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mercoledì 18 febbraio 2015

Chi vuole il docente di sostegno? Non io ...


In precedenza mi sono dedicato a commentare la proposta di legge, ad opera di FISH e FAND, che, a mio avviso, cancellerebbe di fatto, e paradossalmente, il sostegno scolastico e, con esso, anche di quarant’anni di integrazione scolastica degli alunni disabili.


(url immagine: http://www.mauriziodimatteo.it/foto/fish.gif)



In questa sede, invece, procederò ad analisi della proposta di legge C.2444, attualmente in discussione alla Camera dei Deputati, e presentata in giorno 10.06.2014. Si tratta di una proposta contente “Norme per migliorare la qualità dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con altri bisogni educativi speciali”.


A mio onesto modo di vedere, vi sono all’opera molti slittamenti che prefigurano davvero una pericolosissima deriva delle politiche sull’inclusione scolastica, ivi compreso anche il rischio di una nuova segregazione, diversa da quella passata solamente perché stavolta il trattamento speciale avrebbe luogo nelle scuole normali. Probabilmente, in questi slittamenti giocano un ruolo importante alcuni equivoci e malintesi, veicolati dalla posizione distorcente delle associazioni di categoria e di assistenza alle persone disabili, congiunti a calcoli ragionieristici dei tecnici dei Ministeri coinvolti. Ma andiamo con ordine.


La relazione introduttiva recita “La Legge quadro n.104 del 1992 rappresenta il punto di riferimento fondamentale per la regolamentazione organica del diritto all’integrazione scolastica degli alunni con disabilità”. E sin qui, nulla da eccepire. È esattamente così. Poi, però, si prosegue: “Tale legge fondamentale è però datata”. Quindi, par di capire, vi sono delle evoluzioni, culturali, sociali, medici, che ne modificano in profondità il quadro di riferimento, vale a dire la disabilità, e tali da richiederne un aggiornamento. Ma quale aggiornamento? E quali sono tali mutamenti? Scorrendo la relazione introduttiva, a parte una superficiale brevissima storia della disciplina e della legislazione scolastica, si indica la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità “che introduce anche in Italia il principio di inclusione scolastico, più ampio di quello di integrazione, poiché si fonda sui diritti umani e sui criteri dell’International Classification of Functioning and Health (ICF) dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS)”. Ergo, pare di capire, la nozione di disabilità, espressa nella L. n. 104 del 1992 è sorpassata perché nel frattempo si è passato a parlare di inclusione scolastica, di diritti umani per persone disabili e perché non si usa più il paradigma impairment – disability, alla base del manuale diagnostico DSM, ma il paradigma ICF? A prescindere dalla considerazione banalissima che tale ricostruzione è del tutto vaga, oltre che superficiale, si avverte una sinistra sensazione la quale suggerisce di procedere velocemente oltre perché quanto appena dichiarato è solo una giustificazione posticcia di quel che si desidera realizzare in concreto. Così, si scrive anche che con la legge n. 170 del 2010 sono stati riconosciuti i  “diritti all’inclusione anche di alunni con disturbi specifici di apprendimento (DSA)”. Questo è vero, ma rimango perplesso: cosa c’entrano le learning disabilities con i soggetti individuati dalla legge n. 104 del 1992? Cosa si vuol sostenere davvero dietro l’etichetta simpatica di “inclusione”? E come mai vi si insiste sopra così tanto rispetto a quella, evidentemente concorrente, di “integrazione”? Ancora, la relazione sostiene “principi che sono stati estesi anche agli alunni con altri bisogni educativi speciali (BES)”. Sì, d’accordo, e allora? Improvvisamente, il legislatore si ricorda dei disagi provocati di recente dai tagli al settore istruzione per ravvisare in ciò un peggioramento della qualità dell’inclusione scolastica. Peraltro, si è assistito alla deriva della “delega” dell’intero progetto inclusivo al docente di sostegno, “come alcune ricerche hanno mostrato”. Sarebbe bello sapere di quali ricerche si stia parlando, ma la relazione non lo dice. La presenza di alunni disabili, DSA e BES nella medesima classe comporta “un calo nella qualità del processo di inclusione scolastica” anche per mancanza di un’indicazione chiara dei “livelli essenziali delle prestazioni”. A questo punto, resto confuso: l’ammissione dei DSA e dei BES non era una progressista evoluzione dell’inclusione scolastica? Per quale motivo adesso vengono annoverati come parte del problema? Eppure l’intera proposta di legge si presenta come miglioramento della qualità dell’inclusione anche per loro. 

Tuttavia, trovo pericolosa l’enfasi sul riconoscimento giuridico della loro ammissione a scuola. Non perché non siano soggetti meritevoli, tutt’altro, ma per la natura di cavallo di Troia del loro relativo trattamento scolastico. Infatti, la legge n. 170 del 2010 esclude la possibilità di servirsi di docenti di sostegno, probabilmente per mere ragioni di bilancio pubblico, investendo del loro trattamento l’intero consiglio di classe, chiamato ad elaborare collegialmente un Piano Educativo Individualizzato, in (falsa) analogia con il medesimo progetto predisposto per gli alunni disabili, e tutta una serie di misure facilitanti atti a superare l’ostacolo del disturbo non neurologico al successo formativo. Fatto questo, ne consegue, sulla base della mia seppur misera esperienza, un atteggiamento lassista consistente nel promuovere a tavolino alunni certificati DSA onde evitare rogne. Di conseguenza, l’impressione finale è che gli alunni DSA vengano abbandonati a sé stessi dal consiglio di classe e che il successo formativo non derivi affatto dal successo del Piano redatto o dall’impegno quotidiano dei docenti, ma dal mero timore di avere guai. Negli ultimi anni, d’altra parte, si è registrato un boom di certificazioni, e la ragione è semplice: le famiglie piuttosto che passare per le forche caudine delle certificazioni di invalidità, con in più lo stigma infamante del docente di sostegno per i propri figli, preferiscono di gran lunga aiutare questi ultimi con jolly sugli studi. Senza impegno e senza sforzi, gli alunni DSA arrivano a fine anno … chiediamoci, però: questa è inclusione? No, non credo. Lo stesso accade per i BES: presa in carico collegiale, piano personalizzato, esoneri, regali, etc. Inclusi nella normale didattica? Sì, solo a parole però. Ora, la stessa tecnica si propone di soppiatto anche per gli alunni disabili: troppo a lungo il progetto inclusivo è stato delegato al docente di sostegno, è ora che se ne faccia carico l’intero consiglio. E come? Come è stato fatto con i DSA? E con I BES? Vale a dire progetto collegiale, regali e cosa succede succede? Ah, dimenticavo: senza docente di sostegno. E questo, temo, sia il punto, l’idolo polemico di questa deriva di politica educativa: tagliare gli organici al fine di derivare economie! L’inclusione, da questo punto di vista, è solamente uno strumento, nient’altro! Con buona pace delle associazioni! E degli alunni in questione!



(url imamgine: http://www.iis-calvi.com/portale/images/dsa.png)


La relazione prosegue, dicendo che in Italia la “scelta inclusiva” ha cominciato ad operare “a partire dalla fine degli anni sessanta”. Non mi risulta, ma se lo dice il legislatore … Non sfugga l’auspicio del relatore che la presente proposta di legge venga approvata quanto prima dal momento che contiene “norme che possono essere attuate con invarianza finanziaria”. Cioè, a saldi invariati. Rimane un piccolo problema: se è una riforma “a costo zero”, dovrà pur esserci qualcuno che ci rimette. No? Altrimenti il gioco economico non funziona. Bene, chi sarà a rimetterci? Chi il sacro capro espiatorio che paghi i peccati per tutti? La proposta, si sostiene, “è orientata a migliorare la qualità dell’inclusione scolastica cercando di eliminare le cause negative indicate e individuando soluzioni innovative rispondenti alle mutate disposizioni costituzionali e legislative nonché a una maggiore consapevolezza dell’attuale valore per tutta la scuola della realizzazione della qualità dell’inclusione”. Dunque, l’evoluzione della legge n. 104 del 1992 si rende necessaria per rimuovere le cause negative della bassa qualità dell’inclusione scolastica. Provocatoriamente, verrebbe da indicarne la causa principale, ovvero la figura dell’insegnante di sostegno! Esagero? Proseguiamo e vedremo se è davvero un’esagerazione. Una soluzione consiste nella “presa in carico del progetto inclusivo da parte di tutti i docenti curriculari delle singole classi”. Bene, e allora a cosa servirebbe più il docente di sostegno? Come si giustificherebbe la sopravvivenza del fossile docente di sostegno? Se il “sostegno” passa al consiglio di classe, perché dovrebbe sopravvivere il docente di sostegno? Evidentemente, è lui la causa della bassa qualità dei progetti di inclusione, un soggetto ai margini della vita della classe ed estraneo alle logiche didattiche dei colleghi curriculari. Il biasimo, sebbene non esplicito, appare davvero difficilmente negabile. È lui il responsabile del fallimento della legge n. 104 del 1992! Lui il colpevole della mancata inclusione dei soggetti disabili! E lui deve pagare! Come? Con un tratto di penna che lo elimini dalla pianta degli organici. E con lui, ci risparmio pure, salvando le dichiarazioni di principio e i diritti umani, salvi sulla carta! 


(url immagine: http://www.dipendentistatali.org/wp-content/uploads/2013/03/insegnante-di-sostegno.jpg)


Ma il relatore deve ora compiere il salto e giustificare pedagogicamente il superamento del salvagente – docente di sostegno. Egli comincia a dire che la “definizione di BES comprende, oltre alla categoria della disabilità […] anche quella dei disturbi evolutivi specifici […] e quella dello svantaggio socioeconomico, linguistico e cultural”. Et voilà, il gioco è fatto! BES è l’etichetta onnicomprensiva che consente di superare le precedenti distinzioni tra disabilità neurologic, disabilità evolutiva e disabilità culturale. È tutto special needs! Basta una presa in carico collegiale, un piano educativo individualizzato, qualche misura compensativa, qualche altra dispensativa, maggiore generosità nella valutazione, e di colpo la qualità dell’inclusione si innalza! A chi serve allora il docente di sostegno? A nessuno! Chi vuole il docente di sostegno? Nessuno!


(url imamgine: http://scuole.comune.fe.it/1630/pix/donmilani/bes_mappa_piccola.png)



Fornita la cornice, il relatore riassume i contenuti dei singoli articoli.

(continua

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