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giovedì 29 novembre 2012

... solitudine ...

Abbarbicati sui davanzali,
accigliati senza un perché,
violenti senza ma,
li vedi tutti i giorni,
e speri che non sfoghino su di te la loro bile

Alunni soli,
specchio di una realtà decadente,
senza se e senza ma,
soprattutto senza perché,
così soli,
così abbandonati

Se comprendessimo la nostra società attraverso loro,
metà ne avremmo completato di percorso,
ma così non è,
neanche a volerlo.

Loro sono soli,
e noi pure,
loro si sentono, giustamente, abbandonati,
noi, inavvertitamente, lo siamo.

Come pesi, scaricati,
come spesa, evitati,
come privilegiati, vilipesi,
come ricchi, sfregiati.

La scuola è al termine della notte,
un attimo prima della fine,
un momento dopo l'abbandono

la solitudine sola c'è compagna,
tra una lagrima d'occasione e una di coccodrillo,
in tanti declamano, in pochi sostengono,
nessuno aiuta.

Se ne stanno ancora lassù,
spavaldi contro l'autorità,
ultimo baluardo della legalità,
sul confine sottile del pericolo,
sul bordo sfumato della soglia senza ritorno
ma fragili dentro,
come foglie secche,
come gusci vuoti,
come buche nel terreno,
come vasi andati in frantumi,
spigolosi, taglienti, ma delicati.

Il tempo di sciogliere al vento questi versi soli,
e loro restano là,
sono ancora là,
per vedere meglio il mondo, forse,
per trarsene fuori, probabilmente,
per caderne fuori, sicuramente.

E noi?
Cosa resta di questo tempo?
Cosa scende dal cielo?


La solitudine è la sola cifra adeguata al nostro riconoscimento sociale,
l'abbandono la sola cifra adeguata al desiderio sociale delle nuove generazioni.

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