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domenica 9 dicembre 2012

Corporeità ed estraneità

Recentemente mi sono occupato di Shoah, di teologia ebraica post eventum e di relative lacune che andavano colmate.

Prendendo spunto da quelle occasioni, adesso vorrei indugiare, sia pure brevemente, sulla nullificazione delle persone tentata, e messa in scena, dai nazisti.

Scrive al riguardo la Marzano:

A poco a poco i deportati vengono ridotti a “cose”, scoprendosi prigionieri di un dispositivo disumanizzante; i loro corpi sono presi in ostaggio dalle loro debolezze e fragilità: la fame, la stanchezza, la malattia. Le privazioni alimentari, la mancanza di igiene, l'odore dei cadaveri in decomposizione, il fumo dei forni crematori, il freddo, il lavoro forzato … tutto è stato concepito per fiaccare la resistenza e il coraggio. E tutto appare talmente estremo che le parole non arrivano a descrivere l'atroce esperienza vissuta e si sfaldano come polvere[1]


La colossale opera di progressiva distruzione e cancellazione di ogni traccia della “questione ebraica”, inscenata dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, è stata congegnata, a detta della Marzano, sin nei minimi dettagli pur annullare l'identità delle persone, degradandole a mere cose. Infatti,

Ridotti a marionette su cui si ha diritto di vita e di morte, i prigionieri sono inchiodati ai loro corpi/cosa e sottoposti a umiliazione. I corpi indeboliti, magri e malati divengono oggetto di scherno e sarcasmo; privati come sono di ogni forma di difesa, vengono esposti allo sguardo altrui; cessano a poco a poco di essere “i propri corpi” per trasformarsi in “corpi estranei”[2]


Nella "glossa" della tragica esperienza dei tanti deportati verso i vari campi di annientamento, operata dalla Marzano, le parole tentano drammaticamente di esperire l'assurdo quotidiano, in un tentativo mai concluso di accedere al plesso segreto del senso di tutta la Shoah. Parlo di "glossa" perché l'autrice commenta, ed interpreta, con una classica mossa filosofica, in chiave teorica, l'intera testimonianza, lucida e terribile, di Primo Levi, prima vittima dopo testimone, della follia inscenata ad Auschwitz, e in tanti luoghi consimili.


L'interpretazione della Marzano ha, però, almeno un pregio: sintetizzare alcune fasi del progetto nazista di nullificazione dell'ebreo in quanto tale. Lei distingue almeno tre fasi: i) concentrazione dei reietti in luoghi delimitati del Reich; ii) riduzione di questi ultimi a cose, tramite progressiva concentrazione a prigionieri del proprio corpo; infine, iii) espropriazione dell'identità personale dal corpo corrispettivo, tramite progressiva estraneazione della percezione personale.

Queste drammatiche fasi, tra loro diverse ma sapientemente, quanto perversamente, congegnate, hanno la duplice finalità di degradare gli ebrei, oggetto abietto del proprio odio (da parte dei nazisti), e di renderli, loro malgrado, strumenti per il folle progetto messianico dei nazisti (primeggiare sulla Terra e nella storia).

Per questo motivo, sono portato a porre sulle fasi (i) - (iii) delle fasi parallele:

1. la vittima da persona diviene corpo;
2. la vittima da corpo diviene cosa;
3. la vittima da cosa propria diventa cosa estranea.

Mentre nella prima fase, l'ebreo viene offeso, umiliato e sottoposto a vessazioni fisiche e morali, a privazioni d'ogni genere, perdendo la propria singolarità di persona, e scoprendosi in qualche modo "inchiodato" al proprio corpo, alla propria finitezza corporale, nella seconda fase, alla prima successiva, sempre l'ebreo scopre che la propria personalità è una cosa alla stregua di tante altre la quale, però, non è a sua disposizione. In questa fase, tuttavia, egli la concepisce e la percepisce ancora come "sua", ossia come "propria", anche quando, e ciò capita quotidianamente, è fonte di sempre rinnovata sofferenza. Infine, però, la natura strumentale delle cose nei vari campi di annientamento sortisce la finalità mortifera attesa dai nazisti, ossia espropriare gli ebrei anche di quest'ultima illusione, di essere padroni di un corpo reso cosa tra le cose. La terza, ed ultima fase, infatti, conduce l'ebreo a non percepire più il corpo come proprio, ma a vederlo come una cosa a disposizione di terzi. Questo è il preludio alla soppressione finale, quanto definitiva, del corpo stesso passando come fumo per i camini delle ciminiere del campo.

Francamente non sappiamo se queste fasi corrispondano davvero o meno ad una escogitazione nazista in tal senso o se, piuttosto, si tratti di interpretazioni che a posteriori tentiamo di quella follia. Resta il fatto, purtroppo, che il suo scopo la Soluzione finale l'ha raggiunto: ogniqualvolta consideriamo gli uomini delle cose anziché persone, strumenti anziché finalità a sè stanti, annulliamo delle singolarità degrandandole a meri oggetti, a disposizione dei capricci di turno.



Note

[1] Cfr. M. Marzano, La filosofia del corpo, Il Melangolo, Genova, 2010, p. 80.
[2] ivi, p. 81.

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