In precedenza
mi sono dedicato a commentare la proposta di legge, ad opera di FISH e FAND,
che, a mio avviso, cancellerebbe di fatto, e paradossalmente, il sostegno
scolastico e, con esso, anche di quarant’anni di integrazione scolastica degli
alunni disabili.
(url immagine: http://www.mauriziodimatteo.it/foto/fish.gif)
In
questa sede, invece, procederò ad analisi della proposta di legge C.2444,
attualmente in discussione alla Camera dei Deputati, e presentata in giorno 10.06.2014. Si
tratta di una proposta contente “Norme per migliorare la qualità dell’inclusione
scolastica degli alunni con disabilità e con altri bisogni educativi speciali”.
A
mio onesto modo di vedere, vi sono all’opera molti slittamenti che prefigurano
davvero una pericolosissima deriva delle politiche sull’inclusione scolastica,
ivi compreso anche il rischio di una nuova segregazione, diversa da quella
passata solamente perché stavolta il trattamento speciale avrebbe luogo nelle
scuole normali. Probabilmente, in questi slittamenti giocano un ruolo
importante alcuni equivoci e malintesi, veicolati dalla posizione distorcente
delle associazioni di categoria e di assistenza alle persone disabili, congiunti a calcoli ragionieristici dei tecnici dei Ministeri coinvolti. Ma
andiamo con ordine.
La
relazione introduttiva recita “La Legge quadro n.104 del 1992 rappresenta il
punto di riferimento fondamentale per la regolamentazione organica del diritto
all’integrazione scolastica degli alunni con disabilità”. E sin qui, nulla da
eccepire. È esattamente così. Poi, però, si prosegue: “Tale legge fondamentale
è però datata”. Quindi, par di capire, vi sono delle evoluzioni, culturali,
sociali, medici, che ne modificano in profondità il quadro di riferimento, vale
a dire la disabilità, e tali da richiederne un aggiornamento. Ma quale
aggiornamento? E quali sono tali mutamenti? Scorrendo la relazione
introduttiva, a parte una superficiale brevissima storia della disciplina e
della legislazione scolastica, si indica la Convenzione ONU sui diritti delle
persone con disabilità “che introduce anche in Italia il principio di
inclusione scolastico, più ampio di quello di integrazione, poiché si fonda sui
diritti umani e sui criteri dell’International Classification of Functioning
and Health (ICF) dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS)”. Ergo,
pare di capire, la nozione di disabilità, espressa nella L. n. 104 del 1992 è
sorpassata perché nel frattempo si è passato a parlare di inclusione
scolastica, di diritti umani per persone disabili e perché non si usa più il
paradigma impairment – disability, alla base del manuale diagnostico DSM, ma il
paradigma ICF? A prescindere dalla considerazione banalissima che tale
ricostruzione è del tutto vaga, oltre che superficiale, si avverte una sinistra
sensazione la quale suggerisce di procedere velocemente oltre perché quanto
appena dichiarato è solo una giustificazione posticcia di quel che si desidera
realizzare in concreto. Così, si scrive anche che con la legge n. 170 del 2010
sono stati riconosciuti i “diritti all’inclusione
anche di alunni con disturbi specifici di apprendimento (DSA)”. Questo è vero,
ma rimango perplesso: cosa c’entrano le learning disabilities con i
soggetti individuati dalla legge n. 104 del 1992? Cosa si vuol sostenere davvero
dietro l’etichetta simpatica di “inclusione”? E come mai vi si insiste sopra
così tanto rispetto a quella, evidentemente concorrente, di “integrazione”?
Ancora, la relazione sostiene “principi che sono stati estesi anche agli alunni
con altri bisogni educativi speciali (BES)”. Sì, d’accordo, e allora? Improvvisamente,
il legislatore si ricorda dei disagi provocati di recente dai tagli al settore
istruzione per ravvisare in ciò un peggioramento della qualità dell’inclusione
scolastica. Peraltro, si è assistito alla deriva della “delega” dell’intero
progetto inclusivo al docente di sostegno, “come alcune ricerche hanno mostrato”.
Sarebbe bello sapere di quali ricerche si stia parlando, ma la relazione non lo
dice. La presenza di alunni disabili, DSA e BES nella medesima classe comporta “un
calo nella qualità del processo di inclusione scolastica” anche per mancanza di
un’indicazione chiara dei “livelli essenziali delle prestazioni”. A questo
punto, resto confuso: l’ammissione dei DSA e dei BES non era una progressista
evoluzione dell’inclusione scolastica? Per quale motivo adesso vengono
annoverati come parte del problema? Eppure l’intera proposta di legge si
presenta come miglioramento della qualità dell’inclusione anche per loro.
Tuttavia, trovo pericolosa l’enfasi sul riconoscimento giuridico della loro
ammissione a scuola. Non perché non siano soggetti meritevoli, tutt’altro, ma
per la natura di cavallo di Troia del loro relativo trattamento scolastico.
Infatti, la legge n. 170 del 2010 esclude la possibilità di servirsi di docenti
di sostegno, probabilmente per mere ragioni di bilancio pubblico, investendo
del loro trattamento l’intero consiglio di classe, chiamato ad elaborare
collegialmente un Piano Educativo Individualizzato, in (falsa) analogia con il
medesimo progetto predisposto per gli alunni disabili, e tutta una serie di
misure facilitanti atti a superare l’ostacolo del disturbo non neurologico al
successo formativo. Fatto questo, ne consegue, sulla base della mia seppur
misera esperienza, un atteggiamento lassista consistente nel promuovere a
tavolino alunni certificati DSA onde evitare rogne. Di conseguenza, l’impressione
finale è che gli alunni DSA vengano abbandonati a sé stessi dal consiglio di
classe e che il successo formativo non derivi affatto dal successo del Piano
redatto o dall’impegno quotidiano dei docenti, ma dal mero timore di avere
guai. Negli ultimi anni, d’altra parte, si è registrato un boom di
certificazioni, e la ragione è semplice: le famiglie piuttosto che passare per
le forche caudine delle certificazioni di invalidità, con in più lo stigma
infamante del docente di sostegno per i propri figli, preferiscono di gran
lunga aiutare questi ultimi con jolly sugli studi. Senza impegno e senza
sforzi, gli alunni DSA arrivano a fine anno … chiediamoci, però: questa è
inclusione? No, non credo. Lo stesso accade per i BES: presa in carico
collegiale, piano personalizzato, esoneri, regali, etc. Inclusi nella normale
didattica? Sì, solo a parole però. Ora, la stessa tecnica si propone di
soppiatto anche per gli alunni disabili: troppo a lungo il progetto inclusivo è
stato delegato al docente di sostegno, è ora che se ne faccia carico l’intero
consiglio. E come? Come è stato fatto con i DSA? E con I BES? Vale a dire
progetto collegiale, regali e cosa succede succede? Ah, dimenticavo: senza
docente di sostegno. E questo, temo, sia il punto, l’idolo polemico di questa
deriva di politica educativa: tagliare gli organici al fine di derivare
economie! L’inclusione, da questo punto di vista, è solamente uno strumento,
nient’altro! Con buona pace delle associazioni! E degli alunni in questione!
(url imamgine: http://www.iis-calvi.com/portale/images/dsa.png)
La
relazione prosegue, dicendo che in Italia la “scelta inclusiva” ha cominciato
ad operare “a partire dalla fine degli anni sessanta”. Non mi risulta, ma se lo
dice il legislatore … Non sfugga l’auspicio del relatore che la presente
proposta di legge venga approvata quanto prima dal momento che contiene “norme
che possono essere attuate con invarianza finanziaria”. Cioè, a saldi
invariati. Rimane un piccolo problema: se è una riforma “a costo zero”, dovrà
pur esserci qualcuno che ci rimette. No? Altrimenti il gioco economico non
funziona. Bene, chi sarà a rimetterci? Chi il sacro capro espiatorio che paghi
i peccati per tutti? La proposta, si sostiene, “è orientata a migliorare la
qualità dell’inclusione scolastica cercando di eliminare le cause negative
indicate e individuando soluzioni innovative rispondenti alle mutate
disposizioni costituzionali e legislative nonché a una maggiore consapevolezza
dell’attuale valore per tutta la scuola della realizzazione della qualità dell’inclusione”.
Dunque, l’evoluzione della legge n. 104 del 1992 si rende necessaria per
rimuovere le cause negative della bassa qualità dell’inclusione scolastica. Provocatoriamente,
verrebbe da indicarne la causa principale, ovvero la figura dell’insegnante di
sostegno! Esagero? Proseguiamo e vedremo se è davvero un’esagerazione. Una
soluzione consiste nella “presa in carico del progetto inclusivo da parte di
tutti i docenti curriculari delle singole classi”. Bene, e allora a cosa
servirebbe più il docente di sostegno? Come si giustificherebbe la sopravvivenza
del fossile docente di sostegno? Se il “sostegno” passa al consiglio di classe,
perché dovrebbe sopravvivere il docente di sostegno? Evidentemente, è lui la
causa della bassa qualità dei progetti di inclusione, un soggetto ai margini
della vita della classe ed estraneo alle logiche didattiche dei colleghi
curriculari. Il biasimo, sebbene non esplicito, appare davvero difficilmente
negabile. È lui il responsabile del fallimento della legge n. 104 del 1992! Lui
il colpevole della mancata inclusione dei soggetti disabili! E lui deve pagare!
Come? Con un tratto di penna che lo elimini dalla pianta degli organici. E con
lui, ci risparmio pure, salvando le dichiarazioni di principio e i diritti
umani, salvi sulla carta!
(url immagine: http://www.dipendentistatali.org/wp-content/uploads/2013/03/insegnante-di-sostegno.jpg)
Ma il relatore deve ora compiere il salto e
giustificare pedagogicamente il superamento del salvagente – docente di
sostegno. Egli comincia a dire che la “definizione di BES comprende, oltre alla
categoria della disabilità […] anche quella dei disturbi evolutivi specifici […]
e quella dello svantaggio socioeconomico, linguistico e cultural”. Et voilà,
il gioco è fatto! BES è l’etichetta onnicomprensiva che consente di superare le
precedenti distinzioni tra disabilità neurologic, disabilità evolutiva e disabilità
culturale. È tutto special needs! Basta una presa in carico collegiale,
un piano educativo individualizzato, qualche misura compensativa, qualche altra
dispensativa, maggiore generosità nella valutazione, e di colpo la qualità dell’inclusione
si innalza! A chi serve allora il docente di sostegno? A nessuno! Chi vuole il docente di sostegno? Nessuno!
(url imamgine: http://scuole.comune.fe.it/1630/pix/donmilani/bes_mappa_piccola.png)
(continua)
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