"L’attenzione alla crescita
professionale dell’insegnante, la creazione di ruoli di leadership a livello di
curriculo, lo sviluppo del caoching fra pari, l’introduzione di programmi di
mentoring, la sperimentazione di forme di «pianificazione collaborativa»,
nonché lo sviluppo di una gestione e un sistema decisionale che facciano dell’istituto
scolastico il loro punto di riferimento, sono tutte testimonianze di come molte
scuole e sistemi scolastici cerchino oggi di coinvolgere gli insegnanti nella
vita e nelle attività che avvengono al di fuori dell’aula, con lo scopo di far
assumere maggiori responsabilità in materia di politiche e pratiche che vengono
adottate in tale ambito"
(M. Fullan – A. Hargreaves, Cosa
vale la pena cambiare nella nostra scuola? Definire e raggiungere obiettivi
significativi di miglioramento, Erickson, Trento, 2005, p. 22)
Questa è la normale dinamica dei rapporti di lavoro all'interno delle varie e singole istituzioni scolastiche. Ovunque, si cerca di far lavorare di più i dipendenti, ma sempre a parità di salario. Da qui la difficoltà, per gli operatori scolastici stessi, di trovare motivazioni ed energie per un aumento della produttività che non sia mero volontariato e che sia premio per la professionalità profusa. D'altra parte, se si lavora di più, non si dovrebbe percepire di più?
In altre parole, anche semplici e dirette: la buona scuola non è forse una scuola nella quale s'investe? Invece, tutte le politiche scolastiche dell'ultimo ventennio buono sono consistite in forme variamente dissimulate di aumento gratuito dell'impegno per il personale scolastico!
Ora, se davvero si vuole aumentarne la produttività, non sarebbe bene immettere risorse nuove nell'istruzione? Davvero si vuole continuare con la farsa delle riforme a costo zero? Oppure, quella del merito del personale, a quote invariate?
Il/la ministro/a, o chi per lui, ci pensi! Tanto le risorse, quando lo si vuole, si trovano ...
(url immagine: http://budgetngbayan.com/wp-content/uploads/2012/04/Stakeholder-engagement.jpg)
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