(prima riflessione sul testo di Ianes, cui seguiranno tante altre man mano che la mia valutazione andrà avanti)
"se in
un sistema scolastico esiste la struttura per cui avere un diploma di
specializzazione sul sostegno avvantaggia nell’ottenere un posto di lavoro più
stabile, è più probabile che molte persone scelgano di conseguirlo per
motivazioni utilitaristiche e, appena possono, abbandonino il lavoro sul
sostegno"
(D.
Ianes, L’evoluzione del docente di sostegno. Verso una didattica inclusiva,
Erickson, Trento, 2014, p. 85)
Pur condividendo, in un'ottica di sostegno scolastico, la prospettiva di Ianes, mi sento in obbligo, nel commentare il passo in questione, di criticare alcuni punti discutibili e, molto probabilmente, anche non condivisibili, almeno da parte chi fa il lavoro "sporco", ovvero per tutti coloro i quali fanno integrazione scolastica nel misero e meschino quotidiano:
1) è il sistema nel suo complesso, tramite spending review, dimensionamento "selvaggio", quota96, preacarizzazione dei contratti di lavoro, eccessiva molla elastica nella mobilità territoriale, riduzione del quadro orario, riconversioni sul sostegno degli esuberi; etc. a spingere in molti a spendere molto denaro per acquisire il diploma sul sostegno;
2) una scelta "verso" il sostegno scolastico, e non "per" il sostegno scolastico in quanto tale, sebbene di marca prettamente utilitaristica e non frutto di vocazione, è sempre deprecabile? A mio onesto modo di vedere, assolutamente no, Lo diventa, però, nella misura in cui viene vissuto male, senza professionalità e senza farlo al meglio delle proprie potenzialità;
3) trovo irritante questa retorica "buonista" del tutto ipocrita in forza della quale è lecito stigmatizzare gli scarsi risultati conseguiti da chi lavora all'integrazione scolastica, sostenendo che è tutta colpa della motivazione degli operatori coinvolti e/o del loro fare "sostegno" per scelta utilitaria e non per "vocazione";
4) davvero, trovo ridicolo legare la professione relativa all'integrazione scolastica ad una mission personale, dimenticando che, comunque, si tratta pur sempre di lavoro, di esercitare un mestiere, pur con l'unico vincolo di farlo al meglio;
5) penso che siano da rigettare i giudizi frettolosi e superficiali di chi valuta l'integrazione scolastica dalla torre d'avorio dell'accademia ... per carità, Dario Ianes è un faro al riguardo, ma sarebbe bene che, lui come tanti altri, facesse un bagno d'umiltà assaporando per un anno (almeno), ma volendo anche per cinque, dieci, venti anni, le molli dolcezze del sostegno scolastico, se s'immergesse, alle nostre stesse condizioni, nelle comuni prassi quotidiane dell'integrazione scolastica! Altrimenti, è troppo semplice, per me che non sono un accademico, dire che il lavoro degli accademici è insoddisfacente rispetto a risorse impiegate e risultati conseguiti ...;
6) a ciascuno il suo, ai docenti di sostegno l'integrazione scolastica, agli psicologi dell'educazione le dinamiche inerenti all'apprendimento in soggetti in età evolutiva;
7) peraltro, trovo anche insopportabile il piglio moralistico che si esprime nel biasimo per quanti, appena possono, abbandonano il sostegno ... in parte ciò è dovuto all'italico adagio per cui chi non è parte in causa, può giudicare gli altri, che invece lo sono, e in parte perché v'è del perverso sadismo nell'infliggere il sostegno "per legge" per almeno cinque anni dall'assunzione in ruolo (che si sommano ai tanti altri anni svolti "da precario") e nel sognare un'impossibilità de facto, non anche de jure perché palesemente ingiusto, di fuga dal sostegno ... e chi conta l'usura umana delle fatiche quotidiane sul sostegno? E chi tiene conto del consumo intellettuale di chi ogni giorno si fa carico dell'integrazione scolastica? E chi tiene in considerazione anche i concreti rischi biologici e/o di salute, fisica e psichica, di chi giorno dopo giorno lavora nel sostegno? Caso strano, sembra quasi che lavorare nel sostegno sia dolce e conveniente, dimenticando, all'esatto contrario, che è una fatica normalmente "doppia" al lavoro curriculare, in alcuni casi particolarmente gravi e infelici anche "tripla". Allora, dopo un congruo numero di anni, considerando però anche gli anni di precariato sul sostegno, perché non premiare tutti questi lavoratori affrancandoli definitivamente dal peso diretto di questo fardello? Invece no, è addirittura in discussione una legge per portare il quinquennio obbligatorio sul sostegno da ruolo ad un decennio ... e chi vorrà mai più, allora, fare sostegno? E chi, tra quanti, volenti o nolenti, resteranno sul sostegno, praticamente "a vita", lo farà con dignità ed impegno?
Caro Ianes, non prendertela, ma, si sa, gli accademici peccano di "distanza" dalla concretezza delle cose, dimenticando che ciascun operatore scolastico preposto all'integrazione scolastica ha la sua vita privata, le sue relazioni, i suoi sogni, le sue aspirazioni, e tutto ciò senza che diventi alibi per cattive prassi d'integrazione scolastica ...
(url immagine: http://altoadige.gelocal.it/polopoly_fs/1.4293725.1405392333!/httpImage/image.jpg_gen/derivatives/landscape_250/image.jpg)
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