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lunedì 10 settembre 2012

La nascita della filosofia (occidentale)


(immagine tratta da: http://cs.ilgiardinodeilibri.it/cop/o/w147/origini-pensiero-greco.jpg)




Questa potrebbe, a ben vedere, essere un'utile parafrasi del testo di Vernant Le origini del pensiero greco. In esso, l'autore delinea le movenze storiche che hanno costituito il contesto (di riferimento) entro il quale si è sviluppato un caratteristico modo di pensiero che siamo soliti chiamare “filosofia”.

Il superamento del modello palaziale, tipico della civiltà minoica, col il progressivo superamento della dialettica antica di anax e damos, porta alla nascita di un modello sociale ristretto rispetto al precedente e con una maggiore, rispetto a prima, distribuzione del potere. La decifrazione della lineare B consente di accedere, sia pure parzialmente, alla civiltà pre – omerica, cogliendo, in maniera puramente archeologica, tracce di una società, di una cultura, di un'umanità definitivamente tramontate, che comunque continuano ad esercitare un tipo d'influenza difficilmente valutabile in seguito, a ritroso nel tempo. Comunque, è con la scomparsa del sovrano assoluto anax, e con il nuovo rilievo riconosciuto di conseguenza ad un suo ex – sottoposto, il basileus, che si delineano le coordinate di riferimento del periodo storico che ha reso possibile la nascita della filosofia.

Questa progressiva evoluzione, durata chiaramente alcuni secoli, consegna ai posteri anche la discussione del proprio repertorio mitologico, con l'elaborazione di una religione certo più prossima ai bisogni spirituali dell'uomo dei nuovi tempi, ma anche ad una certa limitazione del “mistero”. In Omero, ad esempio, che esprime già appieno questa nuova sensibilità, si “tende ad eliminare il mistero”[1], umanizzando, per certi aspetti, gli dei stessi, così poco olimpici nel loro interessarsi ai destini umani, quasi desiderando anche di brigare in questi ultimi [2]. Il superamento, entro certi limiti, del “mistero” arcaico, apre la strada ai “Sapienti” i quali sono attori di una comune “sapienza”, sophia: non lo studio dell'universo, la physis, ma “il mondo degli uomini”[3]. É rivolto alla dimora degli uomini l'interesse di questa sapienza, di quell'orizzonte civico al cui interno hanno luogo le commedie e le tragedie dell'umano consesso. Ne emerge, allora, un interesse figlio del suo tempo: non più orizzonti aperti, ma orizzonti ristretti. La civiltà greca di questo periodo è quella che produrrà le poleis. Si costituiscono, pertanto, in progressione, tutta una serie di istituti atti a regolare le relazioni tra gli abitanti di un medesimo (ristretto) territorio civico.

Da un certo punto di vista, questo stesso processo può essere inteso come una progressiva de – sacralizzazione della vita umana. Pertanto, il tramonto della civiltà palaziale, porta con sé non soltanto la nascita di città – stato, ma anche l'erezione di un nuovo culto, stavolta profano, che pone in antitesi all'acropoli, l'agorà. Come sostiene Vernant “questo quadro urbano definisce infatti uno spazio mentale” [4].


(immagine tratta da: http://www.archeoguida.it/wp-content/uploads/2011/07/polis1.jpg)


Mentre l'anax, anche wanax nella ricostruzione di Cantarella[5], domina con la forza, nella città si governa con la “parola” [6], con la persuasione di una discussione, almeno in linea di principio libera. Nelle parole di Vernant: “Il linguaggio non è più la parola rituale, la formula giusta, ma il dibattito contraddittorio, la discussione, l'argomentazione” [7]. Il confronto tra le varie posizioni, historiae, viene garantito da un giudica, l'histor. Ecco, allora, che prende forma il prevalere progressivo di una civiltà che accorda maggiore importanza alla parola scritta che alla parola orale: la gestione di una realtà complessa e stratificata, com'è già la polis del tempo, richiede una “redazione delle leggi”[8]. Il corpus dei valori, riconosciti e garantiti dalla legge, esce così dall'ambito del sacer, per assumere fattezze convenzionali, umane. Questo rende conto della doppia natura iniziale della filosofia: (1) procedimento razionale; e, (2) eredità rituali e misteriche precedenti. Il che fa il paio con un'altra doppia condizione: (i) pubblicità del dibattito contraddittorio; e, (ii) lo spirito di segretezza delle sette[9]. Questa dialettica tra “privato” e “pubblico” è anche uno dei grandi crucci della filosofia ai nostri tempi, l'oscillare costantemente tra “sapere privato” e “sapere pubblico”. Tuttavia, una possibilità di conciliazione può essere trovata nella philia, ossia nello “spirito di comunità”[10] che caratterizza l'associazione di così tanti uomini.


(immagine tratta da: http://img.travanto.de/portale/www.sizilien-travel.com/fotos/e565-Selinunte-Trapani.jpeg)


A questo punto, però, entrano in gioco differenze territoriali difficilmente riconducibili ad unità. Sparta non è Micene, esattamente come Atene non è Corinto.

La mitologia greca annovera l'operato di sette sapienti, evidentemente rispettive espressione di determinati ambiti rilevanti per l'istituto della polis. La devastante crisi dell'XI viene superata anche individuando una serie di nemici che la coscienza greca aborre se desidera sopravvivere in futuro. Ecco spiegato il primato accordato, in genere, alla giustizia, Dike,che “accorda, armonizza” [11], riconducendo le diversità personali, di gusti, di sensibilità, di interessi, di opportunità, di forza, di potere, all'unità, al far parte di un'unica comunità, di una stessa città. Quest'ideale di concordia di harmonia, informa di sé il diritto greco[12], gli istituti che declinano in vario modo l'equilibrio tra poteri, già chiaramente avvertito dai greci stessi.

La ricerca di “ordine”, di “misura”, di “proporzione”, accosta la città, creatura umana, all'universo, entrambi sono retti da regole, da norme, dalla giustizia, dalla concordia tra le parti. L'una è la misura umana del secondo, polis sta in un rapporto di somiglianza con il kosmos.

Giungiamo così alle soglie del VI secolo, il periodo canonico durante il quale s'individua la nascita della filosofia. I milesii inaugurano questo tipo d'indagine: “ricerca sistematica e distinteressata”[13], una “historia, e di cui presentano un quadro d'insieme, una theoria”[14]. Stavolta, però, lo sguardo s'innalza al di sopra della città, per abbracciare l'universo stesso. Dalla cultura si passa così alla Natura, alla physis.

La nascita della polis, da un lato, e la nascita della filosofia, dall'altro lato, appaiono ora come l'espressione di due facce della stessa medaglia: l'evoluzione storica, il che ovviamente significa anche culturale, di una stessa civiltà.


(immagine tratta da: http://www.balcanicaucaso.org/var/obc/storage/images/articoli-da-pubblicare/la-grecia-la-filosofia-e-la-democrazia-108314/657086-2-ita-IT/La-Grecia-la-filosofia-e-la-democrazia_large.jpg)


Note

[1] Cfr. j. p. vernant, Le origini del pensiero greco, SE, Milano, 2007, p. 45.
[2] Cfr. a. artosi, Breve storia della ragione. Dai presocratici alle multinazionali, Liguori, Napoli, 2005, p. 5.
[3] Cfr. j. p. vernant, op. cit., p. 46.
[4] Ivi, p. 52.
[5] Cfr. e. cantarella, Itaca. Eroi, donne, potere tra vendetta e diritto, Feltrinelli, Milano, 2011, p. 40.
[6] Cfr. j. p. vernant, op. cit., p. 53.
[7] Ibidem.
[8] Ivi, p. 55.
[9] Ivi, p. 61.
[10] Ivi, p. 64.
[11] Ivi, p. 74.
[12] Ivi, p. 84.
[13] Ivi, p. 97.
[14] Ibidem.


Alessandro Pizzo

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