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giovedì 27 giugno 2013

Stato senza relativa società?




Raramente ci s'imbatte in tomi di questo genere: sapere unire sapientemente conoscenza giuridica a conoscenza storica. Cassese ci riesce efficacemente, seguendo una provocazione precisa e che ha segnato, nel bene come nel male, più nella seconda che nella prima delle due alternative, la storia recente del Nostro Paese, attraversato, com'è noto, da opposte mitologie divisive le quali hanno spinto a considerato il 150esimo dell'Unità una sciagura di carattere generale più che un'opportunità per tanti.



Ad ogni modo, l'unica indicazione che qui voglio registrare è un rimosso della coscienza storica nazionale, ossia la messa in evidenza del carattere "continuista" nella storia del Paese. Detto altrimenti, fatta l'Unità nessun Governo si è posto il problema di come adeguare gli istituti e i regolamenti del Regno di Sardegna, ovvero di un piccolo Stato, alla nuova, ed inedita, cornice statuale unificata. D'altra parte, la questione venne in qualche modo messa tra parentesi mentre ci si concentrò piuttosto sul garantire un minimo di ordine sociale, agendo sugli apparati centrali ma ignorando tutti i passaggi intermedi dal "centro" alla "periferia". E d'altra parte, le élites piemontesi nulla o molto poco sapevano del resto del Paese, Cavour non si recò mai al di sotto di Firenze ... come avrebbero potuto concepire il loro Regno come qualcosa di inedito? Di nuovo? Di diverso dalla familiare e rassicurante simbologia regia?


Ragion per cui, lo Stato italiano appare più la normale continuazione del Regno di Sardegna senza però operare in alcun caso i necessari aggiustamenti di percorso. 


Scrive Cassese come "la costruzione di un nuovo Stato avrebbe richiesto interventi sulla sua costituzione, sull'amministrazione, sull'apparato giudiziario, sui rapporti tra poteri pubblici e cittadini. Invece, al centro dell'attenzione legislativa vi fu l'economia" (p. 46).



Non aver investito energie così come acume, nella costruzione istituzionale all'interno della nuova cornice nazionale, ed unitaria, fu un grave errore che, seppur giustificato se rapportato alle esigenze del contesto storico, non manca di esercitare duraturi quanto deleteri effetti ancora oggi.



Allora, raccogliendo la provocazione recante il titolo, l'Italia può correttamente, entro certi limiti temporali e concettuali, venir considerata una società priva di un adeguato Stato, ove, ovviamente, per 'Stato' devono intendersi tutti quegli apparati, intermedi e finali, di una cornice istituzionale unitaria.


Ma se ciò è sicuramente vero per gli anni immediatamente successivi all'unificazione, vale ancora oggi? Personalmente, sono propenso a rispondere negativamente a questa ulteriore sollecitazione.



(immagine tratta da: http://ecx.images-amazon.com/images/I/51lfNqYRZ9L._AA258_PIkin4,BottomRight,-47,22_AA280_SH20_OU29_.jpg)

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