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venerdì 1 marzo 2019

Sulle spalle dei nani #2

Sulle spalle dei nani #2
Una lettura della cosiddetta autonomia differenziata

Ha sicuramente ragione Gianni Ferrara quando scrive che ogni Costituzione ha una sua storia, e, quindi, una precisa origine storica dei suoi principi (Ferrara, La Costituzione. Dal pensiero politico alla norma giuridica, p. 12). E, nel nostro caso, il background dei costituenti è sicuramente l’esperienza fascista. Tuttavia, non è affatto detto che una tendenza generale debba per forza valere come evoluzione necessaria. Infatti, la stessa L. Cost. n. 3 del 2001 è debitrice nei confronti delle varie bozze e proposte di revisione costituzionale discusse dalla Commissione bicamerale D’Alema nel 1997, ovvero in una temperie culturale ben precisa. La riforma, pertanto, appare oggi “vecchia” dal momento che i bisogni avvertiti e le condizioni di loro effettiva realizzazione sono profondamente diversi. Ne consegue che lo stesso impegno a garantire condizioni eque di realizzazione personale assume un profilo decisamente eterogeneo.
Inoltre sembra che abbia ragione De Monticelli quando scrive che «il sentimento fondamentale è un disprezzo per il proprio prossimo che oscilla fra gli estremi dell’indulgenza e del rancore, propendendo decisamente per quest’ultimo, con un’ossessiva insistenza sul sospetto, la paura e la vendetta, apparentemente gli unici motori della storia» (De Monticelli, La questione morale, p. 34).
L’atavico vizio italico alle mancate virtù civiche presenta adesso la sua evoluzione, ovvero una strutturale incapacità a coagulare interessi privati al fine di produrre valore comune. Se Lanaro, nella sua monumentale storia dell’Italia repubblica, lamenta questa scissione tra pubblico e privato, tra Paese legale e Paese reale S. Lanaro, Storia dell’Italia repubblicana, p. 477 e sg.), è sicuramente la De Monticelli ad offrirci la diagnosi più evoluta e prossima al fenomeno osservato: «siamo un paese con troppi individui non formati […] una parte troppo grande delle persone, in questo Paese, non è mai uscita veramente dalla sua famiglia, ristretta o allargata. La nostra società civile è fatta di personalità fragilissime dal punto di vista dell’assunzione di responsabilità individuali […] Quando i partiti di massa novecenteschi sono finiti, questa immaturità è venuta alla luce» (De Monticelli, op. cit., p. 57).

Questo è puntualmente il caso della cosiddetta autonomia differenziata, ovvero la possibilità, contemplata dall’art. 116 Cost., di poter attribuire maggiori competenze e poteri alle regioni, tramite legge dello Stato, nelle materie “di cui al terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s)”, nel rispetto dei principi stabiliti dall’art. 119 Cost. Questi ultimi stabiliscono l’autonomia finanziaria degli enti locali.
In questo modo, i precedenti principi del decentramento e dell’autonomia hanno istituito un preciso regime che prevede sia entrate dirette delle regioni sia compartecipazioni alle entrate statali per la parte che riguarda un preciso territorio. In altri termini, l’art. 119 amplia le possibilità finanziarie degli enti locali, ma ne perimetra i confini. Secondo la dottrina costituzionale questi integrano i limiti statuiti dagli artt. 23 e 53 Cost. Il primo stabilisce una riserva di legge riguardo all’imposizione di prestazioni personali e patrimoniali nei confronti del cittadino. Il secondo invece stabilisce che tutti i cittadini e gli stranieri con interessi economici in Italia hanno il dovere di contribuire alle spese dello Stato mediante prelievi fiscali, in ragione della capacità contributiva di ciascuno e secondo criteri di progressività.


Alla luce di questa cornice generale, decliniamo in concreto la questione recentissima delle proposte di autonomia differenziata avanzate da alcune regioni. Queste ultime, forti di una precedente consultazione referendaria locale, hanno richiesto allo Stato un aumento di poteri e competenze a livello locale, segnatamente quelli relativi al terzo comma dell’art. 117 Cost. e quelli relativi alle lettere l), n) ed s).

Tralasciamo il fatto che il Governo non abbia recepito tutte le richieste motivate da parte delle regioni ed analizziamo, senza pregiudizi la questione, pur non potendo entrare nel dettaglio.
L’art. 117 Cost. elenca le materie relativa alla competenza legislativa nazionale, alla competenza legislativa regionale, alla competenza legislativa concorrente, nonché la riserva di legge di sola pertinenza regionale, quest’ultima formulata in termini residuali rispetto a quanto espressamente previsto dalla legge. Le materie di cui alle lettere l), n) ed s) sono le seguenti: giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa; norme generali sull'istruzione; tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali. Invece, le competenze di cui al terzo comma del medesimo articolo sono le seguenti:

rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. 


Come si vede si tratta di parti importanti dell’azione di uno Stato.



(continua)


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