Recensione a Donatella Di Cesare, Corrado Ocone, Simone Regazzoni, Il nuovo realismo è un populismo
Il presente volume intende presentarsi come «controaltare» al Manifesto di Maurizio Ferraris, ponendo al centro della riflessione il «basso» profilo filosofico scelto ed indicando alcune delle gravi conseguenze, etiche e politiche, che fanno seguito. L'intento appare chiaro sin dalle prime pagine ove Di Cesare, autrice del primo dei sei saggi che compongono il presente volume, accusa direttamente Ferraris di essersi creato un brand, ossia un «marchio» (p. 9), di aver cioé inventato di sana pianta, e a tavolino, l'operazione «nuovo realismo» al fine di «emergere nel panorama complessivo e frastagliiato della filosofia contemporanea» (p. 9). Sempre Di Cesare indica una caratteristica precisa dell'etichetta scelta dal Ferraris, «un prodotto tutto nostrano» (p. 9), ossia la tristemente nota proprietà della provincialità. Da nessun'altra parte del mondo, infatti, si parlerebbe, benché io abbia notizie di segno contrario, di new realism. Questa notazione consente alla Di Cesare di insinuare, a mio modesto modo di vedere, sapientemente il dubbio: se altrove si parla d'altro, di tutto tranne che di «nuovo realismo», può essere solo un caso? Sfrondando il lessico allusivo dell'autrice, sembra d'intuire come si stia cercando di far passare il seguente messaggio: il nuovo realismo è ben poca cosa. D'altra parte, come spiegarsi altrimenti tale marginalità presso le discussioni internazionali? Il Nuovo realismo va «preso sul serio non come filosofia, bensì come antifilosofia» (p. 13), come uno strumento che avvicina tanto grossolanamente quanto malamente il vasto pubblico alla filosofia, ma che evita di scendere in profondità nelle discussioni. Per l'autrice questo elemento è rivelativo.
(continua)
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