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mercoledì 27 novembre 2013

Un trascendentalista poco kantiano oppure un kantiano privo di trascendentalismo ... I

(ci vuol fegato per approcciarsi ad Husserl, ci vuole ingegno sincero per comprenderlo. A partire da questo post, cercherò di avere sia l'uno che l'altro in un processo plurale di progressiva comprensione di questo, per me, illustre sconosciuto)


(immagine tratta da: http://biografieonline.it/img/bio/Edmund_Husserl_1.jpg)



Chi non vuole buttarsi su Heidegger e nel contempo rimanere lontano dal mantra del postmoderno, in genere, assume Husserl come il prototipo dell'ultimo VERO filosofo.


Questo, secondo certi aspetti oppure da un determinato punto di vista, è vero, ma corre il rischio della banalizzazione oppure dell'azione secondo falsa coscienza.



Dobbiamo, piuttosto, sfrondare il linguaggio husserliano, così debitore, a suo modo, alla cultura, anche scientifica, del suo tempo da apparire quanto meno "strano" ad un lettore odierno.


Così, prendiamo in considerazione solamente il suo Manifesto: Idee per una fenomenologia pura[1]. 

Cosa intende Husserl con filosofia? Glossiamo il suo linguaggio e cerchiamo di chiarire un poco le idee.

In primo luogo, egli considera la filosofia una fenomenologia. Ma che vuol dire fenomenologia? E' evidente come il discorso si collochi ben distante dal suo principale termine di paragone, vale a dire il fenomenismo trascendentale di Kant. Husserl si riferisce ad un generico campo di fenomeni per dire solamente che la filosofia consiste in questo sguardo trascendentale sui fenomeni. Al punto da poter essere una "scienza di fenomeni"[2]. 


Ora se per Kant la conoscenza è il frutto della (doppia) sintesi di giudizi a priori e di giudizi empirici, in Husserl questo non importa. Non si tratta infatti di determinare le condizioni a priori di ogni conoscenza futura o possibile, vale a dire esattamente l'orizzonte trascendentale del cogito, o Io penso, ma più dinamicamente la maniera attraverso la quale il fenomeno entra nello spazio della coscienza, diviene cioè oggetto di pensiero[3].

Per dirla altrimenti, se in Kant conta stabilire con quale attendibilità il soggetto pensa quel che pensa, in Husserl conta stabilire come pensa chi pensa.


Per questo motivo, e sin dalle Ricerche logiche, egli prende posizione contro la psicologia empirica[4]: non ha alcuna importanza ancorare la conoscenza dei processi gnostici, vale a dire conoscitivi, in quanto frutto dell'articolazione del cogito umano, alla loro dimensione materiale, vale a dire fisica o cerebrale; importa, piuttosto, descrivere come funziona il pensiero umano nel momento stesso in cui ha luogo.

Ecco come mai Husserl appare così lontano dai nostri orizzonti: egli non si limita a fornire un resoconto ex post, ossia al termine del processo del pensiero, ma ne fornisce una presa diretta, dando luogo a quel caratteristico "rumore di fondo" che è possibile cogliere leggendo le sue pagine ...


A questo punto, però, dovrebbe risultare del tutto chiaramente, come egli stia a Kant come Kant stia a Copernico. Husserl si richiama molto da lontano al fenomenismo trascendentale kantiano ma subito per smarcarsi e gettare le fondamenta di quella che lui stesso considera una "scienza essenzialmente nuova"[5], la fenomenologia, vale a dire la descrizione dinamica, ed interna, della maniera attraverso la quale la coscienza fa esperienza di fenomeni, vale a dire di idee pure, o essenze

In questo modo, quella di Husserl non può venir considerata una filosofia trascendentale, ma una fenomenologia che punta ad essere una scienza delle idee, vale a dire è una scienza eidetica.


E cosa significa scienza eidetica? Anche a costo di apparir superficiale o scolastico, sostengo che è una particolare curvatura del discorso filosofico la quale prende in considerazione le essenze delle cose, ossia la natura loro propria dei ... fenomeni. 


Detto altrimenti, quel che è quanto appare. 


Kant parlava in termini critici di noumeni, vale a dire di sorgenti inconoscibili delle conoscenze, ossia la combinazione mista, a priori ed empirica, dei fenomeni, invece qui Husserl parla di essenze, vale a dire di sorgenti conoscibili delle cause della conoscenza, ossia dei fenomeni una volta che entrino nello spazio della coscienza, gli "elementi strutturali alla nostra esperienza"[6].

(continua)

Note
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[1] Cfr. E. Husserl Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, Einaudi, Torino, 2012.
[2] Ivi, p. 3.
[3] Ivi, p. 5.
[4] Ivi, p. 3 e sg.
[5] Ivi, p. 3.
[6] Cfr. V. Costa, Husserl, Carocci, Roma, 2009, p. 33.

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