"Lo stato rivendica diritti
giurisdizionali esclusivi, considerando tutti i propri cittadini come
individui e non come membri di gruppo. In senso stretto, quindi,
oggetto di tolleranza sono le scelte e i comportamenti degli
individui, ovvero gli atti di adesione e di partecipazione ai riti di
appartenenza e di culto, le espressioni della propria differenza
culturale e così via. I singoli, uomini e donne, sono incoraggiati a
tollerarsi a vicenda come individui e a vedere sempre nelle
differenze che li separano una versione personalizzata […] della
cultura di gruppo"
(M. Walzer, Sulla
tolleranza, Laterza, Roma – Bari, 2000, p. 44)
La tolleranza non ammette distinzioni pregiudiziali in merito alle scelte e/o preferenze dei singoli.
La differenza è, così, tollerata?
O è, al contrario, incentivata?
E, last, but not least, la tolleranza è a sua volta tollerante?
Mentre le prime due domande restano tali, senza cioè delle possibili risposte, che possano considerarsi autorevoli, l'ultima ha la sua risposta, e per giunta paradossale: la tolleranza non è tollerante.
Nel senso che implica un massimale escludente un'alternativa di segno opposto: io, tolleranza, tollero tutto (o quasi) eccetto la mia sorellastra, intolleranza.
Ci troviamo, pertanto, di fronte al caso limite della teoria morale moderna che sostanzia l'ethos degli stati occidentali, tollerare le differenze, meno che l'esclusione di queste ultime.
Se non è un assolutismo, peraltro di marca scopertamente pre - moderna, cos'è?
(immagine tratta da: http://www.babelio.com/users/AVT_Michael-Walzer_2353.jpeg)
Alessandro Pizzo
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