(estratto dagli omonimi turbamenti)
"Ma intanto che volete fare?"
"Come dicevo, questo me lo riserverei per dopo; al momento mi basterebbe portarlo, con le minacce o con le botte, a dire ancora di sì a tutto quanto."
"A cosa?" scappò detto a Törless. Si fissarono negli occhi.
"Va', non far finta di cascare dalle nuvole. So benissimo che sai già tutto." Törless tacque. Che Reiting avesse saputo qualcosa?... O faceva solo un assaggio?
"Ma sì, fin da allora: Beineberg te l'ha pur detto a cosa si presta Basini."
Törless respirò sollevato.
"E via, non sgranar gli occhi a quel modo. Hai fatto gran meraviglie anche allora, e invece non c'è proprio niente di grave. Tra l'altro Beineberg mi ha confessato che lui con Basini fa la stessa cosa." Così dicendo Reiting guardò Beineberg con una smorfia ironica. Era proprio da lui dare pubblicamente lo sgambetto a uno senza tanti riguardi.
Ma Beineberg non replicò; rimase seduto nel suo atteggiamento pensieroso e alzò appena gli occhi.
"Di', non vorresti tirar fuori la tua idea? Riguardo a Basini, sai, ha una pensata pazzesca e vuole a tutti i costi metterla in pratica prima che noi facciamo dell'altro. È molto divertente, però."
Beineberg rimase serio. Lanciò a Törless un'occhiata penetrante e disse: "Ti ricordi di quel che abbiamo detto quella volta dietro i cappotti?"
"Sì."
"Io non ne ho più riparlato perché non ha senso discorrere e basta. Però ci ho riflettuto, puoi ben credermi, e spesso. Anche quello che Reiting t'ha appena detto è vero. Io ho fatto con Basini le stesse cose che fa lui. Forse qualcosa di più. E per questa ragione: perché, come dicevo già allora, ero dell'idea che la sensualità potrebbe essere la porta giusta. S'è trattato di un esperimento, ecco. Non conoscevo altre vie per arrivare a quel che cercavo. Ma non ha senso andare avanti così, senza un piano. E allora ho riflettuto - riflettuto per notti intere - sul modo di cominciare, invece, un'azione sistematica.
"Ora credo d'averlo trovato, e noi faremo la prova. Adesso vedrai anche tu quant'eri in torto allora. È tutto incerto quel che si dice del mondo, tutto funziona diversamente. Noi, allora, questo l'abbiamo imparato per così dire solo dal rovescio, cercando dei punti dove tutta questa spiegazione naturale si dà lo sgambetto da sé, ma adesso spero di poter mostrare la faccia positiva: l'altra faccia!"
Reiting distribuì le tazze per il tè, e intanto diede di gomito a Törless con aria compiaciuta: "Sta' bene attento. È grande quel che ha escogitato."
Ma Beineberg, con una mossa rapida, spense la lampada. Nel buio solo la fiamma del fornello a spirito illuminava di barbagli azzurrognoli le tre teste.
"Spengo la lampada, Törless, perché di queste cose si parla meglio così. E tu, Reiting, per conto mio puoi anche dormire se sei troppo stupido per capire discorsi di una certa profondità."
Reiting rise divertito.
"Dunque ti ricordi ancora della nostra conversazione. Tu stesso, allora, avevi rilevato quella piccola stranezza della matematica: un esempio di come il nostro pensiero non posi su un terreno piano e solido ma proceda saltando buche... Chiude gli occhi, per un momento non c'è più, e invece vien portato sano e salvo dall'altra parte. A ben guardare dovremmo essere disperati da un pezzo, perché in tutti i campi il nostro sapere è traversato da voragini come questa, non è altro che una manciata di schegge alla deriva su un oceano senza fondo.
"E invece non abbiamo ceduto alla disperazione, e nonostante tutto ci sentiamo sicuri come sulla terraferma. Se non avessimo questa sensazione di sicurezza, di certezza, ci uccideremmo, disperati al vedere che povera cosa sia il nostro intelletto. Questa sensazione ci accompagna di continuo, ci tiene insieme, si prende ogni istante tra le braccia il nostro intelletto come un bambino piccolo. E una volta che siamo divenuti coscienti di questo non possiamo più negare che esista un'anima. Ne abbiamo la chiara sensazione non appena analizziamo la nostra vita spirituale e riconosciamo l'insufficienza dell'intelletto. La sensazione, capisci? Perché, se non ci fosse quella, ci afflosceremmo come sacchi vuoti.
"Noi abbiamo soltanto disimparato a badare a questa sensazione, ma è una delle più antiche. La conoscevano, migliaia di anni fa, popoli distanti mille miglia gli uni dagli altri. Non appena uno si occupa di queste cose non può negarle. Ma io non voglio persuaderti a forza di parole: ti dirò solo il minimo indispensabile perché tu non sia del tutto impreparato. La prova la daranno i fatti.
"Supponi dunque che l'anima esista, e allora sarà del tutto naturale che la nostra più ardente aspirazione sia quella di ristabilire il perduto contatto e di riprendere confidenza con lei, di imparare nuovamente a utilizzare meglio le sue energie sovrasensibili, di assicurarci una parte di queste energie, che dormono al suo fondo.
"Perché tutto questo è possibile, è già riuscito più di una volta: i miracoli, i santoni, i mistici indiani sono altrettante conferme di questi eventi."
"Ma ascolta," obiettò Törless, "tu ora stai un po' convincendo te stesso a credere a queste cose, e infatti hai spento apposta la luce. Ma parleresti sempre così se fossimo giù da basso, tra gli altri che studiano storia e geografia e scrivono lettere a casa, e intanto le lampade fanno un bel chiaro e magari il prefetto gira tra i banchi? Le tue parole, allora, non ti sembrerebbero un po' stravaganti, un po' presuntuose, quasi che noi non fossimo come loro e vivessimo in un altro mondo, un mondo di ottocento anni fa?"
"No, caro Törless, sosterrei le stesse cose. Del resto è un tuo difetto di sbirciare sempre gli altri: tu sei troppo poco indipendente. Scriver lettere a casa! Di fronte a cose simili tu vai a pensare ai tuoi genitori! Chi ti dice, poi, che loro siano in grado di seguirci su questa strada? Noi siamo giovani, siamo della generazione dopo, a noi forse sono riservate cose che loro non hanno mai immaginato. Io almeno lo sento. Ma perché tanti discorsi? Ve ne darò la prova."
(...)
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