"L'iniziato esce fuori di sé (fr. 28B 1 DK) per giungere a diretto colloquio
con la fonte esterna di conoscenza, la dea, theà, che illustra a Parmenide
il contenuto della conoscenza,
due vie e le uniche possibili, odoì
moûnai dizhèsiós eisi nohêsai, che si possono intuire, pensare. La
traduzione di Tonelli insiste sul carattere misterico del linguaggio parmenideo mentre tutte
le altre traduzioni preferiscono rendere 'nohêsai' con 'pensabili', che si possono pensare. Il
passo è importante in quanto, sempre secondo Tonelli, Parmenide formula per la
prima volta nella storia del pensiero occidentale una delle sue strutture
fondamentali, il principio di
non contraddizione, insito appunto nel significato greco di 'dízhesis',
discernimento, separazione, distinzione. E Parmenide, per l'appunto, distingue
tra due vie di ricerca, l'una che "è", e che non è possibile che non
sia, he mèn ópos éstin te kai
os ouk éestin mhè eînai; il "sentiero della Persuasione", dal
greco 'Peithó', uno degli attributi della divinità dell'Amore,
fascinazione, seduzione, convinzione. Nella trama simbolica della parola
'iniziatica', 'sciamanica', 'misterica', si fa strada la «necessità razionale»,13 la
persuasione cioè conduce alla verità, Alhetheíhei
gàr ophedeî, la via che dice che l'essere è e non può non essere. La
parola della dea, pertanto, fa da tramite, congiunge; costituisce allora «il
punto in cui la misteriosa e distaccata sfera divina entra in comunicazione con
quella umana, si manifesta nell'udibilità, in una condizione sensibile»,14 e
accompagna Parmenide alla conoscenza. L'altra via pensabile è quella che
"non è", e che è necessario che non sia, he d'os ouk éestin te kai os chreón
esti mhè eînai. Dunque, l'essere si
contrappone al non -- essere,
l'uno è, l'altro non è, il primo è esistenza, il secondo è non
esistenza. Qui Parmenide conia un registro linguistico dal quale il nostro
Occidente non potrà più prescindere, gli usi della copulazione, ossia dell'«è», la
struttura base delle frasi. Nelle parole di Moro, apprezzabili anche in senso
filosofico, pur denunciando la loro appartenenza al registro linguistico, «non
c'è da sorprendersi che proprio il verbo essere sia divenuto, nella tradizione greco-latina
prima e moderna dopo, un termine chiave della riflessione filosofica».15 Il pensare, il considerare
qualcosa come pensabile, o anche solo intuibile, passa attraverso l'uso della
copula «è», ossia per l'attribuzione di contorni, proprietà, per il confronto, la distinzione, il discernimento, con altri
oggetti, simili e diversi. Infatti, di «ogni individuo, astratto o concreto che
sia [...] si deve poter dire qualcosa, cioè a ogni cosa si deve poter dire
qualcosa, cioè a ogni cosa si deve poter assegnare un predicato».16 In
altri termini, Parmenide fonda il logo occidentale"
(A.
Pizzo, Ontologia in Parmenide: come e cosa si pensa quando si dice «è»,
“Dialegesthai. Rivista telematica di filosofia”, anno 14 (2012) [inserito il 10
luglio 2012], disponibile su World Wide Web:
<http://mondodomani.org/dialegesthai/>, [93 KB], ISSN 1128-5478,
contenuto on – line: http://mondodomani.org/dialegesthai/ap20.htm)
Di Parmenide, teoretica occidentale e molto altro!
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