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giovedì 29 marzo 2012

Contraddizione e incoerenze

Quanto segue è l'abbozzo di un lavoro che sto sviluppando in questi giorni. E' ancora molto immaturo, ma presenta già tutte le idee che desidero articolare e discutere.


Considerazioni inattuali sulla contraddizione


(immagine tratta da: http://us.123rf.com/400wm/400/400/fleyeing/fleyeing0607/fleyeing060700001/452118-ambigua-strada-segno-su-un-bivio-in-belgio-concetto-di-confusione-e-di-contraddizione-la-scelta-e-di.jpg)

L’idea alla base del presente scritto è offrire una discussione non formale né troppo specialistica di una nozione oggi tanto criticata, quanto non rigettata, almeno in parole: la contraddizione. Dato il clima generale di discredito nei suoi confronti, le considerazioni che vi saranno offerte saranno inattuali, ma non solo per questa semplice ragione, anche perché non verranno accompagnate da riflessioni innovative al riguardo. Preferiamo che siano autori ben più quotati a parlare al nostro posto (e che solo per “gioco” non verranno in questa sede introdotti puntualmente, anche se resteranno perfettamente riconoscibili dietro le quinte) mentre, dal nostro piccolo ruolo, ci limiteremo a ripetere, e, forse, anche a balbettare, le loro parole.
Al massimo, questo sì, si potrebbe dire che le nostre umili considerazioni, benché inattuali, saranno una breve, e si spera anche fruttuosa, introduzione al tema in oggetto, alla tematica scelta. Sullo sfondo, quindi, emerge nebulosa la figura ancestrale e pericolosa, quanto temibile, della contraddizione … un limite de quo del linguaggio, del pensiero, della rappresentazione che possiamo farci della realtà. E seppur infido come nemico, è bene affrontarlo piuttosto che fuggire.
Fuor di metafora, proprio perché un limite interno alla consistenza di pensiero e linguaggio, è bene prestare la massima cura nel discuterne. Al massimo per evitare proprio contraddizioni.
Come cominciare? È molto semplice: forse dall’inizio?
Si prendano in esame le due seguenti proposizioni:

(1) Oggi piove;
(2) Oggi non piove.

Procediamo, dunque, con ordine, anche senza seguire un progetto prefissato.
Sicuramente, potremo dire che (1) e (2) sono due proposizioni (asserzioni) contraddittorie poiché l’una è il contrario dell’altra (l’una nega l’altra), e viceversa.
Allo stesso tempo, (1) e (2) sono in contraddizione se pensiamo che abbiamo il medesimo oggetto (il tempo ‘oggi’ nel medesimo luogo dell’enunciante) e vengono espresse nello stesso tempo (‘oggi’).
Ancora, (1) e (2) sono contraddittorie se ad enunciarle è il medesimo enunciante (in tal caso, se quest’ultimo crede effettivamente che siano vere entrambe, egli è anche in contraddizione epistemica).
È possibile aggiungere ancora qualche considerazione? Eccome! Se (1) e (2) sono proposizioni contraddittorie, non possono essere entrambe vere: o è vera (1), e falsa (2), oppure è falsa (1), e vera (2) (diretta applicazione del principio del terzo uomo: o è vera l’una, e falsa l’altra, o è falsa l’una, e vera l’altra; tutto secondo il brocardo: tertium non datur).
Ma le riflessioni non possono certo concludersi qui. Infatti, da un punto di vista morfologico, possiamo notare come (1) e (2) siano delle proposizioni contrarie: (1) è il contrario di (2), e viceversa; (1) è, infatti, la negazione esatta di (2), e viceversa.
Tuttavia, le limitazioni, magari in questa sede non espresse in maniera esplicita, di (a) ‘luogo’ (che (1) e (2) vengano enunciate nello stesso luogo, e non in due luoghi differenti); (b) ‘tempo’ (che (1) e (2) vengano enunciate in un lasso temporale tanto ravvicinato da rendere risibile ogni apprezzamento di differenze tra i due momenti eterogenei); e, (c) ‘locutore’ (che (1) e (2) vengano enunciate dal medesimo soggetto); per accurate e precise che siano, fanno i loro (dovuti) conti con la caratteristica ambiguità del linguaggio umano, mai uguale alla realtà che pure desidera descrivere (e rappresentare). Quest’ultimo limite può venir sciolto nella maniera seguente:

- Se due locutori diversi enunciano rispettivamente (1) e (2) pur nello stesso tempo e nello stesso luogo, non si dà più contraddizione tra le due proposizioni. Al massimo, se proprio lo si desidera, se i due locutori condividono il medesimo spazio e lo stesso tempo, allora è legittimo dire che sono in disaccordo (contraddizione) tra loro. Ma questa è una forma di contraddizione che esula dall’argomento prescelto. Invece, un locutore può davvero credere che siano entrambe vere (1) e (2).
- se un locutore enuncia (1) o (2) e dopo un periodo considerevole di tempo, purché, però, il giorno resti lo stesso, enuncia la sua negazione (2) o (1), le enunciazioni risultanti (1) e (2) sono ancora in contraddizione? A rigor, temo di dover rispondere negativamente.
- Se un locutore enuncia (1) in Italia e un altro locutore enuncia (2), poniamo caso, in Cina, anche se morfologicamente (1) e (2) sono l’una contraria dell’altra, e viceversa, non si dà contraddizione, almeno nella forma tratteggiata in questa sede.

D’altra parte, l’esame in oggetto, a partire dal quale si offrono le presenti considerazioni inattuali, sono gli unici casi cui riferirsi. Questa è la limitazione iniziale alla quale è bene attenersi. E tuttavia appare legittimo chiedersi, giunti a questo punto, se sia possibile procedere alle relative definizioni. Infatti, non avrebbe senso fermarsi a questo punto, senza procedere in un ulteriore, ma conseguente, sforzo definitorio. Per questa ragione,

(def.) NEGAZIONE: una proposizione (X) è la negazione di un’altra proposizione (Y), simile ma differente, se, e solo se, esprime, tramite negazione del contenuto in (Y), l’esatto contrario della proposizione (Y). Vale l’inversa (es. sono due proposizioni contrarie le seguenti negazioni: (i) gli asini volano; e, (ii) gli asini non volano; oppure, (i) è giorno; e, (ii) è notte; etc.).

(def.) contraddizione: una proposizione (X) è la contraddizione di un’altra proposizione (Y), simile ma differente, se, e solo se, esprime, per via di essere la relativa negazione di (Y), l’esatto opposto della proposizione (Y), a condizione che vengano enunciate nello stesso luogo e nello stesso tempo. Vale l’inverso (es. sono due proposizioni contraddittorie le seguenti proposizioni una volta che vengano enunciate entrambe: (X) il cane abbaia; e, (Y) il cane non abbaia; oppure, (X) il mare è salato; e, (Y) il mare è dolce; etc.).

Una volta definita la contraddizione, va posta un’altra questione: cosa accade quando troviamo una contraddizione in un ragionamento o nel dialogo tra due interlocutori? Si badi bene, non è una questione oziosa, ne va della razionalità stessa di noi esseri umani in quanto esseri razionali.
In genere, la fondazione, in senso razionale, di un discorso esige la presenza, o il rispetto, di una proprietà (speciale): la consistenza. Quest’ultima è l’esito dell’assenza di contraddizioni: due, o più, proposizioni teoriche possono costituire l’intero dominio di discorso (o, teoria; o, corpus; o, sistema; etc.) se, e solo se, sono compatibili tra loro (vale a dire che sono tutte consistenti, non contraddittorie tra loro). La presenza anche solo di una minima, e misera, proposizione contraddittoria rende inconsistente l’intero dominio, e non solo le due, o più proposizioni concretamente contrarie. Infatti, enunciare una proposizione contraddittoria ha il difetto di rendere inconsistente un ragionamento, una teoria, un dato tipo di discorso, e, quindi, anche di svalutare altre buone ragioni che uno stesso locutore magari possiede.
Al riguardo, tuttavia, il discorso si allarga a considerazioni epistemiche (la consistenza nelle credenze) e a considerazioni metateoriche (circa le proprietà che un sistema formale deve possedere per essere valido: consistenza; completezza; indipendenza). In fondo, infatti, a ben guardare, una teoria (o un ragionamento o un discorso complesso ed articolato) è un po’ come un sistema: (i) deve essere organico: ciascuna parte svolge una funzione specifica utile al tutto; (ii) deve essere completo: ciascuna parte è utile al tutto nella misura in cui vi sia quella veramente richiesta senza essere ridondante; (iii) deve essere consistente: ciascuna parte non è ridondante nella misura in cui svolge la sua singola funzione senza entrare in conflitto (o in contraddizione) con altre parti (o, funzioni). Alla stregua di un sistema, una teoria (o ragionamento o discorso articolato in ragioni) necessita, ai fini della sua stessa validità, di essere privo di incoerenze, privo di insufficienze o carenze e, infine, sufficiente a sé stesso (nel senso che non deve dipendere da altre per poter “funzionare”).
Quello della contraddizione (consistenza) potrebbe, a ben guardare, essere benissimo un test cui sottoporre qualsiasi teoria (o ragionamento o discorso articolato in ragioni) se si desidera valutarne la fondatezza. Ovviamente, in quest’ultimo caso, fondare qualcosa significa, in senso minimo, garantirne la razionalità in modo tale che possa venir apprezzata in maniera intersoggettiva. Purtroppo, ahinoi, troppo spesso il postmoderno ha sottratto alla filosofia questo compito, relegando la teoria (così come il ragionamento o un qualsiasi altro discorso articolato in ragioni) a mero gioco di suggestioni e “vie di fuga”, quasi che compito dell’uomo fosse più sognare, e giocare, che pensare. Ma questa è una polemica che, volutamente, lascio sottotraccia in quanto un po’ – lo riconosco – fuori tema.
A questo punto, però, è opportuno bloccare del tutto le presenti considerazioni inattuali al fine di evitare pericolose incursioni in altri ambiti, e nozioni, che, per quanto interessanti, sono estranei al perimetro prefissato inizialmente: la contraddizione quale limite interno alla consistenza di pensieri e enunciazioni.

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