(tratto da: P. Blum, Sopravvivere nelle classi difficili. Manuale per gli insegnanti Erickson, Trento, 2012, p. 60)
In attesa della sognata, oltre che campata per aria, evoluzione del docente di sostegno, come tutto quel che è borderline, nell'indistinta terra di mezzo, il docente di sostegno assume connotazioni ambivalenti: o "eroe" o "parassita".
La verità, come spesso accade, sta nel mezzo: il docente di sostegno è una risorsa preziosa per la classe intera nella misura in cui è un elemento attivo che condivide con l'intero consiglio uno stesso progetto educativo con annesse prassi comuni di azione pedagogica e/o didattiche.
Se, invece, come più spesso accade, viene percepito dai colleghi curriculari alla stregua di un bodyguard o di un braccio (non)armato per sé oppure, peggio ancora, come una figura grigia cui delegare il proprio lavoro o l'onere educativo del proprio ruolo, allora - apriti cielo - cominciano i guai.
E lo stesso docente sarà "buono" se, e solo se, asseconderà, più supinamente possibile, i desiderata dei colleghi; sarà "cattivo" se, e solo se, inopinatamente si rifiuterà di assecondare i desiderata dei colleghi.
In entrambi i casi, però, lui stesso svolgerà un pessimo servizio pubblico dal momento che verrà meno alla sua stessa funzione, vale a dire alla regia discreta dei processi di integrazione delle risorse umane interne al gruppo classe, le quali, per definizione, includono non solamente gli utenti del servizio scolastico, ossia gli alunni, ma anche, e per loro giocoforza, i corrispettivi operatori, ossia gli stessi colleghi curriculari.
Rovesciamo, allora, la frittata e chiediamoci: quando sono "buoni" o "cattivi" i docenti curriculari?
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