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venerdì 14 dicembre 2012

L'equivoco del '92



Recentemente mi sono occupato di quello chiamo equivoco del '92. In questa sede desidero solo esporre brevemente, e in sequenza lineare, le componenti di tale costruzioni concettuale che orienta, e talvolta anche determina, l'agenda politica nostrana, lasciando per strada o dimenticando il bene comune.

Senza alcuna pretesa di completezza, a mio sommesso parere, gli elementi costituenti di tale equivoco sono i seguenti:


1. il forte desiderio (palingenetico) di rigenerazione dell'intero sistema politico, a partire dalle regole piuttosto che dagli uomini (i veri responsabili del disastro);
2. il qualunquismo legislativo in forza del quale viene meno qualsiasi distinzione, de jure e de facto, sulla base della gerarchia delle fonti, tra "legge ordinaria", "decreto legge" e "legge costituzionale": tutto viene asservito alla logica del "fare in fretta", senza porre troppa attenzione a cosa viene davvero fatto così in fretta. Da questo punto di vista, peraltro, la legge perde il suo significato, divenendo un mero strumento di potere.
3. La strumentalità della legge veicola il seguente slittamento di senso: la legge, da un preciso colore politico, diviene una tecnica.
4. La tecnicità legislativa opera il seguente ulteriore slittamento di senso: il legislatore, da rappresentante elettorale di un preciso colore politico, diviene un tecnico che è lì solo per lavorare bene, come potrebbe fare  nel suo impiego privato.
5. la fretta nell'approvare, nel produrre, nell'operare tecnico svilisce il senso della dialettica parlamentare, il valore del confronto tra opposte parti, tra i diversi rami della compagine statuale, in nome di un decisionismo che, a dirla tutta, evoca sinistri ricordi della nostra storia recente ...
6. in breve, allora, il "politico" diviene il ladro, con l'aggravante di pensare, e a torto, che chiunque, al suo posto, potrebbe fare meglio. Ecco aperta la strada ai partiti personali, ai grillini, a tutta una varia umanità che pretende essere migliore dello stereotipo del "politico".
7. l'aumento della complessità legislativa, parlamentare, ed istituzionale, sempre in ossequio al dogma della "decisione", produce un insieme multiforme di opzioni politiche che intendono operare in nicchie: siamo così arrivati alle retoriche (pubbliche) divisioniste di leghisti, autonomisti, riformisti, revisionisti, presidenzialisti, etc. etc. Ciascuno ha in mente una ricetta, più o meno vaga, che, a suo dire, sarebbe, da sola, in grado di resuscitare il Paese, a patto, però, di aumentare il peso specifico di sue singole parti (lasciando, ovviamente, tutte le altre in malora!).
8. l'azione congiunta di dialettica global vs. local, vissuta altrove con maggiori antidoti psicologici e morali, porta l'italiano medio a considerarsi vittima della Germania, a vivere con insofferenza i vincoli di bilancio europei (che pure l'Italia ha ratificato nel suo diritto interno), e vagheggiare deliranti ritorni alla lira, quando era possibile, svalutando la divisa nazionale, favorire il debito dei grandi contribuenti e un'esistenza al di sopra delle possibilità per tanti altri (scaricando sulle future generazioni il peso del debito pubblico ...), e a desiderare l'avvento di un nuovo leader, carismatico, che, dall'alto, liberi gli italiani dal giogo del presente ottuso.
9. in parziale conferma o conseguenza dell'elemento (8), bisogna aggiungere che tale desiderio, alla stregua di quello di Bengodi, ha una natura prettamente "viscerale", "umorale", irrazionale, che non tiene affatto conto della realtà, e che rifocilla l'impoliticismo italico ...
10. last, but not least, l'insieme degli elementi (1) - (9), descrive un orizzonte fosco per il Nostro Paese. probabilmente, aveva ragione Godel quando sostenne che qualsiasi ordinamento democratico ha in sé i germi della svolta autoritaria (non erano esattamente questi i termini del suo discorso, ma ci pensò Einstein a bloccarlo): quando si delinea una fuga dalla libertà (democratica in quanto costituzionale, e post-fascista), i pericoli divengono per tutti.


La domanda va, allora, girata, a tutti (sperando che quasi tutti siano in grado di comprenderne il senso e l'importanza): in che Paese desideriamo vivere domani?


(immagine tratta da: http://2.bp.blogspot.com/-JXvBbUKW-SY/TnRXhaaidBI/AAAAAAAAAI4/vhHdg6u6Tog/s1600/qualunquismo.jpg)

Alessandro Pizzo

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