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lunedì 29 febbraio 2016

venerdì 26 febbraio 2016

Adottare il figliastro ...

Mi permetto di svolgere le seguenti e brevi osservazioni sull'istituto dello stepchild adoption (sia che ci sia sia che salti nel provvedimento all'esame del Parlamento).

Iniziamo dal significato, per quanto letterale, "adozione del figliastro". Il figlio del/la compagno/a è pure figlio mio? La lingua tradisce un significato ignorato dai più, e cioè che l'oggetto dell'adozione è il figlio del/la compagno/a, e non anche il mio ...

E questa è già una bella mazzata per i fautori della famiglia rainbow ...

Tutt'al più, il figlio del/la compagno/a sarà, al massimo, un figliastro!

Ma andiamo oltre!

Cosa significa più in profondità concedere l'adottabilità del figliastro? In altri termini, quando si parla di un diritto in tal senso, chi sono i relativi soggetti? E qui balza agli occhi l'oscenità dell'istituto stesso, il quale rivela, e clamorosamente, la sua reale natura strumentale ...

La possibilità di adottare il figliastro non è un diritto di quest'ultimo a poter contare su due figure genitoriali, anziché su una sola (e molto altro ci sarebbe sicuramente da dire sull'altro genitore biologico misteriosamente assente o scomparso ...), ma un diritto dei due adulti che vorrebbero occuparsene, uno è il/la padre/madre biologico/a, l'altro/a è il/la compagno/a del primo ...

Insomma, pare chiaro che l'istituto dell'adozione si è piegato ai voleri di due adulti i quali guardano al minore non come a un fardello di responsabilità, ma ad un box da pic - nic oppure ad un pupazzo da decorare con fibre colorate e piumini variopinti ...

Dunque, lo stesso minore, il child, il figliastro non è affatto un soggetto meritevole di tutela, ma solamente l'oggetto di godimento (dei capricci) di due adulti che vivono assieme ...

E di sicuro non è tale possibilità a fare una famiglia, esattamente come il vivere assieme non è affatto un diritto ...

Infine, un'ultima postilla, davvero conclusiva: ma possibile che non si avverta lo slittamento di fondo? Una volta i diritti erano al servizio delle persone, ed esistevano solo come benefici per queste ultime. Ora, invece, e purtroppo, i diritti sono onnipotenti, onnivori e neutrali, e le persone esistono solo in loro funzione. Cosa volete che importi all'adottante adulto del figliastro? La cosa importante è che egli/ella si senta riconosciuto/a nel ruolo genitoriale che sta goffamente imitando ...

L'abito, però, non fa il monaco!



(url: http://www.forexinfo.it/IMG/arton33004.jpg)


martedì 23 febbraio 2016

Scuola, addio!


La valutazione è entrata con forza e in maniera quasi pervasiva nella scuola, ma non è dato sapere, almeno non esattezza, con quali finalità ... 

A tratti sembra un inevitabile epilogo di un lungo processo cominciato almeno trent’anni fa, e a tratti sembra quasi una sadica imposizione da parte dei poteri di turno. 


Comunque la si veda, però, appare davvero ostico applicare alla dimensione formativa per eccellenza, vale a dire alla scuola in quanto tale, strumenti e metodi di management e di empowerment codificati in altri settori. Forse perché la scuola non è un luogo di produzione di semplici prodotti materiali e forse perché errato è il modello astratto assunto a pietra di paragone dei grigi omini che vi lavorano, sempre più soli, sempre più tristi, sempre più vilipesi, sempre più poveri, all’interno di una scuola progressivamente inagibile, improduttiva, inefficace, povera, tagliuzzata qua e là, e mortificata da una considerazione sociale che la desidera marginale nella formazione delle giovani generazioni ...


Il tutto, ovvero la vicenda della valutazione di sistema, a volerla dire tutta, efficace metafora di un ideale di cultura comeniana “per tutti” che si avvia mesta e in solitaria lungo il viale dimesso e sconnesso del tramonto mentre la scuola – istituzione si affolla caotica o alla coorte del potente del momento oppure corre dietro le sirene altisonanti della moda anglofana di turno. 


In mezzo, però, restano gli oscuri abitanti delle – non più – comunità di apprendimento, non solo chi vi lavora, ma gli stessi studenti, privati delle loro identità e abbandonati nella terra di mezzo delle furiose guerre dei discorsi ...


(url: http://www.uhu.es/cine.educacion/figuraspedagogia/comenius1.gif)

sabato 20 febbraio 2016

Ke fatica!

Salutando Eco, cito uno dei suoi romanzi stranamente meno in voga ...


Mentre tutti si aggirano intorno ad Adso, io penso a Baudolino ...


"ke fatica skrivere mi fa gia male tuti i diti [...]"



Mai parole furono più chiare intorno alla "pesantezza" dello scrivere (e del pensare).

Ciao, cantastorie, ora scrivere (e pensare) ti sia più lieve.


(url: https://www.google.it/url?sa=i&rct=j&q=&esrc=s&source=images&cd=&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwi4wbC-hovLAhXCzRQKHcQOChgQjRwIBw&url=https%3A%2F%2Fforum.termometropolitico.it%2F693538-umberto-eco-dixit.html&psig=AFQjCNGcj6N5huIN6BItK1r0ce57p4db-Q&ust=1456219491207802)

venerdì 19 febbraio 2016

Tentazioni

"1-2: In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo. E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame.

3-4: Il tentatore allora gli si accostò e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, dì che questi sassi diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: "Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio"».

5-7: Allora il diavolo lo condusse con sé nella città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto: "Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo, ed essi ti sorreggeranno con le loro mani, perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede"». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: "Non tentare il Signore Dio tuo"».

8-11: Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai». Ma Gesù gli rispose: «Vattene, satana! Sta scritto: "Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto"». Allora il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servivano"

(Mt IV, 1 - 11)

Queste parole ci interpellano personalmente perché quel che accade a Gesù è lo stesso che accade anche a noi, nella nostra immediata quotidianità, e molto più spesso di quanto non si sia in grado di riconoscere.




Innanzitutto, la situazione iniziale. Il deserto. Non l'amena immagine o fantasia che possiamo coltivare di un luogo esterno privo di civilizzazione, ma, all'esatto contrario, l'assenza di umanità che prova e che prostra, anche quando non ce ne accorgiamo, anche quando così non ci sembra, anche quando non siamo disposti a riconoscerlo. Ecco che lo spazio luminoso e vivido che dimoriamo assume le fattezze sinistre del deserto, dell'abbandono, dell'assenza di umanità, della metafora di quella umana condizione che consiste nella vulnerabilità, nella debolezza, nella fragilità ...




In questi momenti, si prova solitudine, sofferenza, inquietudine, e fame .... fame spirituale certo, ma anche fame morale, anche fame materiale ...




E questa situazione di inaridimento esistenziale ci espone all'attacco, al tranello, alle tentazioni. Gesù condivide con noi, con tutti noi, con ciascuno di noi, la pienezza della condizione umana, eccetto il peccato, e sperimenta su di sé l'asperità della vita terrena, il deserto, la fame, le tentazioni.



Proprio quando è più vulnerabile, l'avversario gli si accosta e si sente la sua voce astuta. Egli conosce ed usa, ma in modo strumentale, le scritture, al fine di indurre nella confusione, nel non retto discernimento, nell'equivoco, e, quindi, nel peccato.

L'invito a tramutare le pietre in pane è la prima e fondamentale tentazione che colpisce l'uomo, ovvero quella di radicarsi nel mondo, in una condizione solamente materiale, disconoscendo così quella spirituale. Il serpente, strisciante e misterioso, colpisce direttamente l'umanità nella sua fragilità. Hai fame? Mangia! Hai fame e sei Dio? Usa i tuoi poteri per trasformare i sassi nel tuo cibo.

Questa è la tentazione del pane ...

Ma Gesù gli replica: il cibo è importante per l'uomo, ma non è tutto. Di gran lunga più importante è la comunione con Dio, ovvero cibarsi del pane del cielo.

Successivamente, allora, ancora, il tentatore lo conduce sulla sommità del Tempio e lo tenta ancora, con le antiche parole delle prime tentazioni ... sei Dio, no? E allora gettati di sotto, tanto gli angeli accorreranno a salvarti. Ancora, il serpente distorce le parole bibliche per ingannare gli uomini, e separarli così da Dio. Pensa a salvarti tu, agli altri penseranno altri. Quante volte abbiamo sentito questa tentazione? quante volte abbiamo concepito questo pensiero? Quante volte la voce del serpente è giunta, sinistra e misteriosa, alle nostre umili orecchie? Pensa a te stesso, degli altri non curarti ...

Ma Gesù, ancora, gli replica: non tentare il Dio tuo! E non facciamo spesso così anche noi? Salvaci, ma lascia morire gli altri ... quante volte l'egoismo si frappone tra noi e Dio? Quante volte il serpente si interpone tra noi e Gesù? Gesù potrebbe fare quanto propostogli dal tentatore, ma non lo fa. Potremmo chiedere a Dio chissà quali prodigi o miracoli, per noi o per altri, ma questa sarebbe fare la sua volontà? Di chi sarebbe, infatti, funzione questa richiesta? Questa preghiera? Questa orazione? Per chi la faremmo?

Questa è la tentazione del prestigio ...




Infine, Gesù viene portato in cima alla vetta di un monte altissimo e dall'alto il serpente gli mostra tutti i regni e le ricchezze della terra e gli pone l'ultimo, e più sottile, inganno: adorami, e tutto quello che vedi sarà tuo ...



Ancora una volta cerca di farsi adorare come un Dio, cerca di sottrarre le creature al Creatore, cerca di frapporsi fra le prime e l'Ultimo ... ma non propone i beni del cielo, solo i beni effimeri della terra! Eppure, la tentazione è forte, non solo per Gesù, ma per ciascuno di noi ... onore e potenza, ricchezza e sazietà!

Gesù, però, lo tacita, lo scaccia, lo disperde, con le parole del primo, e fondamentale, comando divino: solo a Dio renderai culto!

Ma quante volte abbiamo coltivato idoli? Quante volte abbiamo cercato il potere? Quante volte abbiamo ceduto alla seduzione della corruzione? Alla seduzione della potenza terrena? Sul mondo? Sugli altri? Millenni son passati, ma l'uomo è sempre lo stesso del racconto biblico, assaggia il frutto proibito e diventa come Dio ...

La tentazione del potere ...



(url: http://www.it.josemariaescriva.info/image/tentgde.jpg)

lunedì 15 febbraio 2016

Prolegomeni al merito ...



Se globalmente intesa, e liberi da condizionamenti, più o meno inconsci, oppure più o meno ideologici, fintantoché ci si limiti alla descrizione oggettiva del suo funzionamento, l’attuale dispositivo di valutazione di apprendimenti e qualità del servizio erogato (INVALSI; ndr) non sembra sortire difficoltà o criticità o pecche di rilevanza. Anzi, sembrerebbe quasi l’esito scontato di un processo tanto lungo quanto irto di cadute.

Se, invece, e al contrario, si mette da parte l’astratto neutralismo, dal vago sapore weberiano, e si esamina il burocratese con lenti attente, non è possibile né tacere né far finta che il tutto sia buono o così neutrale per come appaia prima facie.

Infatti, ogniqualvolta si attivi un percorso di valutazione lo si fa rispetto ad un modello ben preciso. Anche quando un docente valuta un alunno lo fa avendo in mente un modello determinato, sebbene del tutto astratto, di alunno, ed è in funzione di quest’ultimo che compara il rendimento di quello concreto. Allora, è appena il caso di chiedersi quale sia il modello ideale, e non scritto, e non esplicitato, e non pubblico, di scuola che si ha in mente. Infatti, sottoporre la scuola concreta alle forche caudine della valutazione significa, né più né meno, valutarla in riferimento ad un idealtipo ben preciso, altrimenti, e non credo sia questo il caso, si mette in campo tutta una struttura elefantiaca al solo scopo di fingere di valutare davvero. 


Quando il decisore politico ha imboccato questa strada, il disegno ideale era chiaro e preciso, e vale a dire avvicinare la scuola transeunte alla scuola ideale. Ma se così è, e nulla sembra confutare tale esame, o poterne inficiare la validità, la valutazione non appare affatto di natura meramente diagnostica o solamente conoscitiva. Al contrario, attiva un meccanismo di precisa imputazione di responsabilità a vari livelli, attribuendo e riconoscendo queste ultime ad attori chiaramente individuabili all’interno della struttura propria assunta dalla singola organizzazione scolastica. 


Viceversa, infatti, a cosa servirebbe accumulare una tale mole di dati ed informazioni? Per un misero desiderio di accumulo? Senza scomodare Freud, infatti, l’intento della struttura non è affatto quello di produrre conoscenza disinteressata in merito al reale, quanto, e piuttosto, quello di individuare “buoni” e “cattivi”, “virtuosi” e “viziosi”, “meritevoli” e “incapaci”. Ricondurre tali dati a erogatori e correlati fruitori significa districarsi in maniera lineare e chiara nelle maglie oscure e confuse delle pratiche didattiche; significa, per dirla altrimenti, legare in maniera efficace le singole pratiche didattiche tanto a chi le formula e mette in atto quanto a chi le riceve e dovrebbe giovarsene. Ne consegue, in maniera abbastanza chiara, a mio modesto avviso, che la conoscenza conseguita non è affatto neutrale, ma abilita l’azione di livello superiore riguardo tanto al “premiare” quanto, e forse soprattutto, al “punire”. 

La sua filosofia, pertanto, mi appare inequivocabile, e segnatamente consistente nel rendere possibile l’imputazione di responsabilità personali ai vari livelli di funzionamento dell’organizzazione scolastica.

Il fatto che sinora questo “ultimo miglio” non sia stato ancora compiutamente e sistematicamente realizzato non significa affatto che continuerà a restare tale. Detto con altre parole, il fatto che da tale conoscenza al momento non siano seguiti atti di vero e proprio controllo funzionale non legittima credere che lo stato attuale perduri ancora nel tempo.

Al contrario, proprio la messa a regime delle valutazioni INVALSI, così come la funzione conseguita riconosciuta ora ai dirigenti scolastici di poter premiare i propri dipendenti virtuosi o meritevoli, lascia supporre che il passo successivo sia ormai prossimo, e che l’ultima tappa del processo intrapreso sia oramai sul punto di essere raggiunta.

V’è, infine, un ulteriore elemento che, se si vuole, corrobora tale impressione, e cioè il silenzio con cui il passaggio lungo l’ultimo miglio viene attualmente percorso. Detto altrimenti, proprio quando la filosofia soggiacente alla valutazione dovrebbe emergere dalla sua latenza, e divenire palese, in quanto diretta emanazione dell’attuale livello di maturazione del dispositivo attivato proprio in sua funzione, aumenta il silenzio su di essa. Il che dovrebbe sortire quantomeno un più che legittimo dubbio, oltre a formulare la questione presente: a cosa serve valutare se non si danno corrispettivi premi? O, per dirla altrimenti ancora, per quale motivo si sprecano così tante risorse se la valutazione non consente di avere meritevoli e incapaci? O, se si preferisce, come mai ai voti non seguono premi e punizioni?

Non appena si sollevi, anche solo per un attimo, il lembo del velo di Maya della valutazione scolastica, ecco che sinistri ed inquietanti interrogativi squarciano l’assordante silenzio inerente alla sua effettiva utilità.

Ma se tanto basta, di per sé, a non far dormire più sonni tranquilli ai dipendenti scolastici, possiamo aggiungere ancora un inquietante elemento onde poter render conto dell’estrema opacità del dispositivo valutativo, e cioè il seguente: cosa registra, o misura, o parametra, davvero la valutazione di sistema? O, per meglio dire, è davvero efficace la valutazione del nesso tra analisi e attività monitorata? Cioè, siamo davvero sicuri che la valutazione di sistema dia contezza del merito? A questa domanda, ovviamente, non è possibile dare risposta dal momento che proprio l’implementazione di un dispositivo valutativo rende conto di un modello ideale, e non della necessaria strumentazione concreta. Detto altrimenti, detta valutazione non misura qualcosa di oggettivamente misurabile, vale a dire un’efficienza didattica troppo dipendente da fattori contestuali ed esogeni, ma distingue tra “buoni” e “cattivi” in funzione di un modello ideale non diagnostico, quanto, e piuttosto, morale. Ciò significa, allora, che, tranne singoli casi, detta valutazione premierà e condannerà a prescindere dall’effettivo merito del singolo operatore scolastico! In altri termini, il modello ideale nella mente del decisore politico, essendo meramente morale, e non scientifico, costruisce in abstracto i propri oggetti, distribuendoli lungo una linea non in funzione di quel che fanno ed ottengono nel concreto, ma in funzione di un’arbitraria collocazione ideale.

E tuttavia qualcosa bisognerà pur riconoscere al decisore politico, onde evitare un quadro eccessivamente sbilanciato, e cioè che era oramai inevitabile uscire dalle secche del finanziamento gratuito. In altri termini, l’attuale sistema di valutazione è la garanzia di sistema che il sistema stesso si dà per responsabilizzare le istituzioni scolastiche sia riguardo alle fonti ricevute sia riguardo alla correlata gestione attuata. 


Come si vede, dunque, la valutazione è solo un volto dello stesso processo di autonomizzazione delle istituzioni scolastiche, o, se si preferisce, lo strumento in forza del quale rendicontare all’esterno cosa si è fatto, come, perché e con quale impatto sociale. Ma far questo prepara all’imputazione di responsabilità, vale a dire a giustificare esattamente il cosa, il come, il perché e i risultati della propria personale azione …


(url immagine: https://comitatoscuolapubblica.files.wordpress.com/2013/04/misura-della-qualitc3a0.jpg)

lunedì 8 febbraio 2016

Charitas

Forma breve (1Cor 13, 4-13)


Dalla lettera prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

"Fratelli, la carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino.
Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Al presente conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!"


Dov'è carità? Dove va la carità? Cosa fa la carità? Com'è la carità?

Queste domande ci interpellano personalmente, ad uno ad uno.


(url: http://www.parrocchiaallumiere.it/wp/wp-content/uploads/2014/08/mani.jpg)

venerdì 5 febbraio 2016

Caro sindaco, ma cosa fa il Presidente della Repubblica?



Durante incontro con le istituzioni, sindaco e vice - sindaco, e dopo ampio discorso sulle finalità delle istituzioni locali e sui servizi erogati dal comune, un alunno di terza superiore si propone e chiede al sindaco "ma quanto prende al giorno il presidente della repubblica?" ... 


La tirata è chiaramente qualunquista e inquinata da chissà quali difficoltà familiari, vere o presunte o immaginate che siano, e, a prescindere dal suo essere del tutto fuori luogo in quella occasione, a differenza invece del gradimento mostrato dai miei colleghi, il tutto mi suona del piuttosto sgradevole ...


Da lì parte ovviamente un coro nei confronti delle ingiustizie perpetrate dai rappresentanti del popolo perché "se siamo tutti uguali, perché qualcuno prende 1000 mentre altri prendono 100?". Un coro che ricorda la pubblica piazza oppure la curva di uno stadio o ancora qualche forum virtuale ... il risultato è lo stesso: anziché chiedere conto in sede locale di servizi non funzionanti o mal erogati, si è corsi verso i massimi sistemi, e il gregge si è subito e voluttuosamente accodato!


Qualcosa non torna, però, qualcosa di sinistro, qualcosa di decadente, qualcosa di irrimediabile, qualcosa di inguaribile e che attiene al perverso intreccio di invidia - narcisismo che si atteggia a moralismo (di bassa lega) di massa... 


Poi pensi che tra non molto questo studente, come tutti i suoi coetanei, voterà ed allora capisci che il tuo posto nel mondo è una casetta tutta rossa isolata in qualche fiordo norvegese ... 









(url: http://www.mondointasca.org/wp-content/uploads/2015/06/fiordo.jpg)


martedì 2 febbraio 2016

Family ed eterofobia

Finalmente è finito il family day!

Ed ora possiamo finalmente condurre alcune scomode ed inattese considerazioni ...

Una delle affermazioni classiche suona grosso modo così: "perché volete impedire ad altri di essere come voi?". Ed è un'affermazione quanto meno strana. Infatti, sostenere l'orgoglio della famiglia etero non significa certo voler limitare terzi o estensioni moderne della stessa. Ma il fatto che se la si pensi così, mi spinge ad approfondire la questione, e i correlativi valori in gioco.

In effetti, è erronea la titolazione della manifestazione: perché un giorno l'anno di giorno della famiglia? E perché all'inglese? Giorno della famiglia ... e se intendessimo un Family Pride? Non sarebbe più opportuno, se passa l'idea di una qualsivoglia contrapposizione? Se si trattasse di un giorno l'anno di orgoglio della famiglia etero, potrei pure riconosce la sensatezza dei suoi detrattori, i quali unificano il tutto in un solo, ed unico ragionamento: "tutto è famiglia, perché avversare ulteriori modalità concrete di sua realizzazione?".

E qui veniamo ad un altro equivoco o malinteso. Ovvero, gli etero scenderebbero in piazza per tenersi stretta la famiglia la quale, tradizionalmente, discende dall'unione di una coppia etero. E' così? Ovviamente no (le famiglie etero vorrebbero più garanzie, più tutele, più aiuto), ma nella guerra dei discorsi, e nella correlativa contesa politica, non importa se sia vero o meno, quanto, e piuttosto, che muova consensi verso un polo o l'altro. Di conseguenza, quel che davvero i nemici del family day vogliono dire è che "gli etero sono omofobici", oltre che egoisti, perversi, violenti, pedofili, stalker, etc.! E, di conversa, che i gay sono l'esatto contrario, veri e propri modelli virtuosi, e cioé: altruisti, sani, dolci, amorevoli, rispettosi, etc.!

Non si spiegherebbe altrimenti il tamtam mediatico di tanti etero che parlano male degli etero che partecipano al family day. Cioè, e paradossalmente, non sono i gay a parlare male del family day, cosa piuttosto normale da parte loro, o degli etero, ma sono gli etero stessi che parlano male di family day e di altri etero ...

Ciò spinge ad un'altra considerazione ancora. Come mai quando a scendere in piazza è il Gay Pride gli stessi etero non parlano dei gay negli stessi termini con cui gli etero parlano degli etero del Family Day? Ecco un problema molto grosso! E come mai il tamtam mediatico loda, come segno di civiltà, (la carnevalata colorata, rumorosa ed eccessiva del) il Gay Pride ma denigra, come segno di arretratezza, di negazione dei diritti, il Family (Pride) Day? Come mai due pesi e due misure? Come mai il registro valutativo cambia a seconda che vada in scena il primo o il secondo?

E questo apre ad un altro orizzonte. Cosa criticano gli etero del Family Day? Forse solo una cosa, e vale a dire che non si equivochi tra unione familiare e famiglia etero. La prima e la seconda, in effetti, sono cose ben diverse, oltre che fondate su una assodata giurisprudenza costituzionale. Ma i male informati insistono: tutto è famiglia! L'amore è amore! E questo è vero, come lo è che non tutti possono assumere i medesimi stati personae sulla base di ruoli istituzionali differenti. Detto in breve: un etero può essere anche marito e moglie, come padre e madre. Un gay no. Ma questa è una discriminazione? Ovviamente no, ma i male informati non demordono e ti dicono "perché volete negare agli altri i diritti di cui godete voi?". Certo bisognerebbe spiegare loro che, in realtà, tranne dei diritti patrimoniali, gli etero uniti in matrimonio non godono di alcun diritto aggiuntivo o comunque derivante dallo stato matrimoniale, così come bisognerebbe loro chiarire che un giorno i diritti fagociteranno l'umano stesso, trasformandosi da strumenti al servizio delle persone a finalità stesse delle persone, ma sarebbe una fatica sprecata. Ed allora torniamo al furor che acceca gli stessi etero contro altri etero ...

Forse, il problema non sono tanto i gay, con il loro occupare tutti gli spazi di visibilità, al fine, manco tanto velato, di ottenere ulteriore riconoscimento giuridico, e nemmeno le modalità colorate di farlo (d'altro canto, perché non dovrebbero farlo?), ma gli stessi etero, coloro che, per ragioni varie, si ergono a moralizzatori degli altri ...

Quando si attacca il family day, in altri termini, non si attacca la famiglia etero, ma l'orientamento etero in quanto tale! Questi etero più morali degli etero del family day hanno in odio lo stesso orientamento etero e lo considerano un vero e proprio errore! Ed allora tirano fuori l'etologia per mostrarti come l'amore gay sia molto diffuso nel mondo animale e come quello etero, al contrario, sia quasi un'eccezione. e l'intento sotteso è esplicito: non è innaturale l'amore gay, ma quello etero! E così il gioco è concluso: abbiamo infine rovesciato la tavola dei valori e trasformato una concessione, di maggiori tutele, ad una fascia minoritaria della popolazione, in una limitazione, in termini di visibilità e tutele, alla fascia maggioritaria della popolazione. Detto altrimenti, gay è così la norma, e criterio di valutazione morale, mentre etero l'eccezione, e contro natura per giunta!

Pertanto, in conclusione, quel che i detrattori del family day hanno in odio non è la famiglia tout - court, ma la famiglia etero! Anzi, lo stesso orientamento etero in quanto tale. E come nel caso di odio nei confronti dei gay si parla di omofobia, si dovrebbe parlare di eterofobia. Ma, come tante cose nella ipocrita retorica pubblica, questo non si può dire ...

Ops, l'ho detto! Ora verrò tacciato di omofobia ...


(url: https://comitatitricolore.files.wordpress.com/2016/01/family-day.gif)