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Scrive Di Santo:
"Con l'approccio bio-psico-sociale il ventaglio delle disabilità si è ampliato poiché si sono annoverate tutte le limitazioni nelle attività e nella partecipazione di un individuo [...] In quest'ottica, la disabilità offre come un prisma di rifrazione una miriade di sfumature. In questo spettro, si rischia che vengono inglobati non solo gli individui con accertate compromissioni nelle funzioni ma tutti gli individui, proprio perché il limite è una caratteristica della soggettività umana. Il concetto di disabilità (così come quello di salute) secondo l'approccio bio-psico-sociale vive un vero e proprio paradosso: ognuno può vivere una limitazione delle proprie capacità e nella partecipazione a seconda del contesto in cui vive, dunque del parametro a cui ci si relaziona"[1]
Questo sarebbe, dunque, in sintesi, il paradosso di Gulliver: inquadrare i soggetti umani entro determinati insiemi o categorie in funzione di un parametro (mobile) di classificazione. Come l'omonimo protagonista del romanzo di Swift, "a seconda del parametro di riferimento, la disabilità e/o la salute assumono dimensioni differenti"[2].
Il rischio, allora, sarebbe adoperare un criterio classificatorio capace tanto di annullare il numero stesso di soggetti disabili quanto di dilatarne così tanto il numero sino ad includervi l'intera umanità.
Così considerato, al di là di una mera cautela metodologica, di per sé legittima, inerente alla modalità concreta di "lettura" dei bisogni dei soggetti in quanto tali, la presente lettura sociologica, e segnatamente il medesimo timore di un effetto Gulliver nella stessa lettura dei bisogni, non mi convince.
Certamente, è vero che in funzione del criterio adottato, ed adoperato, un certo numero di persone è disabile, ma così facendo non dimentichiamo, forse, che la disabilità è la condizione comune dell'umanità? Non tralasciamo, forse, la natura sociale della disabilità a fronte di una condizione umana che conosce la progressiva perdita di capacità e/o funzionalità?
Forse, non tutti gli uomini sono disabili, ma la disabilità è il destino comune ad ogni uomo.
Note
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[1] Cfr. R. Di Santo, Sociologia della disabilità. Teorie, modelli, attori e istituzioni, Franco Angeli, Milano, 2013, p. 46.
[2] Ivi, p. 47.
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