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lunedì 11 agosto 2014

L'osservatore cittadino



Io, Dicomene, autorevole voce greca di un lontano presente, a termine della mia lunga osservazione sugli usi e costumi di questa anonima cittadina sita sul promontorio estremo occidentale dell'isola Trinacria, posso alfine descrivere le mie impressioni, per sconfortanti ed amare che siano. 

Non posso, infatti, esimermi dall'esprimere un giudizio severo e veritiero sulla bassezza morale e civica dei miei concittadini. Oh, fossi solamente rimasto come vox nella testa della mia diletta Giuliana! Invece, mi trovo costretto ad osservare la gran poca cura e il massimo disprezzo che gli abitanti della civitas splendidissima et ventosissima esprimono nella loro vita abituale, al punto che, per la barba di Minosse, non sarebbe del tutto sbagliato correggere Cicero e rinominarla come civitas decadentissima et ventosissima. Dov'è ora il tuo splendore? dov'è ora la tua gloria? dov'è adesso la tua nobiltà? 


Figli indegni di cotanta madre i miei concittadini hanno in disprezzo massimo tutto quel che è comune, o pubblico o ad uso di tutti. La res publica è res nullius, un qualcosa di nessuna proprietà, e, in quanto tale, utile per poter, a seconda del caso, venir danneggiato, distrutto, spostato oppure rivenduto per trarre profitto personale. Così, la città appare sporca, polverosa, caotica. Dai passaggi pedonali ostruiti da incuranti cocchieri alle uscite private bloccate da cocchi abbandonati davanti. Questo è costume comune, questa è praxis civica. Per tacere dei carri in sosta davanti ai vicoli e se fai loro notare il disagio arrecato insolenti ti rispondono "Ma dovevo andare dal pescivendolo, dove avrei dovuto fermarmi?". Arroganza, astio, insolenza, maleducazione, son certo che gli epiteti si sprecherebbero. Ma non è tutto. 

La civitas è dimorata da ogni sorta di abusivo, dai venditori di frutti di mare ad ogni crocicchio ai sorveglianti della sosta in ogni area di parcheggio libero. Incuranti del rispetto altrui, usano la cosa di tutti per trarre profitto personale, e ciò a danno di tutti gli altri. Ma essi sono gli stessi che sostano i loro cocchi in doppia ed anche tripla fila, fregandosene bellamente di tutti gli altri cocchieri loro malgrado costretti a zigzagare tra i carri in sosta, a sinistra, poi a destra, poi ancora a sinistra ... e taccio di quei cocchieri che sostano i loro cocchi come se fossero al timone di una barca, infilati in diagonale con la poppa a ridosso della carreggiata e con la prua ad invadere il transito dei pedoni. Ma nella mia civitas si pretende di andare ovunque a cavallo del proprio cocchio, che importano i pochi che transitano lungo le vie a piedi? "Peggio per loro!", è il commento più pulito ch'io sia in grado di riportare.


Come recita l'antico adagio, nella decadente città latita il controllo, così come mancano la protezione e la prevenzione, pubblici. I topi ballano impudenti e tracotanti. Il caos istituzionale ha il suo inevitabile correlato sociale al punto che il vizio diviene virtù. Pertanto, precedenze non rese, sorpassi azzardati, invasioni di corsie, zampognate acustiche a tutto spiano, è regola, norma, uso comune. E chi si attiene ligio al proprio dovere, è considerato fesso! Poi ci sono i centauri, i timonieri dei piccoli cocchi che pensano di avere regole di guida proprie al punto che zigzagano in mezzo a tutti gli altri cocchi per piazzarsi avanti a tutti in corrispondenza delle luci intermittenti rossa, arancione e verde ...

Ma spostiamo il nostro sguardo alle spiagge. Cose vediamo qui? Ovunque, sabbia coperta da escrementi umani, come altrimenti chiamare quel che i i miei concittadini lasciano bellamente in spiaggia? A perdita d'occhio, cicche di sigarette, resti d'imballaggio, stecche di ghiaccioli, cannucce in plastica, resti di cibo, avanzi che galleggiano nello stretto spazio tra il mare e la battigia ... e talvolta, quando alcune piccole imbarcazioni da diporto restano in rada, degli escrementi umani galleggiano lievi al dolce oscillare delle acque. E quando invece l'orizzonte è occupato da grandi bastimenti, l'acqua diventa stranamente saponosa ...

Potrei continuare, ma per il momento arresto qui la mia lingua antica. E non mancheranno ancora in futuro mie osservazioni sugli usi della qui presente decadente città.

Come sei caduta in basso, oh mia città!

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