conseguimento di almeno 30 CFU sull’«inclusione scolastica». Anche qua si evince una tendenza “punitiva”, forse eccessivamente rigorosa sui futuri operatori dell’inclusione scolastica. Il seguente comma (5) estende tale tendenza imponendo a tutti i docenti con alunni disabili nelle loro classi di frequentare almeno un corso annuale “sugli aspetti della didattica dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con altri bisogni educativi speciali non inferiore a 25 ore” tenuti da Università. Problema: chi sarà chiamato a foraggiare tale imposizione ex lege di formazione di livello universitario? La P.A. forse? Non scherziamo. Al massimo, potrebbe darsi il caso che se ne facciano carico singole istituzioni scolastiche particolarmente “illuminate” e “ricche”. Tutte le altre, ovviamente, non potranno. E, dunque, sarà infine il medesimo operatore scolastico, già vessato sotto altri aspetti e per altri capitoli di spesa, a doversi sobbarcare anche questo ulteriore onere formativo. È giusto? Chissà! Il comma (6), poi, impone l’uso ad hoc delle ore funzionali all’insegnamento: “programmazione per una presa in carico collegiale della didattica della classe”. Questo, forse, potrebbe essere utile, ma suscita più di un sospetto l’imposizione autoritaria.



Terza considerazione. L’art. 6 della succitata proposta di legge, “lega” il docente di sostegno, iperformato, plurispecializzato, al proprio alunno, innescando una catena termporale di rinforzo negativo ad un legame simbiotico tra i due: il docente di sostegno c’è perché c’è l’alunno disabile. E, in una sorta di matrimonio infelice, il primo segue il secondo ovunque vada, nella buona come nella cattiva sorte, nella cattiva come nella buona scuola … Ora, beninteso, la continuità didattica è un argomento delicato e ne comprendo le ragioni didattiche. Ma la soluzione mi pare peggiore del male. Infatti, una delle cause peggiori alle disfunzioni dell’attuale regime è dato dall’isolamento disciplinare del docente di sostegno il quale finisce per instaurare con l’alunno disabile una doppia e biunivoca relazione ambivalente. Due termini insolubili, irriducibili al contesto di riferimento, costituenti un negativo rapporto simbiotico. Ora, santificare ex lege tale rapporto, migliora forse l’integrazione scolastica? Ho i miei dubbi, anche molto seri. L’art. 9 è, a mio sommesso parere, interessante dal momento che istituisce l’organico di rete su più scuole.



Considerazione conclusiva. L’art. 16 blocca qualsiasi rischio di aumento della spesa corrente. Quindi, il sostegno scolastico, come tanti altri capitoli della politica scolastica, dovrebbe migliorare a saldi invariati. Ma trattandosi di un provvedimento generale, ne tralascio ogni altra considerazione limitandomi al destino del sostegno scolastico, dal momento che è questo che mi interessa direttamente. Sono, a mio avviso, tre gli elementi portanti della presente proposta di legge: a) l’imposizione normativa severa; b) l’eccesso formativo; c) il peggioramento del ruolo del docente di sostegno. Le tre cose vanno di pari passo e si confermano a vicenda. Il docente di sostegno deve possedere un bagaglio formativo e di nozioni superspecializzato sulla didattica speciale. Ma questo come favorisce la pratica inclusiva? Per di più, l’accento posto sulla mediazione “speciale” suscita più di un sospetto. Infatti, molta importanza viene attribuita alla mediazione didattica la quale, dirigendosi verso utenti “speciali” non può ricalcare le stentate e ripetitive pratiche di mediazione didattica curriculare. Ma, allora, e di conseguenza, cosa verrebbe a fare infine il docente di sostegno? Non più il docente, regista dell'integrazione scolastica, ma una sorta di mediatore, un trasmissore, un canale comunicativo tra la classe (il docente di classe) e l’alunno disabile. Questo è, sotto ogni punto di vista, uno scadimento qualitativo del ruolo del docente di sostegno. Purtroppo, però, tale dequalificazione è inversamente proporzionale al potenziale formativo che viene richiesto: tanto più è la “specialità” di informazioni imposte ex lege, tanto maggiore è il suo basso livello professionale. Registriamo, cioè, un eccesso di specializzazione che, però, non si genera valore aggiunto, ma una riduzione del tipo di prestazioni professionali richieste. L’inflazione formativa, infatti, regge il gioco alla falsa impressione dei proponenti della presente proposta di legge secondo la quale un personale iperspecializzato e pluriformato dovrebbe fornire un servizio decisamente migliore. Ma così non è, non può essere dal momento che la sua funzione scade decisamente al rango di un assistente alla comunicazione, alla pratica didattica ordinaria, ai bisogni speciali del proprio alunno, e non, beninteso, dell’intera classe. Veniamo, così, all’ultimo spunto generato dalla lettura della presente proposta di legge. Il futuro docente di sostegno assume la funzione finale di un erogatore permanente e per l’intero ciclo di istruzione di servizi alla persona disabile … cioè, in breve, il docente di sostegno cessa di essere un docente contitolare della classe ove è iscritto l’alunno disabile per divenire l’assistente personale di quest’ultimo. Ma l’assistenza non comporta nulla in termini di miglioramento del servizio di inclusione scolastica. Forse, migliorerà l’igiene personale o l’autostima dei fruitori finali ma dovremmo chiederci se ne valga la pena. E qui concludiamo le presenti riflessioni. Infatti, la deriva inscenata nella presente proposta di legge non è avulsa dal contesto generale. Cioè, gli utenti come le loro famiglie vivono le medesime tendenze generali degli altri utenti del servizio pubblico di istruzione: le famiglie non vogliono affatto istruzione e docenza, ma sorveglianza ed assistenza. Una sorta di supplenza mattutina del loro ruolo genitoriale per pargoli incapaci di intendere e di volere, ma distruttivi. Allora, se sono le famiglie degli studenti normodotati a chiedere una scuola che assista i propri figli, per quale motivo non dovrebbero chiedere altrettanto le famiglie di figli disabili? Prova generale ne sia la richiesta, a mezza voce, di una progressiva estensione del tempo scuola, nell’arco della giornata e lungo l’anno stesso: non più solo la mattina e non più solo sino ad inizio giugno. La logica è la medesima: sorvegliare, assistere, tenere compagnia ai propri figli perché i genitori non si fidano di lasciarli soli a casa. Non si chiedono né istruzione né formazione, per quelle ci sono internet e i corsi certificati, ma un servizio accettabile, da un punto di vista qualitativo, e non costoso di baby sitteraggio. La stessa dinamica si verifica puntualmente per l’insegnamento di sostegno: non formazione, ma compagnia e soddisfattore di bisogni speciali. 


Così, mi sia permesso il pensiero "ardito", oltre che aulico, muore l’istanza stessa dell’integrazione scolastica, muore il sogno democratico della scuola di Comenio, del “tutto per tutti”, e ci incamminiamo spediti verso la scuola separata e speciale, del “qualcosa ad alcuni”. Tutti contenti, però. E come in tutte le rivoluzioni, ciò accade sotto scroscianti applausi.




mercoledì 19 novembre 2014

Integrazione scolastica




L'integrazione scolastica "deve creare un ambito dove ogni alunno si senta accettato, dove tutti siano uguali perché tutti diversi: un ambito in cui ciascun alunno dà sostegno e ne riceve dai suoi compagni e dagli altri membri della comunità scolastica".



(V. Piazza, L’insegnante di sostegno. Motivazioni e competenze per il lavoro di rete, Erickson, Trento, 1996, p. 61)



Così dovrebbe essere, così molto spesso, purtroppo, non è nelle normali prassi didattiche.

lunedì 17 novembre 2014

Sostegno scolastico ... riflessioni aperte

(prima riflessione sul testo di Ianes, cui seguiranno tante altre man mano che la mia valutazione andrà avanti)


"se in un sistema scolastico esiste la struttura per cui avere un diploma di specializzazione sul sostegno avvantaggia nell’ottenere un posto di lavoro più stabile, è più probabile che molte persone scelgano di conseguirlo per motivazioni utilitaristiche e, appena possono, abbandonino il lavoro sul sostegno"


(D. Ianes, L’evoluzione del docente di sostegno. Verso una didattica inclusiva, Erickson, Trento, 2014, p. 85)


Pur condividendo, in un'ottica di sostegno scolastico, la prospettiva di Ianes, mi sento in obbligo, nel commentare il passo in questione, di criticare alcuni punti discutibili e, molto probabilmente, anche non condivisibili, almeno da parte chi fa il lavoro "sporco", ovvero per tutti coloro i quali fanno integrazione scolastica nel misero e meschino quotidiano:

1) è il sistema nel suo complesso, tramite spending review, dimensionamento "selvaggio", quota96, preacarizzazione dei contratti di lavoro, eccessiva molla elastica nella mobilità territoriale, riduzione del quadro orario, riconversioni sul sostegno degli esuberi; etc. a spingere in molti a spendere molto denaro per acquisire il diploma sul sostegno;
2) una scelta "verso" il sostegno scolastico, e non "per" il sostegno scolastico in quanto tale, sebbene di marca prettamente utilitaristica e non frutto di vocazione, è sempre deprecabile? A mio onesto modo di vedere, assolutamente no, Lo diventa, però, nella misura in cui viene vissuto male, senza professionalità e senza farlo al meglio delle proprie potenzialità;
3) trovo irritante questa retorica "buonista" del tutto ipocrita in forza della quale è lecito stigmatizzare gli scarsi risultati conseguiti da chi lavora all'integrazione scolastica, sostenendo che è tutta colpa della motivazione degli operatori coinvolti e/o del loro fare "sostegno" per scelta utilitaria e non per "vocazione";
4) davvero, trovo ridicolo legare la professione relativa all'integrazione scolastica ad una mission personale, dimenticando che, comunque, si tratta pur sempre di lavoro, di esercitare un mestiere, pur con l'unico vincolo di farlo al meglio;
5) penso che siano da rigettare i giudizi frettolosi e superficiali di chi valuta l'integrazione scolastica dalla torre d'avorio dell'accademia ... per carità, Dario Ianes è un faro al riguardo, ma sarebbe bene che, lui come tanti altri, facesse un bagno d'umiltà assaporando per un anno (almeno), ma volendo anche per cinque, dieci, venti anni, le molli dolcezze del sostegno scolastico, se s'immergesse, alle nostre stesse condizioni, nelle comuni prassi quotidiane dell'integrazione scolastica! Altrimenti, è troppo semplice, per me che non sono un accademico, dire che il lavoro degli accademici è insoddisfacente rispetto a risorse impiegate e risultati conseguiti ...;
6) a ciascuno il suo, ai docenti di sostegno l'integrazione scolastica, agli psicologi dell'educazione le dinamiche inerenti all'apprendimento in soggetti in età evolutiva;
7) peraltro, trovo anche insopportabile il piglio moralistico che si esprime nel biasimo per quanti, appena possono, abbandonano il sostegno ... in parte ciò è dovuto all'italico adagio per cui chi non è parte in causa, può giudicare gli altri, che invece lo sono, e in parte perché v'è del perverso sadismo nell'infliggere il sostegno "per legge" per almeno cinque anni dall'assunzione in ruolo (che si sommano ai tanti altri anni svolti "da precario") e nel sognare un'impossibilità de facto, non anche de jure perché palesemente ingiusto, di fuga dal sostegno ... e chi conta l'usura umana delle fatiche quotidiane sul sostegno? E chi tiene conto del consumo intellettuale di chi ogni giorno si fa carico dell'integrazione scolastica? E chi tiene in considerazione anche i concreti rischi biologici e/o di salute, fisica e psichica, di chi giorno dopo giorno lavora nel sostegno? Caso strano, sembra quasi che lavorare nel sostegno sia dolce e conveniente, dimenticando, all'esatto contrario, che è una fatica normalmente "doppia" al lavoro curriculare, in alcuni casi particolarmente gravi e infelici anche "tripla". Allora, dopo un congruo numero di anni, considerando però anche gli anni di precariato sul sostegno, perché non premiare tutti questi lavoratori affrancandoli definitivamente dal peso diretto di questo fardello? Invece no, è addirittura in discussione una legge per portare il quinquennio obbligatorio sul sostegno da ruolo ad un decennio ... e chi vorrà mai più, allora, fare sostegno? E chi, tra quanti, volenti o nolenti, resteranno sul sostegno, praticamente "a vita", lo farà con dignità ed impegno?

Caro Ianes, non prendertela, ma, si sa, gli accademici peccano di "distanza" dalla concretezza delle cose, dimenticando che ciascun operatore scolastico preposto all'integrazione scolastica ha la sua vita privata, le sue relazioni, i suoi sogni, le sue aspirazioni, e tutto ciò senza che diventi alibi per cattive prassi d'integrazione scolastica ...


(url immagine: http://altoadige.gelocal.it/polopoly_fs/1.4293725.1405392333!/httpImage/image.jpg_gen/derivatives/landscape_250/image.jpg)

lunedì 10 novembre 2014

Figli di un Dio minore?



"In vari casi i ragazzi in difficoltà erano addirittura condotti in locali a parte per ricevere dagli insegnanti di sostegno lezioni a loro specificamente finalizzate; in assenza dell’insegnante di sostegno, non di rado accadeva che gli allievi con disabilità di varie classi fossero affidati al personale assistente con funzioni di mera sorveglianza"



(G. Fappani, Figli di un Dio minore?, in G. Onger (ed.), Trent’anni di integrazione scolastica. Ieri, oggi, domani, Vannini Editore, Gussago, 2008, p. 120)



Purtroppo, in molte realtà le cose stanno ancora in questi termini, alunni che vivono la scuola fuori dalla classe e che, in assenza del docente di sostegno, vengono addirittura rifiutati dall'istituzione scolastica ...



No, questa è segregazione, esclusione, elusione dei precisi obblighi, negazione del valore costituzionale della scuola aperta a tutti ...

mercoledì 5 novembre 2014

Integrazione scolastica

"L’integrazione vera, buona, è piena partecipazione alla normalità del fare scuola nel gruppo «normale» dei coetanei, in una classe «normale», in una scuola «normale», con attività «normali», cioè di tutti"

(D. Ianes, L’evoluzione del docente di sostegno. Verso una didattica inclusiva, Erickson, Trento, 2014, p. 9)

Cose che sarebbero ovvie e che, purtroppo, non lo sono nelle prassi comuni, nelle stanche routine dell'integrazione scolastica, nelle ridondanti e non incisive liturgie del rito inclusivo ...


(url immagine: https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjuz2h-VoWVSdGW7oBnTcv8XW1JO_aLqZs7-ICxodDHM6WBXJECWsLZU-mp21YvSUA3bv021kfjpcVqxWXM5n79MY30YGvae5u4HnZqdOA0-QW6-ZY_LBNiHX9A_l9QCjqnotPM5qU8wmyS/s1600/integrazione.jpg)

martedì 7 ottobre 2014

Caro Salvatore Nocera



Caro Salvatore Nocerca,






prendo spunto dalla tua critica al boicottaggio corporativistico promosso da alcuni miei colleghi (?) contro Dario Ianes, e contro la casa editrice Erickson, rei di aver proposto un'evoluzione del docente di sostegno, Siccome non conosco nei dettagli siffatta proposta, eviterò di discuterne. Tuttavia, mi soffermerò sul tuo editoriale, pubblicato su Edscuola in data 06 ottobre 2014.






Concordo con te, caro Salvatore, il boicottaggio è proprio una scemenza, qualcosa di inopportuno rispetto anche alla grande tradizione della Erickson e alla reputazione di Dario Ianes. Ciò non toglie, però, che siano presenti alcuni grandi rischi in merito alla proposta di trasformazione del docente di sostegno, e del sostegno in quanto tale, di quest'ultimo. E penso proprio che la levata di scudi cui fai riferimento sia la spia di un profondo disagio sindacale da parte di docenti che, dopo una gavetta lunghissima oltre che umanamente significativa, e dopo cospicui investimenti nei percorsi universitari di formazione specialistica, percepiscono l'ennesimo pericolo di perdita dell'identità professionale, prima ancora di quella occupazionale. E' un segno di debolezza corporativa, perché se fossimo davvero forti manco si alzerebbe la mattina qualcuno a dire che è tempo di cambiare. Invece, l'idea che l'integrazione non ha funzionato a dovere, induce alcuni a vagheggiare un superamento del modello attuale. In forza di cosa, ripeto, non so con esattezza. Sui forum e sui siti si insiste su un collocamento dell'80% del personale attuale su ruoli curriculari mentre il restante 20% diventerebbe un corpo di consultazione da parte del consiglio di classe il quale, per intero, e non più tramite delega al docente di sostegno, dovrebbe farsi carico in prima persona, vale a dire direttamente, dell'integrazione degli studenti disabili. Un qualcosa che già avviene con i BES.






Tuttavia, a mio onesto modo di vedere, il rifiuto dell'evoluzione proposta di Ianes, benché impensabile in concreto di per sé, presenta svariati profili di meritevolezza. Siccome, però, non voglio annoiarti con la mia prosa sguaiata e poco acuta, ne elenco solo due tra i tanti: 






1) venuta meno la figura del docente di sostegno, chi ci garantisce che il consiglio di classe favorisca davvero, e meglio di quanto non avvenisse in precedenza, l'integrazione delle persone disabili?;






2) in tempi di revisione della spesa, ossia di riduzione generalizzata della spesa pubblica, senza se e senza ma, mi risulta quantomeno pericoloso ipotizzare un superamento dell'attuale integrazione scolastica dal momento che si giustificherebbe tout - court la malsana idea di qualche legislatore ragioniere di abrogare in toto l'integrazione scolastica delle persone con disabilità con fine deliberato di conseguire economie per le finanze pubbliche.






Non sono questi due dei profili che da soli già bastano per rigettare la supposta evoluzione del docente di sostegno? Penso di sì, anche se non desidero affatto passare per un conservatore dell'integrazione scolastica. Abusi, errori ed inefficienze si sono verificate e continuano a verificarsi, in primo luogo la vituperata prassi di utilizzare il docente di sostegno come "tappabuchi" per le supplenze temporanee del personale curriculare. Ed è bene lavorare per migliorare il sostegno. Tuttavia, prudentemente rinvierei a tempi più propizi qualsiasi idea evolutiva o palingenetica che sia.






Fiducioso di avermi inteso, ti rinnovo la mia simpatia e il riconoscimento per la tua infaticabile opera di difesa degli interessi delle persone con disabilità







Firmato, un docente che di sicuro non sa nulla di politica e meno ancora di scuola. 









(url immagine: http://www.grusol.it/immagini/libro06-2014.jpg)





giovedì 31 luglio 2014

Unificazione aree del sostegno ... cui prodest?

Finalmente, sono state unificate le aree del sostegno alle superiori ...

Urla di giubilo e apprezzamenti ...

Fiumi di champagne e caroselli per strada ...

Alcuni colleghi, stranamente quelli delle aree più affollate, sono i più contenti, gli altri cominciano a preoccuparsi ...

Riporto di seguito una lettera di non felicità da parte di una collega che sa, come me, che l'unificazione non è dettata né da motivazioni didattiche né tantomeno da un privilegiamento del maggior interesse dell'alunno diversamente abile, ma solamente da un mero calcolo opportunista di chi vorrebbe poter scegliere una sede più "comoda" ...

"[...] Gli unici contenti di questa unificazione sono i docenti di sostegno che fanno parte delle aree più affollate e meno richieste e che prenderanno le ore dell'area scientifica meno inflazionata pur di avere la comodità di avere il posto
nella scuola che preferiscono.

Passeranno il tempo parcheggiati come i loro studenti aspettando che le ore scientifiche passino o penseranno argutamente di evitarle come la peste.

Mi sento sempre più disgustata e l'unica cosa che mi rimane è la coscienza pulita.

Lascio i cari colleghi al disagio davanti a famiglie già duramente colpite ai quali "forse" stanno arrecando un profondo danno aggiuntivo"
(qui il testo completo)

Già, parcheggiati, come i loro alunni ... finalmente abolita l'ingiusta distinzione tra aree ... finalmente docenti parcheggiati ovunque ...