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mercoledì 27 agosto 2014

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Recensione a Vincenzo Rosito, Michele Spanò, I soggetti e i poteri. Introduzione alla filosofia sociale contemporanea


Vincenzo Rosito e Michele Spanò scrivono a quattro mani il presente volume che possiede l'indubbio pregio di introdurre alla conoscenza della filosofia sociale contemporanea, oltre a fornire nel contempo un'utile definizione della materia, che soffre, praticamente da sempre, della sua natura atipica nel ventaglio, pur amplissimo, delle discipline filosofiche, stretta com'è tra antropologia, filosofia politica e filosofia pratica.

Il testo, corposo nel numero di pagine, e densissimo, da un punto di vista concettuale, dovendo gli autori condensare in poco spazio i nutriti nuclei concettuali presi in considerazione, consta di una introduzione e di cinque capitoli, ciascuno dei quali significativamente declinati al plurale ed indicanti specifici verbi della grammatica propria della (presente prospettiva prescelta di) filosofia sociale.

Prima, però, di esaminare i principali concetti dei filosofi sociali contemporanei, gli autori si premurano di fornire un inquadramento di massima della disciplina. Essa «indaga [...] i nessi sociali che precedono e consentono ogni messa in forma istituzionale» (p. 9), quei legami tra attori sociali i quali, per loro specifica natura, stanno sia prima sia durante ogni manifestazione istituzionale dei comportamenti sociali. In ogni caso, gli autori sostengono una prospettiva neutra della disciplina, concepita come mera diagnosi dei nessi sociali quali emergono spontaneamente, ed in nessun caso si prefiggono finalità normative o valutative della società umana. Al contrario, per essi la filosofia sociale «descrive tipi diversi di normatività» (p. 10), vale a dire procede alla «descrizione dei regimi di normatività che percorrono la società e che sono dunque la premessa [...] per poterla eventualmente criticare e trasformare» (p. 10). Detto altrimenti, la filosofia sociale non si presenta come una critica della società, come una prescrizione ideale di organizzazioni alternative della stessa, quanto piuttosto come discorso della società. Il teorico viene chiamato in causa per poter «dire» la società. I due termini plurali del titolo stesso esprimono proprio la prospettiva presente: un'analisi congiunta dei differenti poli della «dimensione associativa umana» (p. 11). La società, infatti, conseguentemente a questa concezione, «è il "luogo comune" di soggetti e poteri» (p. 11), quel «luogo in cui si situa la filosofia sociale» (p. 11) chiamata a compiere «un'indagine dinamica dei rapporti interni a soggetti e poteri [...] e del loro modo di comporsi» (p. 11), sia che si tratti di politica sia che si tratti di conflitto sia che si tratti di democrazia. Pertanto, essa viene compiutamente concepita, e perseguita, come «una forma di critica immanente al proprio tempo» (p. 13) poiché «descrive il rapporto tra i soggetti e i poteri in una data epoca» (p. 13) e «diagnostica le forme degli uni e degli altri» (pp. 13-14), riflette in maniera critica «sulla trasformabilità della condizione presente» (p. 14) e offre «gli strumenti per dare corso a questa trasformazione» (p. 14). I soggetti e i poteri, pertanto, non si danno come 'cose', ma sempre come 'discorsi'. Di conseguenza, allora, la filosofia sociale opera sul linguaggio, «sui suoi limiti e le sue potenzialità, sul suo carattere vincolante e su quello abilitante» (p. 14).

(continua)

Qui la recensione completa.

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