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lunedì 16 aprile 2012

SSFO ... Pluralisti

(immagine tratta da: http://bellodie.altervista.org/filo3a_file/Mappa004.jpg)



Cantami, oh Diva, del pelide ... no, non c'entra! E nemmeno la ninna nanna che, quasi ossessivamente, martella i miei poveri neuroni ... dov'eravamo rimasti? Orpo! Molto indietro, direi, ma, niente paura, possiamo farcela. Allora, è la volta dei cosiddetti "fisici pluralisti". Perché questa ben strana etichetta? La manualistica, in merito, com'è feconda di invenzioni lessicali, ci può aiutare.
I filosofi posteriori all’eleatismo (per inciso, dopo Parmenide, e abbiamo colpevolmente tralasciato Zenone, ma è un guasto che ci proponiamo di emendare) tornano ad interessarsi al problema della natura, ma cercano anche di tener conto della lezione di Parmenide. Più precisamente, essi cercano di conciliare due filosofie opposte, come quella di Parmenide e quella di Eraclito, mediando così il divenire delle cose con l’immutabilità di fondo della natura. Impresa ardua, a dire il vero, di trovare una sintesi, più o meno efficace, a seconda del punto di vista, tra mutamento dell'essere e immutabilità dello stesso.
Per questa ragione, e per questa soltanto, essi vengono definiti filosofi pluralisti in quanto ritengono che i principi della natura siano molteplici, e non uno solo (come Talete e affini).

Infatti, credono che le cose del mondo siano costituite da atomi, da elementi eterni che, unendosi tra loro, danno luogo a ciò che noi chiamiamo «nascita» e, separandosi, danno luogo a ciò che noi chiamiamo «morte».

Genialate da manuali! Però, utili, no?

Allora, questi filosofi, detti "fisici pluralisti", sono (senza alcuna intenzione da parte nostra di fornire un elenco esauriente): Empedocle, i cui principi eterni sono le «radici»; Anassagora, i cui principi immutabili sono i «semi»; e, Democrito, i cui principi eterni sono gli «atomi».
Veniamo al siciliano Empedocle. 

Empedocle

Come Parmenide, Empedocle ritiene che l’essere non possa né nascere né perire, ma diversamente dal filosofo eleatico, desidera spiegare l’apparenza della nascita e della morte e lo fa ricorrendo al combinarsi e al separarsi degli elementi che compongono le cose. L’unione degli elementi costituisce la «nascita» delle cose, mentre la loro divisione la «morte» delle cose. E sin qui nessuna difficoltà, credo.


Gli elementi che si uniscono e si dividono in eterno sono: acqua; aria; terra; fuoco. Che fantasia, vero? Se dovessimo pensare ad alcuni elementi materiali di facile esperienza, a cosa penseremmo? Ah già, in genere, non ci si pensa a cose così.

Empedocle li chiama «radici» e pensa al loro movimento come il frutto dell’azione di due forze cosmiche contrastanti, l’amore, che li spinge ad unirsi, e l’odio (contesa), che li spinge a separarsi. Quindi, quattro elementi e due forze ...

I quattro elementi e le due forze che li muovono sono anche la condizione della conoscenza umana. Infatti, il filosofo siciliano pensa che il simile si conosca attraverso il simile, ossia che dalle cose si stacchino delle particelle minime che colpiscano i nostri organi di senso, producendo delle sensazioni. Il riconoscimento dello stesso elemento (aria o terra o fuoco o acqua) nelle cose e in noi che lo percepiamo produce la conoscenza.


(immagine tratta da: http://www.comune.portoempedocle.ag.it/images/empedocle.jpg)


Per fantasioso che ne sia la costruzione, a tratti, è, forse, uno dei più comprensibili filosofi dell'antichità. E non si sottovaluti affatto l'intuizione di distinguere tra elementi, immutabili, perenni, e relativi composti, mutabili, transitori ... è una prospettiva che tornerà utile in seguito.

Per adesso, prendiamo congedo da quest'autore, e cerchiamo di concentrare tutte le nostre forze su un altro fisico pluralista, di cui però parleremo solo successivamente, Anassagora ...!
Alessandro Pizzo

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